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7.0/10
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Tra gli anni Ottanta e Novanta, l'animazione giapponese ha esplorato nuovi orizzonti narrativi racchiudendo storie non necessariamente legate tra loro nei cosiddetti "film omnibus". Dopo il primo esempio meno riuscito di Manie-Manie - I racconti del labirinto nel 1983, il suddetto formato raggiunge la sua massima espressione con il lungometraggio in tre parti intitolato Memories, distribuito nel 1995 e frutto del lavoro congiunto di alcuni dei più grandi e promettenti autori di quel periodo: prendendo come spunto di partenza l'omonimo manga di Katsuhiro Ōtomo, alla regia e alla sceneggiatura degli episodi si alternano Satoshi Kon, Tensai Okamura, Kōji Morimoto e Ōtomo stesso, regalandoci tre perle diversissime tra loro, ma tutte ancorate in un certo senso al fantastico e al fantascientifico. Parliamone nelle loro linee essenziali.

Magnetic Rose
In mezzo a un mucchio di rifiuti spaziali, un gruppo di astronauti si imbatte in una singolare struttura a forma di rosa: incuriositi e attratti da essa come se fosse una calamita (da cui il titolo "rosa magnetica"), i tre decidono di indagare sul misterioso oggetto, ma loro malgrado entreranno in un mondo onirico affascinante e terribile insieme... Il primo episodio è l'unico che prende a piene mani ispirazione da uno dei racconti di Ōtomo. E non si limita ad ampliare qua e là sequenze e dialoghi, ma migliora di gran lunga quanto letto nella controparte cartacea, complici l'ottima sceneggiatura di Kon, che di lì a poco si sarebbe fatto un nome come regista di Perfect Blue, e le musiche straordinariamente evocative e memorabili di Yoko Kanno. Da sottolineare la presenza di uno splendido estratto dalla Madama Butterfly di Giacomo Puccini, in particolare la famosa aria "Un bel dì vedremo". Voto finale: otto.

Stink Bomb
Il secondo episodio vede alla regia Tensai Okamura (principalmente noto come animatore e, in tempi più recenti, anche come regista di Wolf's Rain e Darker Than Black), mentre il soggetto è del maestro Ōtomo. Un impiegato di un'azienda farmaceutica assume per errore un potente esperimento chimico, restandone però miracolosamente immune. Il problema è che tutti quelli che gli stanno vicino nell'arco di pochi metri muoiono asfissiati. Così, per questa "arma biologica umana" ambulante, ha inizio una fuga per la sopravvivenza in direzione di Tokyo, giacché il governo e l'esercito giapponesi gli sganciano contro ogni tipo di arma possibile. La storia di per sé è originale e gradevole, ma è un po' snervante e frustrante assistere a un povero idiota che uccide senza volerlo centinaia di persone. Simpatico ma prevedibile il colpo di scena finale. Verdetto: sette.

Cannon Fodder
L'ultimo episodio è anche il più singolare dei tre: Ōtomo dirige e scrive una sorta di storia "non-storia" in cui siamo spettatori, in presa diretta per mezzo di un lungo piano sequenza di hitchcockiana memoria, della giornata-tipo di una famigliola di operai in un modo distopico dominato da un'interminabile guerra senza nome. I personaggi, disegnati con uno stile sporco che mi ricorda quello di alcuni fumetti occidentali degli ultimi anni (le opere di Gipi, in particolare), si muovono in una città fortezza dalla quale non svettano palazzi e chiese, bensì ogni genere immaginabile di cannone. Non a caso, infatti, il fulcro del corto è, costituito dal dettagliato caricamento di un proiettile nel cannone più grande della città e dal conseguente sparo colossale. I volti dei lavoratori, maschere di rassegnazione, e il loro inesorabile avanzamento in un lavoro estraniante, in un mondo che per noi è già di per sé scioccante nella sua strana "normalità", sono filtrati dalla prospettiva del bambino protagonista, il quale, d'altro canto, a scuola impara matematica e ingegneria: un giorno anche lui è destinato a entrare nella macchina incessante della guerra. In definitiva, i ventidue minuti di Cannon Fodder restano impressi per il fascino che trasmettono con l'ausilio di espedienti visivi e narrativi davvero atipici, ma proprio per questo potrebbero fare storcere il naso allo spettatore più occasionale. Voto finale: sette e mezzo abbondante.

In conclusione, grazie a storie variegate e a un comparto tecnico eccezionale, Memories spicca su altri prodotti dello stesso periodo in termini di grafica, animazioni e musiche, e riesce egregiamente a intrattenere lo spettatore con la giusta dose di sviluppi narrativi seri da una parte e più leggeri dall'altra (questi ultimi soprattutto in Stink Bomb). Sebbene non sia una pietra miliare della storia del cinema, Memories resta comunque uno dei rappresentanti più importanti dell'animazione giapponese degli ultimi venti anni e merita almeno una visione. Il voto complessivo è un bel 'discreto'.