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Talvolta, e pure con una certa frequenza, mi capita di concedere una seconda possibilità a un film/serie che alla prima visione mi ha lasciato interdetto o perplesso: mi dico che magari mi è sfuggito qualcosa o che forse la prima volta non ero dell'umore giusto, e a quel punto procedo con l'eventuale rivalutazione dell'opera di turno. Con la seconda visione di Le ali di Honneamise, lungo filmone di due ore datato 1987, nonché primo lungometraggio animato dello Studio GAINAX, purtroppo si è verificata una svalutazione definitiva. Se già la prima volta ero rimasto pressoché indifferente, con la nuova visione ho provato in aggiunta noia e frustrazione. Perché un film così ben fatto e con un climax finale comunque d'effetto è a malapena sufficiente per i miei gusti? Prima di dare una risposta a tale quesito, fornirò una breve sintesi della trama.

Il contesto sul quale si basa l'ambientazione del film ricorda da vicino la corsa alla "conquista" dello spazio che ha caratterizzato parte del periodo storico della cosiddetta Guerra Fredda tra Stati Uniti e Unione Sovietica: in Honneamise, infatti, due nazioni in opposizione tra loro si adoperano per concorrere l'una contro l'altra al fine di conquistare la volta celeste e assicurarsi così la supremazia sul cosmo e sul pianeta. Il protagonista della vicenda, tale Shiro Lhadatt, fa parte di uno dei due schieramenti: in breve, è un individuo scialbissimo e quasi senza carattere che aspira alla carriera di astronauta. Tuttavia, la sua vita è destinata a cambiare grazie a un progetto per una nave spaziale, del cui pilotaggio sarà incaricato lui stesso, e per via dell'incontro con Riquinni, una ragazza particolarmente religiosa mossa da una fede incrollabile in un essere superiore e in un domani migliore. Tra un ostacolo e l'altro, anche per quanto riguarda la sua singolare relazione con Riquinni, alla fine Shiro raggiungerà il suo sogno, ma ciò che resta allo spettatore è solo amarezza: l'ambizione del protagonista trova soddisfazione e non si prova nulla, né gioia né commozione, nulla. Qual è il problema, dunque?

Certo il messaggio pacifista regalatoci dal finale è encomiabile, ma in sostanza resta soffocato da una sceneggiatura zoppicante (come dimostrano intere sequenze sulle quali aleggia un senso di noia assoluta) e strutturata male (i primi novanta minuti circa sono caratterizzati da una lentezza asfissiante, mentre nella mezz'ora conclusiva finalmente succede qualcosa) che non riesce, insieme alla regia inesperta di Yamaga, a tenere costantemente vivo l'interesse dello spettatore. Ed è un vero peccato se consideriamo che il film sfoggi un comparto audiovisivo davvero di grande qualità, spaziando dall'estrema cura nei dettagli di abiti e strumentazioni scientifiche a un'animazione strabiliante (uno dei direttori dell'animazione era nientemeno che Hideaki Anno, il quale avrebbe cominciato a dare il meglio di sé proprio l'anno seguente con gli OAV di Punta al Top! GunBuster); dal gradevole design dei personaggi di Yoshiyuki Sadamoto (all'epoca agli inizi della sua fulgida carriera e, probabilmente, ancora influenzato dal character design macrossiano di Haruhiko Mikimoto) fino all'orecchiabile colonna sonora del grande Ryūichi Sakamoto (che in questa occasione è quasi sprecato, in realtà). Sfortunatamente, tutto ciò non basta a far sì che una pellicola si regga sulle proprie gambe, inducendomi quindi a dare un voto non superiore alla sufficienza. Dal canto suo, l'edizione italiana a cura della Polygram Video, che distribuì il film in VHS a metà degli anni Novanta per poi non ripubblicarlo più neanche in DVD, è nel complesso buona e i doppiatori milanesi, tra i quali spicca il mitico Ivo De Palma, fanno del loro meglio per dar voce ai personaggi nella nostra lingua. Dopotutto, Le ali di Honneamise non è il peggior film mai prodotto in Giappone, ma lo consiglio soltanto a chi vuole approfondire la propria conoscenza della storia dell'animazione nipponica in sé (quindi solo se si è mossi da una curiosità di tipo "accademico", se mi è concesso l'uso del termine in senso lato) e certamente non a chi vuole invece godersi un bel film e basta. Un vero peccato.