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Quello che in Italia conosciamo come Yu degli Spettri nasce dall'estro di Yoshihiro Togashi, un autore estremamente metodico ma anche molto criticato, e riconosciuto da molti per la propria sedentarietà e le lunghe pause. In quella che può certamente definirsi la prima opera di rilievo (le altre prodotte fino a quel momento sono autoconclusive), la sua diversità viene subito messa in risalto, con la scelta di far morire il proprio protagonista.
Malgrado avremo modo di ammirare le sue vere potenzialità qualche anno più tardi con Hunter x Hunter, si rivela un'opera, per il periodo in cui è stata serializzata, molto profonda e ricca di divertimento.
E a differenza di quest'ultima vanta una narrazione più scorrevole, che la rende innegabilmente più consona ad un pubblico ampio, composto anche dal cosiddetto "lettore medio", nonostante sia altresì cruento come il suddetto.
Hunter x Hunter, pur essendo qualitativamente superiore, non disdegna della presenza di situazioni pesanti e verbose, le quali per molti possono costituire un limite, in quanto implicano una notevole attenzione, e chiaramente un lettore abituato all'azione si può facilmente annoiare.
Da qui il motivo della mia esternazione.
A mio avviso ogni qualsivoglia paragone con opere prodotte in un periodo differente risulta immediatamente forzato, poiché in seguito ne sono state pubblicate di più complete e variegate. Nel 1990 (periodo in cui è stato percepito) dominava l'intero panorama Dragon Ball che, tralasciando il discorso riguardante i meriti i quali gli vanno riconosciuti, gode di estrema sopravvalutazione, visto che con il passare del tempo si snatura e diviene uno shonen abbastanza piatto, dove i temi trattati sono sempre gli stessi. Se il manga di Toriyama è il precursore del genere, in Yu Yu cominciamo a vedere una maggiore enfatizzazione e complessità dei poteri corredati (esempio eclatante quello dei territori, che verrà poi, senza successo, ripreso in Bleach).
Inoltre gli scontri racchiudono un giusto mix, dove viene data rilevanza sia alla loro spettacolarità che al proprio aspetto tattico, che comunque nel già citato Hunter x Hunter risalterà maggiormente e si affermerà come una delle caratteristiche peculiari.
Da menzionare il fatto che in essi, l'autore definisca fortemente i progressi dei propri PG, attraverso scelte che il lettore non può prevedere, in quanto non ne viene dato segnale. Peraltro, sanno variare molto dai contesti proposti e non risultano mai uguali o ripetitivi.
Per raccontarli è spesso ricorso alla tattica del narratore onnisciente.
Tutte queste caratteristiche hanno contribuito a farmi apprezzare l'operato di Togashi: reo di aver prodotto un manga che spicca anche per la varietà delle tematiche trattate, alcune delle quali ancora molto contemporanee (bullismo, suicidio giovanile). Senza contare che la componente fantascientifica, che gli scontri comportano, può imporre delle forzature; a maggior ragione perché l'ambientazione fantasy (che poteva sicuramente essere approfondita di più), per buona parte della storia è assente.
Presumo che anche questo abbia spinto qualche anno più tardi Togashi alla realizzazione di un'opera interamente fantasy, perché nonostante in termini di vendite e popolarità (da Yu Yu sono stati ricavati due film e innumerevoli videogiochi, senza contare il posto di rilievo riservato in quello prodotto per i 45 anni del Jump) sia stato ripagato degli sforzi, non è stato pienamente compreso, malgrado tutte le citazioni all'epoca in cui la storia si svolge e l'inserimento dei suoi pensieri all'interno, che la rendono senza dubbio densa.

In quest'opera vi è anche un'innegabile centralità del protagonista, che ha comunque permesso all'autore di delineare bene psicologicamente il carattere dei suoi co-protagonisti, attraverso delle grandi storie di crescita interiore.
Oltre a disporre di uno spiccato realismo, si può tranquillamente dire che si completino a vicenda; Kuwabara è il classico tipo che alla lunga emerge grazie alla propria perseveranza, Kurama è una persona calma e riflessiva ma che in momenti d'ira diventa vulnerabile, Hiei (da cui Kishimoto si è ispirato per il design di Sasuke) compie un'evoluzione incredibile e allo stesso tempo coerente caratterizzata dal dolore ed il tormento, ma mantenendo il fascino che da sempre lo rappresenta. In più Togashi si è saputo mettere alla prova in un campo che in Hunter x Hunter non avremo modo di esplorare per l'analisi di essi, il flashback.
Menzione d'onore per gli antagonisti, i quali vantano storie profonde alle spalle e delle personalità eterogenee supportate da una forte caratterizzazione introspettiva (specie Toguro), che li rendono davvero credibili.
Lungo il percorso incrocerete anche numerose autorità scarsamente approfondite ma comunque distinguibili sul piano del design, le quali occuperanno un determinato ruolo per poco tempo all'interno della narrazione, adattandosi ad un ruolo di transizione meramente dettato dalle scelte intraprese da parte del proprio creatore. Un lettore di battle shonen abbastanza navigato avrà sicuramente preso confidenza con queste personalità secondarie, che negli anni si sono alternate in svariate opere del genere.
Nella versione cartacea poi affiora notevolmente che Togashi non si affida agli assistenti per la realizzazione delle tavole ma, nonostante questo, riesce a caratterizzare i personaggi mediante dei primi piani stilisticamente impressionanti, i quali riescono a esprimere alla perfezione ciò che egli mira a descrivere.
Questi personaggi nel bene e nel male contribuiscono alla crescita del protagonista, che per quanto stereotipato risulta comunque essere una figura approfondita e dotata di grande carisma.

Altrettanto vero che non è esente da difetti, eclatante a mio avviso la mancanza di un personaggio femminile di spicco; qualcuno probabilmente potrebbe controbattere affermando che è un problema comune per la maggior parte degli shonen (Naruto e Dragon Ball costituiscono due esempi tangibili, tuttavia nel primo caso Kishimoto ha maggiori responsabilità, poiché Sakura non è vincolata come Bulma ed è in grado di prendere parte alle battaglie) ma a mio avviso non è da sottovalutare il fatto che Togashi non si sia impegnato molto sulla caratterizzazione di Keiko, la quale incarna perfettamente lo stereotipo della donna giapponese, e tende ad essere relegata spesso a ruoli di secondo piano. Tutto ciò ovviamente a favore del protagonista.
Sotto quest'ottica, Genkai già è più presente, ma il suo compito nella storia è totalmente differente ed all'interno di essa non avviene alcuna crescita.
La causa penso vada ricercata nel peso che Dragon Ball ha avuto sulle scelte dell'autore.

Inoltre i più attenti si saranno certamente accorti del cambio di stile che avviene; nella fase iniziale Yu Yu, nonostante un impianto narrativo alquanto sconclusionato, si pone come un gag manga. Ecco, penso che altri due difetti siano quelli che possono definirsi le estremità dell'iceberg, ovvero l'inizio e la fine.
Non mi piace criticare a caso solo per non aver visto contrapposti i miei personaggi preferiti, tuttavia preservo e preserverò sempre il dubbio su come sarebbe potuto essere l'arco narrativo finale, che a mio avviso, proprio a causa della bravura dell'autore nel definire i suoi personaggi e creare così tanti misteri, aveva immense potenzialità. Tuttavia fino a prima dell'inizio del torneo la saga era stata gestita bene, con molti legami approfonditi ed un significativo passaggio di consegne fra padre e figlio in un tripudio di omaggi alla razza umana, argomento ricorrente e che offre spesso spunti di riflessione.
Risulta palese come Togashi lavori meglio con la trama a disposizione, pertanto questo cambiamento sollecitato dalle influenze dell'epoca contribuisce ad innalzare qualitativamente il prodotto.
Ovviamente sono facilmente riscontrabili le tipiche componenti adottate dagli autori per rendere la propria opera conforme alla rivista: costanza, amicizia, e, in seguito, vittoria.

Sostanzialmente, ho cercato di descrivervi Yu Yu Hakusho sotto un'altra prospettiva, e spiegando perché alcuni paragoni che vengono fatti giornalmente sono sbagliati. Soprattutto non bisogna iniziarla con l'intento di trovarsi davanti ad un emulo di Hunter x Hunter.
Stiamo parlando di un'opera che forse è stata inconsciamente usata come trampolino di lancio dallo stesso creatore, visto che alcuni elementi vengono ripresi ed ampliati in seguito (dalle dinamiche di narrazione al Nen, organizzato in maniera dettagliata e che permette ad egli di svariare in un campo ricco di possibilità), ma che ha esercitato un'enorme influenza e che ancora oggi viene ricordata come una pietra miliare nella storia della rivista su cui è stata pubblicata. Capace magnificamente di alternare più situazioni, intrattenere e rinnovarsi in positivo.