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Inio Asano, nato a Ibaraki nel 1980, soffrì fin da piccolo di una malformazione fisica – un incassamento del torace verso l'interno, per la precisione – che, oltre a minargli completamente l'autostima e la sicurezza, lo convinse che sarebbe morto giovane. Il giovane Asano, quindi, non si preoccupò mai troppo del proprio futuro, terrorizzato dall'idea di un mondo in cui lui non esisteva più mentre i suoi amici e coetanei andavano avanti nella vita, adottando una filosofia di vita basata sulla valorizzazione del presente.

Se con la sua prima opera, What a Wonderful World, Asano si era maggiormente concentrato sul disagio lavorativo ed esistenziale della propria generazione e sulle sue esperienze da freeter, col suo secondo lavoro pare invece tornare indietro alla propria infanzia. Perché in fondo non è difficile riuscire a intravedere un po' di Asano in quel Suzuki dal torace incavato che parla della fine del mondo, così come il suo sogno/incubo di un futuro in cui lui non c'è più mentre i compagni sono andati avanti è pienamente rappresentato nel duale scorrere del tempo del manga. L'impianto narrativo de Il campo dell'arcobaleno è un'evoluzione di quello di What a Wonderful World, presentando non solo diversi punti di vista di più personaggi tra loro strettamente legati che s'intersecano come tanti pezzi di un complesso puzzle e che orchestrano una trama molto più articolata di WaWW, ma anche una struttura temporale ad incastro che passa più volte dal passato al presente. Quasi in una sorta di catarsi personale, Asano inasprisce notevolmente l'atmosfera rispetto a WaWW, sia nell'utilizzo dell'elemento soprannaturale, che acquisisce un'importanza maggiore - seppur non predominante quanto si potrebbe pensare - ed una sfumatura più onirica, sia nella pesantezza delle caratterizzazioni psicologiche e dei rapporti interpersonali. Si può infatti affermare, senza cadere troppo in errore, che non ci sia nell'intera opera una sola persona definibile "sana" e più si prosegue con la lettura più si ha la sensazione di assistere al folle gioco al massacro di una mente disturbata nei confronti di un branco di pupazzi incapaci di ribellarsi ad un'entità più grande e indefinita. E si torna sempre alla fine del mondo, catarsi personale dell'autore e dei personaggi, termine del/i sogno/i ed inizio dell'eternità oppure immutabile ciclo di causa-effetto... ma anche qui, come già in WaWW, Asano non finisce con l'autocompiacimento del suo (forse non così tanto) malato mondo di dolore e sofferenza, ma dona una speranza: perché alla fine del tunnel oscuro forse non c'è il mostro, forse c'è la luce, ma sta ai personaggi il compito di raggiungerla.
Il campo dell'arcobaleno può sicuramente lasciare spiazzato il lettore, cui vengono consegnati piccoli frammenti slegati di un disegno più grande e complesso che solo più avanti iniziano ad incastrarsi in modo sensato tra loro, dando gradualmente forma all'immagine definitiva. Anche se, alla fine, che essa sia quella di uno sciame di farfalle, di una mucca senza testa con due figli o di una scatola di metallo chiusa, o che addirittura ad essere rappresentato sia un altro puzzle che a sua volta rappresenta se stesso, a ben pensarci non è poi così importante, perché è quello che hanno da raccontare i singoli frammenti a contare davvero.