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«Quaranta grammi di cartelli a velocità ultra rapida, venticinque di paranormale, quindici di fanservice, cinque di trama e 97 kg di discorsi senza senso»
Apro con questa semplice citazione presa in prestito -e ovviamente modificata un po' nel contenuto- da uno dei personaggi della serie, Senjougahara Hitagi, poiché trovo sia adatta ad aprire una recensione riguardante Bakemonogatari, un titolo complicato da descrivere: esso infatti porta una alta dose di sperimentazione e discorsi intricati, spesso ritenuti senza senso. Sarà che prima ancora che essere animato, questo titolo è stato scritto su carta, dove i discorsi e le tante parole colpiscono di più di un video accompagnato da immagini, nelle quali non hai tempo di fermarti a riflettere su un monologo appena ascoltato.

Ma passiamo alla trama che è... solo un contorno in un piatto elaboratissimo: uno studente liceale sulla soglia dei diciotto anni ed ex vampiro sembra attrarre a sé fenomeni paranormali. La cosa fa un po' sorridere dato che egli stesso è poco umano, ma su questo girano i quindici episodi, i quali sono divisibili in miniserie auto conclusive dai due ai cinque episodi a turno, ognuno dei quali punta sui problemi di un personaggio differente, rigorosamente di sesso femminile.
Inutile star lì a fermarsi sugli avvenimenti, questo anime mostra poca azione e tante "pippe mentali". Tu sai sin dall'inizio che la ragazza che ti viene presentata ha un problema, ma ad arrivare al concreto ci passano chilometri di discorsi e cartelli, delle volte sensati, altre meno. Molti di questi ritengo siano difficilmente comprensibili per un non giapponese dato che ruotano su giochi di parole nella lingua madre o personaggi e programmi a noi sconosciuti, così come abitudini della loro vita quotidiana. Presenti sono anche citazioni ad altre numerose opere di animazione, in fondo possiamo davvero affermare che sviscerando le parole di Araragi e compagne, si trovi poco di utile ai fini della storia. Questa è una lama a doppio taglio: raggiunge e coinvolge il pubblico con una maggiore conoscenza in anime e manga, soprattutto se strizza l'occhiolino a serie gradite, mentre allontana il neo appassionato che dall'introduzione fitta di cartelli che si susseguono già si sente un po' disorientato. Spesso gli autori decidono di tirare troppo la corda "acchiappa otaku" spezzandola, lasciando allo spettatore convinzione che stia sentendo solo discorsi privi di senso e derubati di inventiva e propositi chiari sul proseguimento. C'è chi adora questo stile, chi lo detesta... io ritengo che delle volte sia gradevole ed altre no, sfortunatamente si tende ad inserirlo addirittura quando si gradirebbe più serietà, rovinando quel poco spessore che troviamo nei finali, quando si contrastano i problemi di origine paranormale. Ecco la vera pecca, a mio avviso. Beffare una vicenda seria. Miscelare due sentimenti contrastanti non è male, ma quando per ironizzare si utilizza la perversione sessuale, tutto crolla. La cosa peggiore è che il maniacale viene utilizzato spesso su bambine o appena adolescenti, rendendo vita dura anche ad uno spettatore molto tollerante ma non lolicon. Perché da come vengono poste, non fanno per nulla sorridere.

I personaggi, sono proprio loro che spesso danno un colpo negativo alla serie. Il protagonista -unico maschio, a parte uno che appare per pochi minuti e non ha interazioni con altri-, è il classico otaku fissato, un po' sfigatello ed arrapato da far schifo. Non ha talenti particolari, non va bene né male a scuola. Non ha particolari amicizie. Faccia anonima, con una strana perversione per le lolita e dal passato inesistente, dato che non si sa nulla di lui nell'arco della storia, mai viene veramente approfondito. Lui non sembra possedere un carattere. E' buono ed aiuta tutti perché... non può vederli così, non è giusto. Ma troviamo realmente questi motivi soddisfacenti? Io ritengo proprio di no, dato che di personaggi come lui ne hanno creato con lo stampino. Comprendo che in un cast quasi tutto al femminile, l'uomo debba adattarsi ad ogni ambiente, ma una spiegazione a questo essere martire avrebbe giovato alla credibilità. Perché si tende ad odiarlo, ancor peggio quando non ami la sua mania per il sesso opposto -di qualsiasi età-. A riequilibrare la situazione vi è quella che possiamo definire la più "centrale" tra le donne: Hitagi Senjougahara. Scherzosamente chiamata Tsundere da tutti, anche perché lo è, questo sicuramente è stereotipato quanto la sua controparte maschile, ma spesso regge i discorsi più brillanti, chiari e divertenti. Per la prima parte della serie è adatta a tenere il ritmo frenetico ed a sbalzi tra serietà e simpatia, ma poi inizia a calare anche lei sui momenti perversi, nonostante il suo passato svelato negli episodi ad ella dedicati, contrasta questo suo fare molto "spinto". Ti chiedi se ha sbattuto la testa forte per comportarsi in maniera così tranquilla e capace di non crollare dinnanzi a nulla. Le altre donne probabilmente meriterebbero più attenzione, a parte le due loli che sono apparse solo per perversione -a mio parere-, Hanekawa e Sugura si dimostreranno dei caratteri meno stereotipati e piacevoli nelle loro avventure.

Graficamente ci troviamo di fronte ad un prodotto dal budget limitatissimo e non posso di certo dire che è realizzato magnificamente. La grafica computerizzata regna nei paesaggi e sfondi, regalandoti un pezzo di Giappone irrealistico ma nemmeno brutto, infondo è un opera di fantasia. Nuoce però l'assenza di comparse, passanti... qualche forma di vita che non siano animali o i personaggi che hanno ruolo nella storia. I primi piani sono eccellenti, quei pochi scontri hanno buoni effetti, ma se l'obbiettivo non li prende più in pieno volto ma si sposta più lontano, ritroveremo sempre omini abbozzati, senza volto. Come tutti hanno detto, spesso questo calo viene coperto dall'espediente dei cartelli o della resa "sperimentale" fatta di immagini reali modificate spesso molto macabre. Delle volte riesce nel suo intendo, in altre no. Quando lo si usa per descrivere un dramma passato, perde quell'impatto che ti regala l'immagine nuda e cruda di ciò che accade, puoi solo immaginare ma ti sembra che qualcosa sia perso ed irrecuperabile.
Le musiche sono alquanto ripetitive, ma una nota di merito va alle opening diverse per ogni arco: ogni protagonista ne ha una tutta sua, che la caratterizza. E' stata una sorpresa gradita così come la ending stupenda, che riesce persino ad un certo punto della serie, ad allacciarsi inaspettatamente ad un frammento di episodio.

Considerazione finale: intrattiene se lo capisci o se ti piacciono le cose sopra citate, ma se non tolleri nemmeno un po' fanservice e lolita palpeggiate... non scaricarlo. Se, quando finisci il primo arco non c'è una virgola che tu abbia decifrato, probabilmente non è il titolo fatto per te, a meno che non ti accontenti del numeroso fanservice e l'aria harem. Non riesco a dire che sia brutto o bello, spesso ho aprezzato i discorsi riflessivi sulla vena psicologica, battute brillanti e storie tutto sommato non sempre troppo banali. E' stato un buon passatempo malgrado trovo sprecato il genere ecchi-harem per chi riuscirebbe a metter su una storia senza questo tipo di espedienti. Un occasione persa per fare qualcosa che piaccia a tutti, una vinta per attirare otaku come api al miele. Ognuno ne tragga l'interpretazione che trova più adatta, io lo posiziono nel limbo di un "nì". Nè sì, né no.