logo GamerClick.it

9.0/10
-

Strana bestia, "Monster". Se dovessi fare un paragone, lo avvicinerei al film "Seven" di David Fincher. Come nel lungometraggio del regista statunitense, l'ossatura del racconto è composta da un mistero, un puzzle, che risulta poi essere un pretesto per aprire riflessioni sulla vita e sulla morte, ma anche sul peccato e soprattutto sul peggiore dei crimini, l'assassinio. La ricerca del Dr. Tenma, come quella dei detective Mills e Somerset, è anche un viaggio all'interno dell'uomo, delle sue forze e delle sue debolezze e ci porta in (non)luoghi profondamente oscuri, illuminandoli però con la fiaccola della speranza e dell'amore.

Trama.
La sinossi dell'opera mi aveva lasciato un po' perplesso; la riflessione dietro alle premesse mi aveva convinto, ma mi chiedevo come l'autore potesse mantenere alto l'interesse per tutti i 74 episodi. Durante la visione mi sono dovuto ricredere, ogni singolo episodio mi ha tenuto incollato fino alla fine, per poi lasciarmi con il desiderio di vederne un'altro. Il ritmo delle scene è piuttosto dilatato, ma si può dire che gli eventi importanti si susseguono ad un ritmo serrato, soprattutto nella prima e nell'ultima parte della trama. Nella parte centrale e in alcuni segmenti, quando il districarsi del racconto non si concentra sugli sviluppi del caso o sull'indagine/ricerca, ci si sofferma su delle piccole storie, al cui interno si aprono riflessioni che toccano una vasta gamma di argomenti, quali la morte, l'amore, il sacrificio e la vendetta, ma anche molti altri. Una nota, più che altro personale, sulla trama e sullo svolgersi degli eventi, riguarda i toni scuri che caratterizzano questo anime. A volte mi capita di seguire serie che fanno della violenza, della crudeltà e delle bizzarrie assortite il loro unico focus, e mi danno la sensazione di non rispecchiare bene la realtà dei fatti, neanche ad un livello simbolico. Quando mi si propone l'umano come tavolozza di solo colore nero, insomma, mi viene naturale storcere il naso. In Monster questo non succede, gli umani che popolano la storia non sono né tutti "bianchi", né tutti "neri", sono più simili a puntini mobili su una scala di grigi, alla ricerca del proprio equilibrio, attraverso gli abissi e le vette che l'animo umano può raggiungere. Non ci vengono propinati facili moralismi e allo stesso tempo non veniamo investiti da ondate di (a mio avviso inutile) nichilismo.

Componente thriller.
Il mistero di Monster è come un cubo di Rubik con gli spigoli messi in disordine da qualche simpaticone. Lo si gira e lo si rigira tra le mani alla ricerca di una soluzione che non ci può essere, a meno che ovviamente non ci si renda conto che qualcuno ci ha imbrogliato. Questo meccanismo, pur non essendo originale, è funzionale allo svolgersi dell'indagine e coinvolge lo spettatore nel suo invito a risolvere un indovinello impossibile; la curiosità che l'intrigo riesce a suscitare fa continuare la visione anche (e soprattutto) quando si comincia a capire che c'è qualcosa che non va. Gli elementi che lentamente rimettono gli spigoli al loro posto vengono centellinati durante il percorso, dando continuamente nuove luci ed ombre all'intreccio. Le musiche e le scene, poi, lavorano in sinergia per portare allo spettatore un senso d'ansia e di insicurezza per la sorte dei personaggi, mentre le domande che vengono sollevate si risolvono con i giusti tempismi, accompagnando la storia in tutto lo svolgimento e mantenendo l'interesse alto fino al finale, momento in cui ci viene consegnato il pezzo del puzzle che ci permette di dare un senso all'insieme e di vedere finalmente le facce ordinate.

Personaggi.
Secondo me il vero punto di forza dell'opera; ci sono (letteralmente) centinaia di personaggi, e anche quelli con ruoli marginali godono di una caratterizzazione eccellente. Con alcuni di loro bastano una manciata di minuti per avere l'impressione di conoscerli da tempo, di sapere il loro passato e cosa li ha portati nella situazione in cui si trovano. Tutti i personaggi, per quanto positivi, hanno le loro debolezze e al pari anche le figure più negative hanno un lato umano, che a volte sarà per loro fonte di redenzione ma anche causa di nostalgia e di dolore. C'è chi dice che alcuni personaggi sono buttati lì e poi abbandonati ed in parte è vero, ma come dicevo, in quei brevi momenti trascorsi con loro si arriva a conoscerli e visualizzarli meglio di quanto capita a volte con innumerevoli puntate.

Disegni, animazioni e fondali.
I disegni sono ottimi e, per quello che ho potuto vedere, ricalcano fedelmente lo stile realistico di Urasawa. Le animazioni e i colori sono buoni e, come i disegni, cercano di imprimere più realismo possibile alle scene. Se siete amanti delle facce deformed, delle espressioni esagerate e dei tipici siparietti umoristici, rimarrete probabilmente delusi dallo stile adottato, che, tralasciando rarissimi (forse nulli) casi in cui le espressioni sono accentuate in tipico formato anime, tende a rappresentare le emozioni sui volti dei personaggi con proporzioni realistiche. Il character design è eccellente e l'aspetto dei personaggi aderisce alla personalità che l'autore gli ha dato in modo impeccabile, alcuni di loro sembrano vivere di vita propria, tanto bene che sono pensati per incarnare la loro caratterizzazione psicologica. I colori e i fondali, spesso grigi e di tinte spente, accompagnano bene le immagini e le sensazioni che le scene propongono. Sono rimasto particolarmente colpito dalla resa delle città in cui i personaggi si muovono e mi riferisco soprattutto alla splendida città di Praga, tratteggiata e colorata fedelmente alla controparte reale, quasi come se l'autore vi fosse stato veramente e la città l'avesse colpito a tal punto da restargli impressa in tutte le sue sfumature.

Musiche.
Le musiche, pur non proponendo eccessi o trovate particolarmente sperimentali (in una certa misura mi viene da dire per fortuna), fanno egregiamente il loro lavoro, accompagnando le scene molto bene e in alcuni casi aggiungendo qualcosa alla resa. Tante musiche folk con strumenti tradizionali e rumori ansiogeni per le scene più thriller, che funzionano a dovere. L'opening resta la stessa per tutta la durata dell'anime ed è un pezzo di un gruppo folk cileno, più che altro strumentale, che rende bene l'idea e le atmosfere dell'anime. Le due ending che accompagnano la favola del mostro sono ben riuscite e ben si sposano con le illustrazioni della favola nera che impareremo a conoscere molto bene durante gli episodi. La prima è addirittura stata composta ed interpretata da David Sylvian, storico leader del gruppo synth-pop dei Japan. La sua voce mi ricorda molto quella di Stephin Merritt, uno dei miei cantanti preferiti, e già questo è bastato ad imprimerla nei miei ricordi. La seconda ending viene affidata ad un gruppo giapponese che non conosco e mantiene un atmosfera simile alla prima, accompagnata dalla voce profonda e malinconica della cantante.

Finale.
Il finale conclude le vicende in maniera soddisfacente, pur restando leggermente aperto. Risponde alla giusta quantità di domande e lascia la giusta quantità di riflessioni all'immaginazione dello spettatore. Appena concluso, mi sono ritrovato a vagare per i forum, confrontando la mia opinione sui fatti avvenuti con quella degli altri, notando come siano plausibili molte interpretazioni. Quindi, se partecipare attivamente alla conclusione della storia non vi aggrada o addirittura vi infastidisce, potreste rimanere delusi dalla conclusione riservata al racconto.

Voto:9
Posso dire che questa serie mi ha letteralmente entusiasmato e ha tenuto alto l'interesse dall'inizio alla fine, oltre a farmi scoprire un grande autore quale Naoki Urasawa. Come se non bastasse é inoltre riuscita a commuovermi e a colpire basso in diverse occasioni, regalandomi alcuni fra i più profondi brividi delle mie visioni di anime. Il voto è 9, perché riconosco che il ritmo dilatato e le divagazioni della parte centrale potrebbero far storcere il naso a molti, ma sicuramente non è il mio caso. Per me un 10 mancato, e di poco.