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5.0/10
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Inutile girarci intorno: Boku Dake ga Inai Machi ("La città dove io non ci sono"), in Italia meglio noto con il titolo internazionale di Erased, ha deluso le aspettative. Anzi, non le ha semplicemente deluse: le ha calpestate e frantumate, svuotandosi della potenza narrativa che pareva contraddistinguerlo durante le fasi iniziali in favore di una serie di rovinose e disastrose cadute. L'anime, prodotto da A-1 Pictures e adattato dall'omonimo manga in otto volumi scritto e illustrato da Kei Sanbe, vede la luce nell'inverno del 2016 su NoitaminA, contenitore notturno di Fuji TV dedicato esclusivamente all'animazione, che in passato ha trasmesso alcuni dei più celebri e apprezzati prodotti televisivi degli ultimi anni: le premesse di Erased, che in prima battuta lasciavano pensare a un'opera dalle grandi ambizioni, si scontrano tuttavia con la dura realtà di un prodotto oltremodo sopravvalutato, magari ben confezionato nella forma, ma agli atti piuttosto carente nella sostanza.

Ritengo dunque opportuno, per quanto concerne il titolo in questione, applicare una divisione ideale in due "atti", le cui analisi saranno fondamentali per comprendere le ragioni che hanno compromesso il risultato finale dell'opera, indipendentemente dalla compiutezza o meno di ognuno. Cercherò in ogni caso, ove possibile, di evitare spoiler.

- Primo atto, episodi 1~8.

Satoru Fujinuma, ventinove anni, è un laconico fumettista fallito e appesantito da un profondo rimorso: quando frequentava l'ultimo anno delle elementari, in una gelida notte d'inverno, una bambina schiva e taciturna appartenente alla sua classe fu rapita e barbaramente uccisa. Satoru ora vive una vita grigia e monotona, barcamenandosi tra casa e il lavoro part-time; unica fonte di vivacità è la sua dote di un misterioso potere da lui denominato "revival": poco prima che accadano perturbazioni nella normalità delle cose, l'uomo viene trasportato indietro nel tempo, avendo in tal modo la possibilità di cercarle e manipolarle.
Un giorno, sua madre Sachiko gli fa visita nel suo modesto appartamento riesumando la vecchia storia della sfortunata compagna di classe: a partire da questo evento Satoru vedrà la sua vita andare improvvisamente in pezzi, mentre verrà accusato di un omicidio che non ha commesso e i fantasmi del suo passato torneranno a emergere con prepotenza.

A seguito di questo accenno di trama - in cui ho cercato di essere il più incerto e vago possibile, onde evitare di rovinare all'ignaro lettore alcuni colpi di scena che si susseguono già dal primo episodio - è necessario porre un preambolo fondamentale: l'intreccio, a partire dalla premessa soprastante, si dipana su due differenti piani temporali e narrativi, uno dei quali ambientato nell'infanzia del protagonista pochi giorni prima della sparizione della piccola Kayo Hinazuki, la sua compagna di classe, dopo un revival di ben diciannove anni. La prima cosa che colpisce durante i primissimi episodi della serie è la meticolosa e ponderata regia, che denota interessanti forme di sperimentalismo (specialmente visivo) e di distacco dal modello classico: per esempio, durante il revival nell'infanzia di Satoru è curioso notare come gli episodi siano fotografati in un formato panoramico (invece che nel classico aspect ratio a 16:9, tipico della serialità televisiva). Questa scelta conferisce una composizione dell'immagine piuttosto distante dal classico modello "anime" e decisamente più vicina alla messinscena cinematografica vera e propria, per aumentare il senso di realismo. La resa visiva è supportata anche da una fotografia crepuscolare, con una scelta di inquadrature e di montaggio molto più limitata e minimale rispetto alla norma, che conferisce una maggiore spazialità all'ambiente; la "macchina da presa" è inserita in uno spazio reale, tangibile, con cui interagisce e dialoga, e che quindi rafforza inconsapevolmente la focalizzazione dello spettatore sull'ambientazione - elemento assolutamente cruciale in questa serie, che fa molto leva sulle atmosfere.

Satoru infatti, ritrovatosi nel corpo di un bambino ma ancora dotato della coscienza di un ventinovenne, si vede calato in un quartiere residenziale che sembra nascondere molte ombre: la sua vicenda in questo primo atto di Erased sarà quindi incentrata sui tentativi di salvataggio della piccola Kayo dalle mire di un oscuro colpevole, tratteggiando la struttura della serie come quella di un thriller al cardiopalma macchiato da tinte soprannaturali.

- Secondo atto, episodi 9~12.

Il lettore più attento si sarà accorto come, nel descrivere il primo atto "ideale" della serie, mi sia ben guardato dallo sbilanciarmi in eccessive lodi o critiche, preferendo concentrarmi su fattori oggettivi come l'analisi tecnica e registica: questo perché giudizi di tale genere sono in costante balìa di un'indeterminatezza di fondo, che inizia a impiantare il tarlo del dubbio in una storia sì ben narrata (seppur non priva di qualche imperfezione, come la spregevole scena del bagno di Sachiko e Kayo), ma tremendamente inconcludente.
Sono vari i temi sfiorati (e pongo volutamente enfasi su tale parola) in questa prima parte: dagli abusi famigliari alla pedofilia, passando per alcuni (potenzialmente) interessanti spunti di riflessione sull'ineluttabilità del destino e del libero arbitrio; tuttavia la concretezza dei suddetti, agli atti, va poi a evaporare in una nuvola di fumo, giacché la regia non riesce a intraprendere una strada definita e a condurre il pubblico lungo quel sentiero, ma si lascia debolmente trasportare dalla marea, di fatto non esaudendo in maniera convincente le numerose domande che prendono vita nella testa dello spettatore. Cosa sono i revival? Perché avvengono? In che modo influenzano le "linee temporali"? Perché solo Satoru ne è toccato? Nell'anime non v'è alcun chiarimento, e non solo in merito all'origine di tali fenomeni - sulla quale avrei anche potuto soprassedere, poiché una loro spiegazione logica potrebbe invero risultare un tantino pretenziosa -, ma anche sulle meccaniche per mezzo delle quali gli stessi si verificano, il che avrebbe avuto il compito di enucleare l'intera vicenda; la serie difatti si concluderà senza fornire alcuna delucidazione circa quello che a tutti gli effetti è l'evento scatenante e il fulcro del racconto, il quale di conseguenza si dipanerà basandosi letteralmente sul nulla, essendo costruito su una serie di deus ex machina di proporzioni colossali.

Facile attribuire i buchi (voragini?) di trama e le forzature narrative alla scelta di concentrarsi solo sui risvolti "giallistici" della storia: nel momento in cui un microcosmo narrativo viene creato, le leggi che ne compongono la struttura vanno enunciate ed espletate, senza nascondersi dietro a labili tentativi di mascherare le svariate lacune con impacciate scappatoie costruite ad hoc.
La totale mancanza di coerenza di questa grande narrazione emerge difatti in tutta la sua limpidezza nel famoso secondo atto della storia (e chiedo scusa se c'è voluto tanto per arrivarci), estendendosi anche alla stessa sceneggiatura, la cui magniloquenza iniziale va letteralmente a disintegrarsi. Probabilmente questo suicidio narrativo finale è dovuto al fatto che Erased sia una trasposizione derivata da una serie di fumetti non certo brevissima, e che di conseguenza la regia sia stata costretta ad apportare tagli più o meno consistenti al materiale di partenza per adattarlo al format di dodici episodi: questo limite tuttavia dimostra la completa incapacità dello staff di mettere insieme un adattamento coerente e serio, le strade per la cui realizzazione sarebbero state molteplici - come aumentare il numero degli episodi o mettere da parte fin da subito alcune sottotrame, invece di voler a tutti i costi adattare fedelmente fino ai tre quarti, per poi trovarsi con l'acqua alla gola.

Nulla viene dunque spiegato o approfondito in merito a questioni della massima importanza: un gran numero di personaggi introdotti all'inizio - come Airi, il professor Yashiro, il giornalista o la piccola Misato - vengono così lasciati da parte, incompiuti sia nel loro ruolo all'interno della serie, sia in una scarna caratterizzazione psicologica che non riceve neanche metà dello spazio necessario; i revival e le influenze tra le linee temporali rimangono un'incognita in aeternum, rinchiusi nella loro funzione di "meccanismi sovrastrutturali" che soggiaciono alle esigenze di trama; le vicende conclusive si sciolgono in una deflagrazione di buonismo e morale spicciola, volta a ricercare a tutti i costi il tanto agognato lieto fine, senza curarsi minimamente della credibilità degli eventi; le varie sottotrame, infine, si ricollegano a fatica nel groviglio narrativo che viene a formarsi, riversandone il gravoso peso sulle azioni più volte illogiche di personaggi-burattini manovrati da uno sceneggiatore evidentemente a corto di idee.

- Conclusioni.

Alla luce della soprastante analisi mi trovo dunque costretto a bocciare la serie, arida e lacunosa fin nelle fondamenta. Tanta è infatti la mia delusione nei confronti di quest'opera, che passando tra cori di proseliti innalzati all'unisono fin dai più remoti angoli del globo mi ha lasciato piuttosto freddo, per non dire raggelato, d'innanzi alla sua artificiosità; non bastano infatti un incipit lodevole e degli episodi ben diretti per salvare questo prodotto, quando l'insicurezza della regia generale e le carenze della sceneggiatura specialmente durante gli atti finali inficiano l'opera nella sua integrità. Trovo infatti quantomai esagerato arrampicarsi sugli specchi per tentare di spremere ogni singolo risvolto di un adattamento mal concepito e realizzato, adducendo timide dimostrazioni quali la presunta completezza della controparte cartacea: ritengo giusto dare a Cesare quel che è di Cesare, e l'anime di Erased, seppur qualcosa di buono in fin dei conti ce l'abbia, si merita ampiamente l'insufficienza da me assegnatagli. Mi auguro infine che la coltre di sacralità imbastita attorno a questo prodotto sia semplice entusiasmo dettato dalla moda del momento: prevedo che presto, per tener fede al titolo, sarà cancellato dalla memoria.