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3.0/10
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Innanzitutto, prima ancora d'imbastire un'invettiva contro un'opera sulla quale non c'è praticamente nulla da dire - bel paradosso - in quanto vuota, inconcludente e fine a se stessa, conviene chiedersi: ma che cos'è veramente 'sto "Dagashi Kashi"? Una commedia romantica? No, assolutamente. Fossero tutte così le commedie romantiche, allora Jake LaMotta sarebbe il principe azzurro più ambito dalle fujoshi di tutto l'universo. Uno slice of life? Ni, perché il tutto è talmente statico e prolisso che trasmette una sensazione strana, come se la vita dei suoi protagonisti sia a tutti gli effetti una non-vita, un cazzeggio totale senza alcuna perturbazione esterna che vada al di là di qualche monotono cliché autoreferenziale da adolescenti in calore. Un porno? Magari lo fosse! Vorrebbe esserlo, ma non trova il coraggio per spingersi oltre ai soliti quattro beceri doppisensi che stufano quasi subito - la protagonista infoiata e mentalmente instabile che succhia una grossa caramella a forma di... lascio indovinare a voi cosa; il protagonista scemotto che le schizza sui vestitini pucci pucci un liquido zuccheroso biancastro che ricorda tanto lo... dai, avete capito. Ma che tristezza però. Matematicamente, una volta a puntata, dopo pesantissimi minuti in cui non succede praticamente nulla di divertente, come da rituale, avviene il tanto atteso - ma ne siamo proprio sicuri? - doppiosenso tanto triste quanto volgare. Ma che vita sessuale avranno mai le persone a cui è rivolta un'opera del genere? La risposta mi pare ovvia. Detto ciò, riprendendo l'incipit dello scritto, "Dagashi Kashi" è un ecchi? Se veramente lo fosse, sarebbe un insulto a tutti i numerosissimi ecchi in circolazione che riescono a risultare molto più espliciti, meno ipocriti e quantomeno divertenti.

Perché no, questa schifezza inclassificabile NON è divertente. In tutta la sua svogliatezza, cattiva realizzazione tecnica, vuoto pneumatico e "simbolismi" scatologici, "Dagashi Kashi" annoia, e di brutto. Lo spettatore otaku più hardcore potrebbe difenderlo per via delle due bambole gonfiabili/feticci sessuali che ronzano attorno al solito ragazzetto inconcludente che non sa che fare della sua vita - diventa grande con me! - asserisce nel primo episodio la milfona semi-tossicodipendente - le sue caramelle blu possono essere interpretate come la metanfetamina pura al 99% prodotta dal signor Walter White - dai seni enormi citata in precedenza. Altro doppiosenso da depressione, siccome non si vedrà alcuna scena di sesso esplicita ma innumerevoli altre provocazioni della carne che non troveranno MAI compimento. Non si vedrà manco una mutandina, lo dico a tutti voi che negli anni novanta vi sollazzavate con "Aika". Siete avvertiti. Piuttosto, andatevi a leggere un manga di Go Nagai.

Quando non c'è qualcosa che si potrebbe definire come "sceneggiatura", è lecito chiedersi quale sia il pretesto per far "interagire" un ragazzino scemo con le due "signorine" che gli sbavano dietro senza che lui se ne accorga: l'amica d'infanzia piatta (in tutti i sensi) che in una puntata appare addirittura - ma chi l'avrebbe mai detto! - in versione loli, intenta a farsi toccare dal suddetto senza alcuna risoluzione della tensione sessuale, in quanto lui è rimbambito, e la già citata, vergognosa Hotaru, che non mi accingo neanche a descrivere - rinvio il lettore alle innumerevoli doujinshi hentai a tema per conoscere meglio la caratterizzazione del personaggio. Presentate le due cesse della situazione - il character design è orrendo, sproporzionato e con ombreggiature e lineamenti risibili -, per rispondere al quesito sollevato conviene sottolineare che "Dagashi Kashi" sia essenzialmente una pubblicità di dolciumi, quei dagashi che gli danno il nome e di cui il padre del protagonista possiede un negozio che poco interessa a quest'ultimo, dacché a quanto pare è molto più affascinato dal disegno. Lo scopo di Hotaru, almeno dal punto di vista formale e "narrativo", sarebbe quello di convertire il ragazzo al culto dei dolciumi, dei quali ella è una sorta di maniaca ossessiva-compulsiva (!). Insomma, le martellanti pubblicità che ci avvolgono ogni giorno - a parte quei pochi illuminati che molto saggiamente hanno deciso di non guardare più la televisione - in cui ogni sorta di oggetto viene sessualizzato, dalle automobili sino ai telefonini, non sono poi così diverse da "Dagashi Kashi", che utilizza lo stesso stratagemma per sessualizzare i dolciumi. Questo processo, tuttavia, volendo astenersi da un'invettiva contro la perversione del consumismo attuale, dal quale ahimè è impossibile affrancarsi completamente a meno di diventare dei barboni delle strade che rovistano nella spazzatura, viene fatta a malo modo, goffamente, senza una regia che si potrebbe definire tale né alcuna trovata grafica brillante. Pertanto, alla luce della totale inettitudine di questo obbrobrio, per chiudere il discorso, ripeto che - repetita iuvant, dicevano i romani - "Dagashi Kashi" vorrebbe essere un qualcosa di divertente, ma ahimè mette soltanto tanta tristezza.