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9.0/10
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"Scusate ... è questa la Maison Ikkoku, vero?"

Così inizia una delle più belle storie che ci sia mai arrivata da quel pozzo senza fondo di creatività che è il Giappone. Capita spesso, in ogni campo creativo in cui l'uomo si cimenti, che l'opera più riuscita di un autore non sia quella che riscuote il maggior successo commerciale o quella più "famosa". Questa affermazione si adatta perfettamente, a mio parere, a Maison Ikkoku della regina dei manga, Rumiko Takahashi. Ma veniamo all'esame del lavoro in questione.

La Takahashi ha dalla sua una capacità narrativa senza pari, che le consente di sviluppare la trama in modo inappuntabile. Questo vale in generale per tutti i lavori di questa mangaka, ma in particolare per questo, dove l'autrice riesce a legare lo sviluppo della storia a un arco narrativo di svariati anni (8 per l'esattezza) riuscendo a rappresentare lo scorrere del tempo, in maniera efficace, romantica e poetica al tempo stesso, sia con la raffigurazione degli eventi stagionali, sia con i mutamenti dei protagonisti: Godai in particolare subisce un'evoluzione stilistica notevole nel corso della serie, da adolescente sfigato e sessuomane, assume via via, col passare dei capitoli,una personalità ben più adulta e un adeguato equilibrio.

Quest'ultima considerazione ci porta a un altro grande punto di forza di questo manga, ovvero la caratterizzazione dei personaggi. Senza voler prendere in esame Kyoko e Godai, protagonisti della serie, umani tanto che si arriva ad amarli come dei "veri amici", possiamo citare figure come quelle di Ichinose, la corpulenta e pettegola inquilina del N.1 o di Yotsuya, perennemente circondato da un alone di mistero in tutta la serie, che sono letteralmente indimenticabili e costituiscono uno dei "marchi di fabbrica" più riusciti della serie. Lo stesso Soichiro, povero marito di Kyoko, che di fatto non è un vero e proprio protagonista della storia, ma fa solo delle fugaci apparizioni in flash back o fotografie, viene tratteggiato in maniera così abile dall'autrice (in particolare risulta efficacissimo l'espediente narrativo di nasconderci fino all'ultimo il suo volto e i motivi che hanno causato la sua morte) che di fatto ne percepiamo la presenza in tutte le pagine del manga,nonostante la sua prematura dipartita.

Unico appunto che possiamo fare a quest'opera è forse lo stile grafico, che non è il più adatto da prendere come esempio, rispetto ad altri mangaka. Gli sfondi sono molto semplici, i personaggi a volte sono un pò spigolosi, specialmente nella prima fase del manga, parte in cui ancora l'autrice aveva in mente di imbastire una storia più comica che romantica, sulla falsariga di Lamù. Tutto questo però non basta a inficiare la perfezione di un'opera che rappresenta un vero e proprio "manifesto" dello stile rumikiano. Se non l'avete mai letto, provvedete e non ve ne pentirete. Se masticate sufficientemente bene l'inglese vi suggerisco di leggerlo nell'edizione americana, visto che l'edizione italiana della Star Comics, a mio parere non è proprio un adattamento riuscitissimo.