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5.0/10
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Il romanzo di fine Ottocento intitolato "Kaitei Gunkan", frutto della fantasia di uno Shunrō Oshikawa chiaramente influenzato dalla letteratura fantascientifica di Jules Verne, ha ispirato nel 1963 un film in live action diretto dal maestro del tokusatsu Ishirō Honda e, poco più di trent'anni dopo, due OAV animati rilasciati per il mercato dell'home-video sotto il titolo di Super Atragon.

La premessa alla storia è il ritrovamento, agli inizi del Novecento, di un misterioso oggetto precipitato sulla superficie terrestre: sebbene la sua tecnologia fosse incomprensibile per quell'epoca, un gruppo di scienziati e ingegneri cerca comunque di carpirne i segreti e, col tempo, lo trasforma nella Atragon del titolo, una micidiale corazzata armata di una trivella posta sulla prua e, all'occorrenza, in grado persino di librarsi in volo e immergersi sott'acqua. Il chiaro intento di quest'opera è dunque, fin da subito, quello di riproporre il classico tema dell'imbattibile corazzata astro-navale approntata per salvare l'umanità dalla catastrofe certa. In questo caso, a minacciare la razza umana sono i cosiddetti "Interranei", esseri del tutto identici agli umani dai quali si differenziano per due soli motivi: da un lato, essi popolano il centro cavo della Terra e, dall'altro, hanno a disposizione una tecnologia ben più avanzata rispetto agli avversari di superficie. All'epoca della Seconda Guerra Mondiale, gli Interranei inviano due donne affascinanti, una presso i Giapponesi e l'altra presso gli Americani, al fine di comprendere se gli umani meritino oppure no la completa estinzione (un canovaccio, questo, che per certi versi mi ricorda la Corazzata Yamato di Leiji Matsumoto). Dopo cinquant'anni di silenzio dall'ultima apparizione, gli Interranei fanno nuovamente la loro comparsa e proprio in quel momento, tenuta in segreto per tutto quel tempo, riemerge la Atragon, pronta a salvare il genere umano dall'estinzione di massa.

I pochi personaggi coinvolti in tali vicende appaiono piuttosto piatti e stereotipati: abbiamo il giovane marinaio che non sa che fine abbia fatto il padre, la ragazza del popolo degli Interranei che agisce in incognito e la sua "gemella" cattiva che si oppone agli esseri umani e, infine, l'integerrimo capitano della Atragon (che sembra però una copia malriuscita dei comandanti più iconici della storia dell'animazione giapponese, ossia Okita dalla Corazzata Yamato, Nemo da Nadia - Il mistero della pietra azzurra e Gloval dalla Fortezza superdimensionale Macross). Nel complesso si prova una sensazione diffusa di déjà vu, oltre che di tedio infinito. Gli spunti interessanti non mancano, certo, ma sa tutto di trito e ritrito. Poiché non conosco il romanzo originale, non posso dire con certezza se sia Super Atragon ad aver scopiazzato il "genere" reso famoso dalla Corazzata Yamato o viceversa, però sta di fatto che i due OAV in questione mi hanno parecchio deluso. Dal punto di vista di grafica e animazioni, per il character design è stato addirittura scomodato Yoshikazu Yasuhiro, che già in quel periodo, il biennio 1995-1996, si era da tempo votato esclusivamente al mondo dei manga; le ottime musiche eseguite dall'orchestra sinfonica di Varsavia sembrano quasi sprecate nella generale mediocrità di questo prodotto. Le animazioni sono accettabili e i disegni gradevoli, ma comunque inferiori se paragonate a quelle di altri prodotti coevi. Insomma, neanche in questo campo c'è qualcosa che sia realmente degno di nota. L'edizione italiana, a cura della Yamato Video, risale al 2005 e in termini di adattamento e doppiaggio si attesta su livelli standard che non emozionano né coinvolgono più di tanto. Ad ogni modo, l'intenzione positiva e il comparto tecnico piuttosto accettabile non bastano a salvare un'opera priva di un reale interesse per qualunque spettatore, sia quello più navigato sia il neofita. Se cercate una storia con gli stilemi sopraccitati, allora rivolgete la vostra attenzione all'originale La Corazzata Yamato o al suo remake Uchū Senkan Yamato 2199. Pertanto, sconsiglio la visione di Super Atragon su tutta la linea.