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Ci sono delle storie, siano esse scritte, disegnate o riprese da una telecamera, che per loro natura trascendono i personaggi e le ambientazioni in cui sono collocate e diventano universali; questo perché si focalizzano a descrivere una o più di quel magnifico e a volte sconosciuto labirinto che sono le emozioni umane. Penso sia questo il motivo del successo internazionale del manga "Quartieri lontani" di Jiro Taniguchi, anche e soprattutto in un'area culturale come quella francofona, perennemente con la puzza sotto il naso e atavicamente sospettosa di ciò che viene da fuori dei suoi confini linguistici: a maggior ragione se trattasi di qualcosa giudicata popolare come il manga. In effetti c'è un imbarazzo, quasi un rifiuto, a etichettare quest'opera così, anche nelle edizioni italiane, come se appellarlo in cotanto modo sia sminuente per l'opera e per il pubblico a cui vorrebbe essere indirizzata.
Chi come me non si fregia di essere un intellettuale, invece, può notare come "Quartieri lontani", per argomenti trattati, tratto grafico e maturità stilistica non è un semplice manga inteso come prodotto di puro intrattenimento, bensì una delle rare opere prodotte da mente umana che riesce a scavare nell'animo umano per donare al lettore una visione privilegiata del suo io interiore.

L'autore coglie uno dei grandi desideri dell'uomo, in particolar modo di colui che è giunto all'età dei bilanci, e cioè quello di riavvolgere il nastro temporale non solo per poter rivivere dei momenti felici ma anche per poter rispondere ad una fatidica domanda: Sapendo noi ciò che è stata la nostra vita, se ci venisse data la possibilità di tornare al passato, saremmo noi in grado di cambiarlo in meglio?
Ad Hiroshi, il protagonista della storia, questa possibilità viene data con suo ovvio grande stupore. Il classico working man giapponese, un automa del sistema ormai disincantato da tutto e tutti, anche dalla sua stessa famiglia, la cui unica e saltuaria via di fuga rimane il bere, viene trascinato agli anni '60, ai suoi 14 anni. Anche nel rigido sistema scolastico giapponese dell'epoca, il protagonista riscoprirà un piacere quasi del tutto dimenticato che va al di là del ritrovato vigore fisico e della spensieratezza tipici della gioventù, e cioè quello di sentirsi davvero vivo. Hiroshi, per una magica alchimia, non solo riveste di nuovo i panni del lui ragazzino, ma soprattutto mantiene la consapevolezza e l'esperienza dell'uomo di 48 anni: praticamente il massimo!
Tutto inizierà a cambiare intorno a lui grazie a questa situazione, ed egli comincerà a vivere un periodo diverso, migliore e prima sottilmente poi piano piano in maniera più decisa si farà strada in lui la cognizione del potere che ha e della grande chance che ha a disposizione per cambiare davvero il suo passato: fermare il padre, andato via di casa in quegli anni senza uno straccio di spiegazione.
Ci riuscirà? Può davvero un uomo modificare il proprio passato? Taniguchi ci da l sua interpretazione facendoci comprendere che, nonostante tutto, il passato è un grande maestro che deve insegnarci come evitare il ripetersi di certi errori e ad avere maggior cura e rispetto del proprio presente.

Dal punto d vista grafico si può notare un tratto semplice, essenziale che da molta enfasi alle emozioni e ai primi piani. Un disegno in cui la cura dei fondali è però davvero impressionante, ricostruendo su carta, con minuziosi particolari, un mondo scomparso: il Giappone appena uscito dalla guerra.
Una menzione sull'edizione integrale della Coconino Press, edizione molto semplice che però dà la possibilità al lettore di avere in un unico volume tutte le 400 pagine di questo splendido fumetto con in più un'intervista all'autore. Un modo direi adeguato per avvicinarsi a questo grande artista e alle sue opere, in attesa del suo sbarco al Lucca Comics 2012.