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Il binomio Sunrise (tra i più famosi studi d'animazione nipponici) e mecha è da più di un quarto di secolo sinonimo di storie epiche e avventura. Dal leggendario "Mobile Suit Gundam" all'indimenticabile "Daitarn 3", arrivando ai recenti successi come le due serie di "Code Geass". Dopo le ennesime riproposizione gundamiche degli ultimi anni (ultima in ordine cronologico gli OAV di "Unicorn" nel 2012), nella primavera del 2012 Sunrise sembra voltare pagina e presentare finalmente un titolo mecha completamente nuovo: "Valvrave the Liberator".
L'intento è da subito chiaro e attuato in puro stile Sunrise, e cioè quello di riadattare per l'ennesima volta il genere che ha fatto la storia di questo studio e rapportarlo al nuovo decennio, in modo da essere apprezzato anche dalla generazione che sta crescendo con smartphone e tablet, e non solo dai nostalgici anni '70/'80/'90. Un'operazione di svecchiamento giudicata evidentemente necessaria, tanto da giustificare l'impiego di uno staff che esprima buona parte del meglio che può offrire oggi questo studio, lasciando mano libera a quell'Ichiro Okouchi, già dietro titoli come "Code Geass" e "Planetes".

Queste le premesse per spiegare come si è arrivati a questo titolo, ma quello che davvero interessa se state leggendo questa recensione è se valga la pena visionare questo mecha del nuovo decennio. Il mio personalissimo parere, da appassionato "vintage" cresciuto a pane e robottoni quando era piccolo e che non disdegna ritornare ai vecchi amori a patto che ne valga la pena, è quello di valutare cosa effettivamente si cerchi in "Valvrave the Liberator"; se siete infatti degli appassionati del genere, se avete visto tutte le infinite serie dei vari universi gundamici e siete alla ricerca di un titolo mecha "adulto" degno del meglio dei titoli Sunrise del passato, allora smettete di leggere qui e subito. Questo titolo non fa per voi!
Se invece siete in cerca di un prodotto per puro intrattenimento, magari uno "scolastico" condito con altra salsa, allora date pure una chance a questa serie. "Ma non era un mecha?", direte voi. In realtà, come ormai è consuetudine di queste ultime annate, "Valvrave the Liberator" non è altro che un commistione di generi diversi, cosa che in alcuni casi (vedi "Madoka Magica") genera qualcosa di interessante, ma in questo risulta piuttosto forzoso e mal gestito. La trama parte su un impianto narrativo collaudato, e ovviamente è quello di stampo gundamico.

Nel futuro l'umanità vive in colonie spaziali, dentro enormi biosfere orbitanti intorno al Sole. Tra due grandi potenze in lotta per la supremazia totale c'è anche il piccolo stato neutrale di Jior, che riesce a vivere prospero e pacifico fino a un'inevitabile aggressione da parte di Dorsia, un impero antidemocratico basato sulla forza militare. Gli unici a contrastare l'invasione sono gli studenti della scuola superiore Sakimori High School, facenti parte della biosfera orbitante "Module 77". Il giovane Haruto, infatti, riesce a impadronirsi di un robot antropomorfo venuto alla luce durante i bombardamenti, il Valvrave, e come nei buoni vecchi robotici (vedi appunto "Gundam" o "Mazinga") riesce subito a comprenderne il funzionamento e a sconfiggere i nemici, anche se, senza fare spoiler, in questo caso ci sono delle ragioni per questo. Ne segue un susseguirsi caotico di azioni e avvenimenti che, tra alti e bassi, rasenta a volte il paradossale, se non il trash, per ritornare poi (anche se per poco) nell'alveo di una trama mecha standard fatta di roboanti battaglie spaziali. Di solito, se la trama non brilla, a tirar su una serie del genere è un protagonista ricco di carisma, ma non è proprio questo il caso, dato che il povero Haruto pare essere succube di sé stesso, della situazione e dell'immancabile triangolo amoroso che viene a crearsi. Qualcosa di interessante sembra offrirla l'altra importante figura maschile, il dorsiano L-elf, ma poi finisce per perdersi nello stereotipo cucitogli addosso. Le figure femminili invece sono praticamente non pervenute, dalla intraprendente Shoko, che attraverso proposte sempre più strampalate riesce a farsi seguire da tutti, alla idol Saki Rukino, che non è neanche lontanamente l'ombra delle eroine "cantanti" della saga "Macross", a cui sicuramente è ispirata. Per quanto riguarda le figure di contorno, come spesso accade in questi casi, si è voluto eccedere, presentando un numero eccessivo di personaggi addensandoli in sole dodici puntate, con il risultato che praticamente tutti vengono dimenticati abbastanza velocemente senza grande rammarico.

Dal punto di vista estetico si rimane nella media di oggi, chara ordinario e animazioni standard, ma più che sufficienti nelle scene di battaglia. Il design del Valvrave, invece, mi è piaciuto molto, è stato addirittura uno dei motivi che mi ha spinto a visionare questo titolo, e anche le canzoni originali mi hanno colpito positivamente, in particolar modo la opening "Preserved Roses", davvero di impatto. Il mio voto finale però, nonostante una trama altalenante e dei personaggi inconsistenti, non è al di sotto della sufficienza e questo perché, dopo un disorientamento iniziale, ho ricalibrato le mie aspettative al puro intrattenimento che in fin dei conti questo titolo offre. Mentre viene annunciata una ovvia seconda stagione, dato il finale aperto e le poche spiegazioni di questa, che si spera alzi il livello generale dell'opera, al momento, a essere positivi, questo "Valvrave the Liberator" può essere considerato un "entry level" al genere robotico per le nuove generazioni, nella speranza che da questo poi possano passare a titoli di altro spessore e caratura.