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<i>”Rossana dai pensaci un po' tu/perché così non se ne può più/[...]/ Rossana sei proprio una piccola star...”</i>
Figli della “generazione X”, alzate la mano: vi ricordate di questa sigla, vero? E suppongo vi ricordiate anche dell'anime di cui apriva le puntate, un grande successo qui in Italia nonostante la falce della censura. Ricordo che le mie compagne di classe lo adoravano; una era perfino orgogliosa di mostrarmi il suo poster di “Rossana” ed “Heric” che si baciavano. Personalmente io non ne sono mai impazzita, nemmeno quando avevo otto o nove anni, ma ero comunque molto curiosa di leggere la controparte cartacea, appunto “Kodomo no Omocha”. Sarebbe stato molto carino, pensavo, vedere come Miho Obana aveva inteso originariamente l'opera; magari le invadenti censure made in Mediaset erano state la causa che non mi avevano fatto amare alla follia l'adattamento televisivo. Inoltre, avevo proprio voglia di leggere (e recensire) una commedia amorosa leggera: qualche volta sento il bisogno di staccare da quelle opere stracolme di avvenimenti drammatici che ormai sono il componente principale della mia dieta a base di anime e manga.
Andatelo a dire a Miho Obana, però...

La trama segue più o meno quella dell'anime, almeno fino alla metà del manga. Arrivati a quel punto l'opera cambia completamente direzione. Cominciano infatti a susseguirsi eventi drammatici, proprio di quel genere che volevo evitare scegliendo “Kodomo no Omocha”, e per di più a velocità supersonica, come un'epidemia che si propaga. Le gag, una delle cose più belle del manga (divertentissime quelle sul reggiseno di Sana), diminuiscono sempre più fino a diventare totalmente assenti. Il motivo di questo stravolgimento ancora non riesco a spiegarmelo del tutto. Probabilmente Miho Obana si è sopravvalutata ed ha pensato di poter gestire al meglio situazioni più pesanti. Non sono nella testa della mangaka quindi non so se lo abbia pensato veramente, ma se lo ha fatto, ha pensato male.
Non si tratta solo di questo repentino cambio di registro: tali avvenimenti sono veramente banali ed inverosimili, buoni per una soap opera sudamericana di serie Z. <b>[Attenzione, possibili lievi spoiler!]</b> Ad esempio: non sono molto informata a riguardo, ma dubito fortemente che si possa andare in arresto cardiaco per una coltellata all'avambraccio. Inoltre, sempre a riguardo di questa ferita: forse c'è un fondo di verità nel fatto che i nervi potrebbero essere recisi fino a paralizzare la mano - anche se mi sembra un po' esagerato - ma com'è possibile che un povero cristo giapponese debba andare fino in America per farsela curare? Sul serio deve attraversare il mondo intero per ritornare alle condizioni ottimali? Ed infine: con quali soldi? Il personaggio a cui capita questa disgrazia non proviene da una famiglia particolarmente ricca, quindi vedo piuttosto dura che abbia i soldi per permettersi il viaggio e la cura.
<b>[Fine spoiler.]</b>

Sì, figli della generazione X, lo so cosa state pensando: perché questa qui fa tante storie? Parliamo di una storia inventata: che problema c'è in qualche avvenimento un po' poco credibile? In effetti avete ragione, ma c'è un limite a tutto. In una buona storia il lettore non deve mai pensare qualcosa come: “Che stupidata! E l'autore vuole che gli creda pure?”. Se se lo fa vuol dire che l'autore ha calcato troppo la mano con gli eventi. Di conseguenza, il lettore fa sempre più fatica a godersi l'opera e ad avere fiducia nel mangaka.
A me è capitato, e per questo davanti agli eventi sopraccitati ho abbandonato brutalmente il manga. Mancavano pochissimi volumi alla fine, ma questo eccesso di dramma ha rovinato tutto. Un vero peccato: neanche la versione cartacea di “Kodomo no Omocha” mi ha fatto impazzire, ma aveva dei pregi che garantivano almeno un sette, che non è un voto da buttare via. Tra tali pregi c'erano, ad esempio, le gag: niente di trascendentale, eppure con la loro semplicità riuscivano a divertirmi, a volte anche tanto. Oppure i personaggi: a volte avevano un'età mentale superiore a quella fisica, però in generale si può dire che erano ben caratterizzati. Ad esempio il rapporto che Sana ha con Rei era perfettamente adatto ad una bambina, soprattutto nella sua gelosia e nel suo credere che lui sia il suo fidanzato. Hayama era probabilmente il personaggio caratterizzato meglio: anche lui a volte aveva dei ragionamenti impensabili per un ragazzino della sua età, tuttavia poteva vantarsi di avere un carattere tridimensionale e completo.
Una buona introspezione psicologica, come questa, in molti casi riesce a salvare un'opera altrimenti mediocre e ad elevarla ad un buon livello. Con “Kodomo no Omocha”, però, il trucchetto non funziona. È come se qualcuno buttasse nella spazzatura il buon piatto che aveva cucinato con tanto impegno per mettere nel microonde un indigesto surgelato. Miho Obana ha, a mio parere, sprecato tutti i lati positivi della sua opera, preferendogli quelli negativi. Quindi, anche un voto negativo è inevitabile.