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Quando nasci per essere destinato a un videogiocatore, non è detto che la conversione in anime possa avere successo. Il requisito fondamentale per riuscirci è il coraggio di discostarsi dallo schema da JRPG, per approcciarsi a quello narrativo, per uno spettatore che vive e subisce la trama, e perciò non la crea egli stesso, giocandola. "Persona 3 Spring of Birth" per ora c'è riuscita? Più o meno.

Makoto Yuuki è il perno della vicenda; nel gioco non ha un carattere suo, è chi gioca che decide cosa fargli dire; qua, per ovvie ragioni, lo staff ha scelto una via, optando per quella meno amichevole e più spocchiosa. Lui arriverà in una nuova scuola, senza ambizioni particolari. Non ha genitori, è sempre fuori dal mondo, con le cuffie a coprirgli le orecchie, e ci può stare che non ispiri simpatia; quando però si troverà di mezzo agli eventi che lo renderanno partecipe di numerosi scontri, sarà fin troppo impassibile e supereroe. Infatti, la scuola in cui si è trasferito, alla mezzanotte, si trasforma in uno strano labirinto chiamato Tartarus, il quale è così alto da superare i duecento piani (nel videogioco). Per un'ora, ogni essere umano normale viene trasformato in una sorta di bara, la luna assume un colorito quasi verdognolo e tutto si ferma, tranne chi è in grado di evocare il proprio potere, un'entità a metà tra il fisico e lo spirituale, date le fattezze più o meno umane e il fatto che venga creata dalla psiche di coloro che la evocano, richiamati grazie a un'arma dalle fattezze identiche a una pistola. Perché vengono richiamati? Perché il posto si riempe di shadow, strani esseri grotteschi e spesso anche trash, che si nutrono delle anime degli umani impossibilitati a difendersi, creando una vera e propria malattia allo scadere dell'ora oscura. Infatti, chiunque venga a contatto con questi esseri, viene poi considerato vittima della "sindrome apatica", che rende le persone dei gusci vuoti, incapaci di esprimersi in qualsiasi modo. Nessuno sembra saperne nulla, a parte le persone che risiedono nel dormitorio in cui andrà a vivere Makoto, il quale appunto reagisce ad ogni avvenimento con troppa calma, imparando tutto subito. Ripetendo che questo è un film, la cosa non è proprio il massimo, e si poteva gestir meglio. Questo film, comunque, è un susseguirsi di scontri e poche scoperte, un esordio senza infamia né lode, ma che ha trovato un buon punto su cui focalizzarsi e finire il primo capitolo della trilogia, facendo capire che il materiale c'è, e pure in abbondanza.

Come già affermato, ci troviamo davanti alla trasposizione di un celebre prodotto della Atlus, nel quale troviamo una cospicua mole di trama fissa e opzionale: gli eventi importanti li vivi per forza, e vengono influenzati dalla scelta che fa il protagonista, mentre ve ne sono di opzionali, legati ai personaggi che stanno intorno alle vicende; in poche parole, approfondire un rapporto o no è scelta del giocatore, e porta vantaggi solo al piano della forza-gioco, perciò ritengo che dare poco spazio ad alcuni di essi sia una scelta comprensibile. A chi interesserebbe sapere della vita di un ragazzo che sta al parco ogni domenica mattina, quando in mezzo ci sono strani fenomeni paranormali e una trama ricca di misteri? Cosa cambia mettere le frequentazioni di club, quando queste non danno grossi sviluppi in una trama? Per chi ha giocato è triste doverlo ammettere, ma, se si vuole vedere un gioco che si sviluppa in moltissime ore diventare una trilogia di film, qualcosa va soppresso. Il problema è che anche i personaggi che devono apparire per forza vengono sacrificati. I compagni del protagonista, Yukari, Jumpei, Akihiko, Fuuka e Mitsuru sono trattati con superficialità, come se la regia volesse portarci a percorrere la storia con il presupposto che noi sappiamo già tutto; il fatto che sia un prodotto destinato in maggior numero ai fan, non giustifica tale decisione. Questi - e altri in seguito - sono il vero perno che ruota intorno a tutti i misteri delle shadow e della dark hour, e lo spettatore deve poterli amare o odiare, ma comunque provare un qualsiasi sentimento verso di loro che vada oltre a catalogarli con un aggettivo superficiale. Fuuka è stata fin troppo presa in considerazione, a discapito di tutti gli altri. Così come si poteva gestire qualche minuto da prelevare agli scontri e aggiungere ai dialoghi tra di loro, così che i loro sentimenti venissero a galla maggiormente. Questa è una storia che va avanti grazie a loro, e spero che con i due successivi film si metta una pezza a questo difetto, che rende la trama parecchio frettolosa e trattata con superficialità.

Il comparto tecnico è ben rappresentato da delle OST, presenti anche nel gioco, che sanno soprattutto gasare durante le lotte e i momenti critici. I personaggi sono ben realizzati, il doppiaggio, lo stesso del gioco, è anch'esso ben pensato. I loro poteri, ovvero "Persona", vengono evocati con una buona grafica ed effetti speciali per le mosse magiche, così come vengono ben particolareggiati il labirinto e i loro avversari, che per ora sono il minimo della difficoltà, anche nella grafica.

Questo primo lavoro sfiora la sufficienza, ma non di più. Ci sono presupposti che fanno pensare a un film per tutti, altri che lo rendono più mirato ai fan. Non si è ancora avuto il coraggio di prendere la decisione finale, ma la trama promette bene, e si spera non venga tagliato nessun momento importante, perché quelli devono ancora venire. Un buon debutto, senza infamia né lode.