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Neanche due mesi dopo aver concluso Rocky Joe, la sua opera più importante, il disegnatore Tetsuya Chiba si cimentò subito in un altro manga, che gli valse la vittoria di un Shogakukan Manga Award nel 1977. Il manga verrà anche trasposto, ad opera ancora in corso, in una serie OAV di dieci episodi, nel 1990. Nel 2014, sulla scia di un trend che ha toccato altri vecchi manga come Kiseijuu e Ping Pong, si decide di riprendere in mano Notari Matsutaro e di trasformarlo in un anime televisivo di ventitré episodi.

Sebbene praticamente sia il baseball, teoricamente è il sumo lo sport nazionale Giapponese. Com'è allora che si contano miriadi di produzioni sul baseball (a partire dalle love story di Adachi fino alle intricate strategie di One Outs) mentre sul sumo molte meno? Quantomeno per me, Matsutaro è stato il primo approccio con una produzione che trattasse tale tema. C'è però da dire cheMatsutaro non è uno spokon vero e proprio, il sumo è difatti lo sfondo sul quale si muove il protagonista e maggiore importanza viene data alle sue movimentate avventure. Perché come lo descrive lo stesso nonno, Matsutaro "non è che una testa calda che vive di prepotenze e capricci". Ma a dirla tutta questa descrizione è fin troppo riduttiva, Matsutaro è uno dei personaggi più odiosi, maleducati, violenti e menefreghisti mai concepiti. Furti, rapimenti e violenze sono all'ordine del giorno, e non esiste discussione che non si concluda a cazzotti. È facile immaginare che ci sarà un percorso di formazione per il protagonista.

Questo anime ha sostanzialmente due problemi: è lento e piatto. La narrazione procede con un ritmo disturbante (basti pensare che il sumo appare solo nel finale della seconda puntata) e le vicende si riducono alla fin fine alle solite cose, con Matsutaro che si comporta da incivile e qualche gag basata sulle flatulenze intestinali. Ma questo anime dimostra poi di avere qualche carta basata sul suo valore storico e divulgativo. Innanzitutto c'è una rappresentazione non proprio banale (anche relativamente all'atmosfera generale dell'opera) del periodo Shōwa, mostrando la differenza tra i vari strati sociali e la povertà che albergava nei paesini più periferici, in cui Tokyo era vista come qualcosa di lontano (anche se si trattava di pochi chilometri) e anche solo visitarla era considerato un lusso. Successivamente c'è una rappresentazione del sumo nella sua struttura, impariamo quindi che ci sono vari gradi, vari riti, vari personaggi che girano intorno a questo grande mondo e gerarchie inflessibili in cui i lottatori più forti e anziani devono essere serviti e riveriti senza battere ciglio. Se vi sembra banale che un anime basato sul sumo parli di sumo, guardatevi Mitsuano, un anime dello stesso anno che riesce nell'arduo compito di parlare delle geisha senza parlarne. Infine Matsutaro ha un valore storico, perché per quanto svecchiato nel character design, la storia e la struttura rimangono pur sempre quelle di un manga iniziato nel 1973. C'è da aggiungere che il finale dell'anime (aperto come non mai) non coincide con il finale del manga, quindi o è previsto un sequel oppure è un'opera tronca.

Matsutaro non è sta gran cosa. Però una volta superato lo scoglio della lentezza e della ripetitività risulta un anime tuttavia simpatico e interessante nel suo essere old school. Una curiosità: il doppiatore di Matsutaro è alla sua prima esperienza con un anime e la sigla iniziale è un omaggio alla sua canzone più famosa, Matsuken Samba II.