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"Questa è un'antica storia del passato, che può essere trovata anche in una biblioteca di una scuola elementare. O forse no. L'incontro del destino, che potrebbe essere l'inizio di una comune storia d'amore. Se non fosse per quella cosa..."
Con questa frase si conclude il primo dei dodici episodi di cui si compone "Vampire Heaven", live action del 2013 scritto e diretto da Natsuki Seta e trasmesso su TV Tokyo. Perché cominciare questa recensione con la frase finale del primo episodio? Semplicemente perché già da quella frase si comprende il succo dell'opera. Ma andiamo con ordine e partiamo da un breve riassunto della trama.

In un bosco del Giappone, i vampiri possono vivere senza che gli umani vengano a conoscenza della loro esistenza. Protagoniste della storia sono due vampire, molto legate tra loro, Sakurako e Komachi. Sakurako è la nuova promessa sposa del Conte, anche se la cosa non sembra farle troppo piacere. Komachi, per aiutare l'amica, la convincerà a fuggire ed entrambe si troveranno nella moderna Tokyo ("la Edo del futuro"). Per essere state lontane dalla civiltà per molto tempo (hanno entrambe più di 150 anni) di certo non sarà una facile avventura: dovranno adattarsi ai costumi moderni, nascondere i loro istinti da vampire, nascondersi dal Conte (che di certo non ha preso bene l'essere abbandonato dalla sua amata) e dovranno fare i conti con i sentimenti che inizieranno a provare per Hayato, giovane musicista del bar in cui vengono ospitate. Ad opporsi a questo amore non sarà soltanto la presenza della classica "altra ragazza", ma un problema ben più grave: più un vampiro ama qualcuno, più ardentemente desidera succhiarne il sangue.

Ok, questo è quanto. Nulla di originale, nulla che non sia già stato sentito/visto/letto centinaia di volte e, in base a queste premesse, nulla che valga la pena di essere guardato. Eppure, pur partendo con questi pregiudizi, l'ho guardato molto volentieri perché i suoi punti di forza "Vampire Heaven" ce li ha eccome, e fanno passare in secondo piano la banalità della storia.
Il primo punto di forza è senza dubbio la leggerezza con cui vengono affrontate le situazioni. Non è un'opera che si prende seriamente, anzi, a tratti sembra quasi una parodia del genere vampiresco: il Conte non è altro che una copia poco seria del conte Dracula e i suoi lacchè sono di una incompetenza paurosa. Ma altri esempi calzanti riguardano il primo scontro tra Komachi e il Conte, affrontato come se fosse una partita di "Mortal Kombat", la parte in cui Kentaro (giovane amico umano delle due protagoniste) cerca di abbattere il Conte a colpi di aglio, combattimento affrontato con schermate che ricordano molto i primi "Final Fantasy". Oppure le presunte conseguenze di un bacio tra un vampiro e un umano innamorati. Una gag ricorrente (e divertente) si ha quando le protagoniste discutono tra loro su cosa possono o non possono fare in base al codice dei vampiri; al che una delle due, in genere Komachi, si rivolge direttamente allo spettatore enunciando la particolare regola a cui fanno riferimento.
Il secondo punto di forza sono i personaggi, e in particolar modo le due protagoniste. Non sono personaggi cristallizzati nel loro essere (come ci si potrebbe aspettare da esseri centenari), ma si impegnano con tutte le loro forze per capire il mondo degli umani per integrarsi, a volte facendo delle figuracce nel tentativo (Komachi che si schianta su una porta a vetri di cui non capisce il funzionamento, l'abbigliamento strampalato che adottano). Lo sviluppo dei sentimenti delle due amiche durante gli episodi è senza dubbio banale, ma resta comunque interessante per il modo in cui viene da loro affrontato. Non posso che fare un applauso alle due attrici, Aya Oomasa (Sakurako) e Tsubasa Honda (Komachi), che sono state davvero molto brave. Anche i personaggi secondari sono tutti ben fatti, con l'eccezione di Hayato (interpretato da Yuta Hiroaka). Il suo ruolo dovrebbe essere quello del "bello e dannato", ma risulta essere talmente tanto insipido da diventare antipatico.

Molto bella la opening, "Kindan no Karma" del gruppo di idol "Shiritsu Ebisu Chugaku" ma ancora più bella è la ending, "Bloody Night" della boyband "Super Express" (o "Bullet Train", devo ancora capire quale dei due sia il vero nome). Questa è una di quelle canzoni che non ti escono più dalla testa (o almeno per me è stato così).

In finale, voto 7, tutto sommato un live action divertente, se preso per quel che è.