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"Lei, l'arma finale", altrimenti conosciuto come "Saikano" tra i fan, è a mio avviso uno di quei pochi fumetti per i quali vale davvero l'espressione "o si ama o si odia". Non penso che vi possano essere mezze misure per apprezzare un'opera tanto particolare, chi non riesce ad entrare nella sua prospettiva e poetica rimarrà probabilmente disgustato dal profondo pessimismo che grava sulle vicende e sommamente insoddisfatto dalla quasi totale mancanza di spiegazioni circa retroscena, anche peculiari, inerenti alla trama che rimangono avvolti nel mistero. Inoltre il regime spesso romantico e alle volte quasi melenso e strappalacrime potrebbe far storcere il naso a più di qualcuno; così come il disegno impreciso e "grossolano" che tuttavia si adatta alla perfezione per narrare queste amare vicende. Andiamo però con ordine e accingiamoci alla nostra disamina di questo titolo così unico.

"The last love song on this little planet" è un sottotitolo quantomai calzante, e altresì costituisce un buon elemento per inquadrare l'opera: quella descritta in questi sette volumi infatti non si configura come una semplice storia d'amore uguale a tante altre, ciò che si fa oggetto della narrazione è La storia d'amore, ovvero l'idealizzazione estrema di questo topos portato alle sue più profonde conseguenze e considerazioni, con l'aggiunta di una profumata goccia di esistenzialismo. Ad onor del vero le vicende che riguardano Shu e Chise esordiscono in modo non molto diverso da altre possibili esperienze sentimentali comuni ai giovani, salvo poi svilupparsi in modo del tutto inaspettato.
Con un certo realismo si palesa, attraverso gli occhi del protagonista, la banalità e fiacchezza di una noiosa esistenza sempre uguale a se stessa, la vita semplice e ripetitiva di due studenti come tanti altri in un paese di periferia, priva di stimoli e prospettive. Si percepisce il desiderio che qualche evento increspi questa mortificante monotonia portando un salutare brio, una ventata d'aria fresca, la speranza della felicità e di un futuro. Da tali premesse si evolve ben presto, in modo del tutto inaspettato, una narrazione sempre più crudele e dai risvolti tragici, che via via estromette senza mezzi termini il realismo fattuale per dedicarsi ad una trattazione poetica ed emotiva, in particolare attraverso intimi, lunghi e alquanto sofferti monologhi. Saikano è equiparabile ad un fulmine a ciel sereno: può scuotere e sorprendere anche la più robusta delle querce. La sua peculiarità è quella di denudare i pensieri dei personaggi, le loro aspettative e desideri più intimi, ponendoli inanzi alla loro piccolezza ed impotenza, descrivendo le loro continue fughe dai problemi, narrandone i dolori e le incertezze, ma non dimenticando le piccole soddisfazioni e vittorie. Si arriva così a dipingere un affresco eterogeneo e coinvolgente, ricco di sfumature e di vicende.

Torniamo però al discorso che precipuamente ci interessa: il desiderio di un mutamento, dicevamo, questo però, quando infine giunge, non è mai ciò cui si è tanto anelato, l'introduzione della guerra serve proprio a rimarcare questa profonda disillusione. Dei suoi retroscena e degli aspetti diplomatici non si sa nulla, essa è narrata dal punto di vista di chi vi è dentro e ciò la rende ancora più terrificante e realistica. Il dramma del conflitto armato viene vissuto concretamente, direttamente, attraverso l'incertezza di essere in un posto sicuro, la distruzione della propria quotidianità, il terrore di scorgere degli aerei che si avvicinano, la morte delle persone a noi care, la povertà, il diffondersi incontrollato delle voci che narrano di terribili tragedie consumatesi non molto distante, e che preannunciano un infausto destino. Ponendo ostacoli insormontabili alla realizzazione della felicità il fato si fa beffe dell'umana condizione, che si palesa come un qualcosa di estremamente fragile e contraddittorio; confinati in questo piccolo ed insignificante "pianeta" gli esseri umani non possono fare altro che combattersi per vivere.
Shu, dopo il suo tergiversare ed infine accettare l'amore per Chise (e di Chise), rimane disperatamente aggrappato alla propria ostinazione e al proprio sentimento, in modo esasperato, in balia degli eventi, così come l'umanità rimane aggrappata ad un esile ciuffo d'erba mentre sta precipitando da una scogliera che si erge sul mare in tempesta. Non si può rinunciare ai propri sentimenti ed emozioni, ci si rifiuta, fino all'ultimo, di accettare l'insensatezza dell'esistenza, combattendo per sopravvivere di fronte ad un mondo ormai in rovina, si resiste amando, soffrendo, piangendo, urlando, esistendo con tutto se stessi, ma invano, questa è la crudele realtà. Nonostante si sappia che quel ciuffo d'erba non sarà sufficiente per evitare la caduta, si cerca di afferrarlo lo stesso, perché non si può fare altrimenti. Si evince così una sfiducia pressoché totale nelle potenzialità dell'uomo, incapace di redimersi e destinato a distruggersi con le proprie mani.

All'interno di questo contesto si fa strada la progressiva de-umanizzazione di Chise. Si tace sulle premesse che l'hanno portata a diventare un'arma, e si tace anche riguardo alla sua vera natura e potenzialità, non è questo ciò che importa. Ciò che ha rilevanza invece è il suo essere, che viene sempre più spersonalizzato e meccanizzato, il suo diventare uno strumento (di morte) cosciente di essere tale, e del suo fine. Ah! che dannazione questa coscienza! Fa si che l'uomo sia al corrente della propria condizione e del proprio peccato, e della sofferenza che porta tanto a se stesso quanto agli altri, tanto che si potrebbe arrivare a voler fare a meno di tale coscienza, ma non si può: i sentimenti gridano allo spasimo dell'autoaffermazione, l'anima anela all'esistenza e alla vita. Così l'amore è l'unico appiglio che rimane a Chise per ricordare se stessa, e Shu di conseguenza diventa il suo custode, i loro momenti assieme attimi di peritura felicità nel mezzo della tempesta. Alla fine, tuttavia, nemmeno l'amore è abbastanza, lei non può portarne in grembo il frutto e ciò che rimane è solo disperazione e sconfitta. Chise diventa quasi l'araldo di questa sofferenza, di questo dolore, e si fa carico di portare la distruzione nel mondo, per amore, per poter permettere agli uomini di smettere, finalmente, di soffrire. Una Dea che conduce all'oblio di tutte le cose, per imporre una conclusione a questa dolorosa ed insensata follia che chiamiamo vita, per rimanere poi come ultima testimone di ciò che l'uomo fu. Lei, un'arma creata dall'uomo, ma un'arma che è stata in grado di amare, resa un'epigrafe eterna per non dimenticare quell'amore così dolce che le forniva speranza, quel ciuffo d'erba che vuole imporre un senso alle cose e cui disperatamente aggrapparsi invano.