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"Shigatsu wa Kimi no Uso" è l'adattamento in anime del famoso manga di Naoshi Arakawa, già vincitore del premio 37th Kodansha Manga Awards e nominato per 5th Manga Taisho nel 2013, quando il manga era ancora in corso.
La realizzazione tecnica è decisamente sopra la media, come siamo abituati dalla A-1 Pictures, inoltre, a differenza del manga, è possibile, in una realizzazione animata di un'opera che ha come sfondo principale il mondo della musica, sentire tutte le opere suonate e apprezzare anche meglio alcune metafore dell'opera, come l'aspetto di suonare aderente allo spartito o interpretare la musica secondo una propria intima visione. Al momento è ancora in trasmissione in Giappone, siamo arrivati al diciassettesimo episodio, e quindi sta entrando nel vivo dell'opera. Il manga, invece, è già terminato in Giappone la scorsa settimana e purtroppo questo cambia totalmente tutte le aspettative.

Che tale opera non fosse soltanto una romance o slice of life era ben presente fin dalle prime puntate, non solo per i traumi subiti da Arima, il protagonista genio della musica, picchiato dalla madre, che di fatto perde l'infanzia per diventare quel bambino prodigio che è, ma anche e soprattutto per la successiva morte della madre stessa e l'impossibilita di Arima di continuare a suonare. Tutto questo finché non incontra Kaori, la main heroine della storia stessa, una ragazza apparentemente solare e spensierata che trascina Arima fuori dal suo attuale mondo monocromatico e lo fa passo passo riavvicinare al mondo della musica, anche grazie al sentimento di amore che giorno dopo giorno si sviluppa nel cuore di Arima per Kaori stessa. Nel proseguo delle puntate però si scopre che anche Kaori, se non bastasse il dramma già vissuto da Arima, è ammalata, e la sua presenza nella vita di Arima con ottima probabilità ha i giorni contati.

Chiaramente, per valutare un'opera la si deve conoscere tutta, per questo quello che scrivo per completare la recensione si basa su quanto accade nel manga ormai terminato e di cui l'anime è la pedissequa trasposizione, molto fedele anche nelle linee di dialogo.
Da qui in poi faccio grandi spoiler sulla fine dell'opera, quindi per favore non scorrete sotto e non leggete se non volete rovinarvi il finale della serie stessa.

Attenzione: la seguente parte contiene spoiler

Kaori deve subire un intervento chirurgico che le permetterà di allungarle la vita, ma muore sotto i ferri. L'autore nel corso dell'opera semina moltissime "death flag"; se lo scopo sia fare abituare il lettore alla morte di Kaori o invogliarlo a credere che avverrà un colpo di scena, che non avviene, laddove faceva pensare che tutto ormai volgesse per il peggio, è impossibile saperlo.
Dopo la morte di Kaori, ad Arima giunge una lettera da Kaori stessa, in cui spiega la 'Uso' (bugia, da cui prende il titolo l'opera) che gli aveva detto il precedente aprile: conosceva Arima da quando, a cinque anni, l'aveva visto suonare, l'aveva sempre osservato da lontano e vederlo così diverso dopo la morte della madre l'aveva spronata, nonostante la sua malattia, a cercare di aiutarlo a recuperare il feeling con la musica che aveva ormai perso; non le piaceva il suo amico Watari, ma era una semplice scusa per avvicinarsi a lui, anche per frapporre distanza tra lei e Arima, sapendo che da lì a poco sarebbe morta. La lettera termina, infine, con la confessione di Kaori di avere sempre amato Arima. Fine della storia, con Arima che pensa al "prossimo aprile che sta ormai arrivando senza Kaori", dopo che il gatto nero, spesso metafora per Kaori stessa, scompare al di là di un passaggio a livello dietro un treno che passa. In buona sostanza, un trainwreck di dimensioni colossali.

Ora, ovviamente, aspettarsi un happy ending visto il tenore soprattutto degli ultimi episodi, era abbastanza pretestuoso, ma un overdrama di queste dimensioni banalizza molto l'opera, che sembrava ottimamente scritta e ottimamente svolta, con l'unica eccezione dell'arco riguardante la sorellina di Aiza, che sembra più un filler che altro, lasciando invece alla fine un senso di deprimente e angosciante tristezza. Il lettore tende a sperare in un risvolto almeno bittersweet, anche grazie al dualismo che si percepisce nell'opera tra Kaori e la madre dello stesso Arima, spesso metaforicamente reso con la presenza, tra le opere di Kreisler, non solo di Liebesleid (love's sorrow), opera preferita e suonata frequentemente dalla madre, ma anche dello spartito di Liebesfreud (love's joy), sempre di Kreisler: tristezza una e gioia l'altra quindi, ma nulla di ciò avviene. C'è solo la tristezza. Anche questo porta alla sensazione di essere stati portati a credere in qualcosa che non avviene, e la sensazione di essere stati fortemente fuorviati dall'autore.
Un dramma eccessivamente cercato per suscitare nel lettore empatia con la tragedia del personaggio e, lasciatemelo dire, anche la sfortuna di proporzioni immani di un protagonista di un'opera così "sfigato" difficilmente l'avevo visto: Arima lascia una scia di cadaveri e tristezza su tutto quello che gli ruota intorno, al punto da distruggere la suspension of disbelief in un'opera di finzione... è mai possibile che tutto vada storto e che debba esserci tutta questa angoscia per il solo scopo finale che lui torni a suonare il piano?
All'atto pratico, anche il senso della stessa opera diviene banale, con un semplice "shit happens" o, per meglio dire, con il fatto che si deve andare avanti nonostante tutte le perdite e tragedie che la vita ci fa affrontare. Alla fine della storia cosa resta?
Al di là di un incoerente comportamento di Kaori stessa, che per tutta l'opera mantiene la "bugia" per non fare soffrire Arima e alla fine invece la svela - ripeto, a mio avviso per generare l'overdrama -, rivelando anche che l'amore a senso unico che provava il protagonista era invece corrisposto: cosa può mai ottenere se non deprimerlo ulteriormente?

Ma la depressione o la somma tristezza è proprio il filo conduttore di tutta l'opera, basti pensare anche agli altri personaggi: da ogni punto di vista li si veda è tutta tristezza, eccessiva al punto da sembrare eccessivamente ricercata e appunto forzata.
Watari, a cui sembra che Kaori piaccia sul serio, viene usato da Kaori stessa per avvicinarsi ad Arima e al contempo usato per essere muro tra Arima e Kaori stessa.
Tsubaki, probabilmente nella mente di molti futuro interesse romantico di Arima, sarà sempre una seconda scelta: non è riuscita mai ad aiutare Arima fin da quando erano bambini, non ha mai fatto ciò che ha fatto Kaori in meno di un anno, anche perché odia la musica che l'ha sempre allontanata da Arima; a metà dell'opera si rende poi conto di amare Arima, ma Arima non ne è innamorato.
Kaori è morta soffrendo come un cane.
Arima è, come ripeto, il personaggio più sfigato mai visto in un anime/manga, picchiato dalla madre da bambino per diventare un pianista, non vivendo mai una vera infanzia; la madre muore, ne rimane shockato e ha il rifiuto per la musica, diventa quindi un ameba con la vita "monocromatica". In seguito incontra una ragazza e inizia nuovamente a vivere, la sua vita "prende colore", inizia nuovamente a suonare, si innamora, ma quella ragazza si comporta come se le piacesse un suo amico, perché sa di stare per morire e non vuole fare soffrire Arima. Ma alla fine Kaori cambia idea e gli confessa tutto con una lettera, dopo la sua morte, che probabilmente non fa altro che fare soffrire ancora di più Arima, perché gli spiega che l'amore che provava, nella sua testa a senso unico, era invece corrisposto. Permettetemi la battuta di cattivo gusto: una persona che passa tutti questi traumi, dopo essere diventato tossicodipendente, si impicca. E potrebbe veramente essere questo il contenuto dell'OVA che uscirà ad aprile con l'ultimo tankobon, dall'autore ormai non mi aspetto molto di più.

Sinceramente è un peccato, viste le aspettative, che l'autore l'abbia finito in modo così banale, a mio avviso, semplicemente per suscitare empatia e tristezza: le premesse facevano presagire a un capolavoro, ma un eccessiva drammatizzazione distrugge tutto, in quello che potrebbe essere sintetizzato come un "disgraziometro" di fantozziana memoria.
A pensar male, dato che nel mercato attuale si "deve" far parlare di sé, una storia così deprimente ed eccessivamente strappalacrime sicuramente fa parlare di più di una con toni meno drammatici. E infatti in molte comunità giapponesi e cinesi il malcontento è tale che addirittura alcuni pazzi hanno anche minacciato di morte l'autore stesso, cosa ancora più triste dell'opera stessa e che purtroppo non è nemmeno cosa nuova.
Un vero peccato per un'opera che si preannunciava come vero capolavoro, non solo dell'anno; il tutto si riflette nel mio voto finale che da un 9, almeno fino a metà della serie, arriva a un triste, come tutta l'opera, 3.