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Le mani si sono attorcigliate febbrilmente ai capelli alla vista del promo di "Kamigami no Asobi", mentre dalle labbra uscivano epiteti poco carini, seguiti dalla fatale imprecazione: "Perché? Un altro reverse-harem, perché?".
Quesito plausibile, visto l'elevato rischio di un genere simile a una roulette russa, dai precedenti per nulla allettanti (basta ricordare, e subito dopo dimenticare, "Amnesia", "Brother Conflict", le ventimila edizioni di "Angelique", "Diabolik Lovers", oltre al recente "Corda d'Oro - Blue Sky"). Quindi, mossa da una giustificata rassegnazione nell'assistere per l'ennesima volta al festival dell'ovvietà, ho premuto con timore play e, sorpresa delle sorprese, mi sono piacevolmente ricreduta.

Yui, la protagonista femminile, non si fa mettere i piedi in testa da nessuno, portando avanti con coraggio le proprie convinzioni, al contrario delle sue colleghe capaci soltanto di riempire le scene con borbottii fastidiosi.
Persino le divinità 'figaccione' riscuotono simpatia, prestandosi a un fanservice studiato per divertire lo spettatore, con tanto di trasformazioni in stile Sailor Moon (o, nel caso di Dioniso, Sailor Wine). Inoltre, i ragazzuoli ragionano autonomamente con il cervello (distanti dallo stato vegetativo in funzione della bella di turno), permettendo così di sviluppare il tema dell'amicizia tra uomo e donna.

Altro aspetto positivo riguarda la grafica ricca di dettagli, in modo particolare i superbi paesaggi del mondo fluttuante creato dal padre degli dei, rovinato, a mio avviso, dalle facce prive di occhi degli studenti, bruttissime da vedere. Una scelta stilistica incomprensibile, considerato che il gruppo principale, su cui verte la narrazione, spicca a prescindere dai tratti somatici della massa.

Comunque, le pecche non sono finite.
Sarò schizzinosa, ma vedere la mitologica greca trattata da schifo arreca qualche fastidio, soprattutto la storiella della perdita dell'umanità da parte degli esseri divini. Pandora, creata dalle mani di Efesto, fu la prima tra le donne mortali, la prima tra i componenti di una società civilizzata, in quanto provvista di voce (phoné), dono offerto da Ermes, su indicazione di Zeus. Essa rappresenta il desiderio sovrumano di sfiorare la natura terrena, macchiata dalla vecchiaia, dalla gelosia, dalla pazzia e dal vizio, per aspirare poi alla speranza, rimasta sul fondo del vaso.

Infine, l'ultima lacuna concerne il finale tirato e limitato, rispetto a un racconto che aveva esaminato fino in fondo le peculiarità di ogni personaggio. Due o tre puntate in più potevano elevare maggiormente il livello di una vicenda già di per se meritevole.