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5.0/10
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Annunciato nell'ottobre 2015, "Kiznaiver" appariva come il primo progetto dello studio Trigger con un budget degno di nota per il comparto tecnico. Il che suscitò particolare interesse, in quanto i precedenti lavori del recente gruppo erano stati particolarmente apprezzati per lo stile utilizzato (anche se ci furono diverse criticità su certe componenti, in particolare nelle animazioni).
Anche il soggetto pareva interessante: l'opera è ambientata in una città che funge da “terreno sperimentale” per il Kizna System, un progetto che ha come scopo il miglioramento della comunicazione fra individui per mezzo di una cicatrice che crea legami, i quali permettono a due o più individui di condividere il dolore sopportato (“Kizu” significa proprio “cicatrice, “Kizuna” significa legame, mentre “naive” sta per ingenuo, in riferimento alla gioventù). Di contro, lo scopo del progetto non è ben definito, e riguarda qualcosa di vago come “la pace nel mondo”, che appare un po' banale.
L'opera inizia proprio con il lancio dell'esperimento, con il quale sette studenti del liceo locale, che non hanno quasi nulla in comune fra di loro, vengono coattivamente “legati” con una cicatrice situata sul braccio di ognuno.

L'idea alla base del Kizna System è veramente interessante, e permette parecchi sbocchi: da un lato è utilizzabilissima in fasi di combattimento, in quanto la condivisione del dolore fra più persone permette agli eventuali combattenti di sostenere più danni del normale, mentre dall'altro la si può usare per uno scopo maggiormente psicologico, per mezzo della comprensione del dolore altrui.
Apparentemente la seconda via è quella più battuta, ma ci si accorge fin dalle primissime fasi che qualcosa non quadra: l'opera, nelle prime battute, sembra tergiversare decisamente troppo. Qual è il motivo di questo stallo? Ebbene, bisogna risalire agli albori dell'opera, quando essa era ancora un progetto in stesura. Apparentemente la sceneggiatura originale, scritta dalla prolifica Mari Odaka, era decisamente incentrata sull'idea di un battle shonen, e verteva sulle peculiarità del Kizna System sfruttabili nei combattimenti. Tuttavia il regista, che desiderava dirigere qualcosa di più ambizioso, decise che sarebbe stato meglio realizzare un'opera maggiormente incentrata sull'introspezione e sui rapporti interpersonali, il che diede il via a una profonda riscrittura della sceneggiatura.

Vista in quest'ottica, si possono comprendere appieno le profonde divergenze fra le varie componenti dell'opera, nonché le differenze fra la prima e la seconda parte.
L'opera si apre fondamentalmente con una lunga presentazione dei personaggi, il che apre la prima perplessità: perché impiegare così tanto tempo quando si hanno a disposizione solamente dodici episodi? Tale criticità non sussisterebbe, se ci fosse una profonda analisi affiancata alle presentazioni, ma il problema risiede nel fatto che gli autori hanno deciso di far avvenire tutto ciò in una sorta di substrato pseudo-comedy assai fuori luogo e inappropriato per gli scopi finali. Il dubbio che questa sezione sia figlia dell'antica stesura da battle shonen (opportunamente diluita e attenuata) è davvero forte.
Anche il cast in sé presenta dei problemi, visto che non è particolarmente adatto per un'opera dai forti tratti introspettivi. Purtroppo una certa parte del cast è decisamente troppo stereotipata, e si scoprirà che solo gli elementi meno sui generis sono in grado di ricevere una caratterizzazione appropriata. Temo che ciò sia dovuto alla mancata sincronia fra la volontà di applicare lo “stile Trigger” a tutti i costi e il rimaneggiamento della sceneggiatura.

Ma il cast è solo una parte del problema e, come avevo già accennato, l'opera tergiversa decisamente troppo nella prima parte. Vengono fatti continui accenni al Kizna Project e al suo significato, ma la delucidazione sullo scopo di tutta l'operazione viene continuamente posposta e inframezzata da avvenimenti di dubbia utilità. Infatti questa sezione è dominata da delle “missioni” (altro probabile retaggio della stesura originale) che i possessori della cicatrice devono portare a termine, e che allungano decisamente troppo l'impasse. Spesso tali missioni riguardano uno dei sette membri del gruppetto di “legati coatti”, quindi in teoria dovrebbero almeno in parte avere valenza di approfondimento, ma raramente questo compito viene portato avanti nella maniera corretta, risultando frequentemente uno spreco di minutaggio (anche a causa delle inutilissime gag che coinvolgono i protagonisti e il personale del Kizna Project, i quali sono completamente bardati da buffe mascotte).
L'atto di rimandare le cose importanti è un difetto che troppo spesso la Odaka ha dimostrato come sceneggiatrice: in diverse opere ha atteso la seconda metà dell'opera per concentrare le rivelazioni, molto spesso perché l'idea alla base del soggetto era mediocre e avrebbe bruciato il tutto troppo presto, imponendo allo spettatore una prima parte decisamente attendista.
Anche qui si assiste alla medesima evoluzione, ed è un vero peccato, in quanto l'idea di base non era affatto pessima, ma risulterà comunque sfruttata malissimo anche a causa della perdita di tempo nella prima sezione.

Nella seconda parte le cose iniziano a farsi apparentemente più serie: i toni diventano effettivamente più introspettivi (con tutti i limiti precedentemente citati), vengono eliminate quasi del tutto le gag e le parti pseudo-comedy, e vengono date informazioni sul progetto. Tuttavia avviene la cosa peggiore che uno potesse auspicare: purtroppo tutto il concetto alla base delle cicatrici viene subordinato a mero supporto delle vicissitudini che si generano a causa del “troppo avvicinamento” dei personaggi. Ebbene sì, viene imbastito un fastidioso “shipping game” dove le cicatrici servono solo ad avvicinare e allontanare i personaggi. Purtroppo, col senno di poi, bisogna ammettere che questo problema era riscontrabile in minima parte anche nelle prime battute, ma poi erompe in modo decisamente esagerato.
Ovviamente non giudico pessima l'idea in sé, ma la sua applicazione in un'opera con un'ambientazione del genere e con spunti che sarebbero stati valorizzati in modo decisamente maggiore compiendo scelte più appropriate. Senza contare che, in tutta franchezza, ciò fa un po' a botte con lo “stile Trigger”.
E, come se non bastasse, nelle battute finali assistiamo a una svolta decisamente forzosa che stona decisamente con ciò che era stato mostrato precedentemente, e che sfocia in un finale abbastanza insipido. Onestamente è davvero difficile comprendere il motivo per questa ennesima svolta, ma di certo farla a un episodio dalla fine era un qualcosa da evitare.

Se c'è qualcosa di decisamente salvabile dell'anime, quello è il comparto tecnico. Lo Studio Trigger ha dato una buona prova di sé, e l'opera è molto gradevole nel comparto visivo (probabilmente la migliore dello studio finora), che risulta efficace sia nelle sezioni calme sia in quelle più movimentate. La colonna sonora fa discretamente il suo compito e, pur non brillando, mostra una certa duttilità. Ma sono le sigle che la fanno da padrone in questo comparto: la ending è abbastanza orecchiabile, ma la opening è un interessante brano supportato da un'ottima coreografia. Se volevano colpire positivamente attraverso il connubio dei due fattori, direi che l'obiettivo è stato centrato (peccato per tutto il resto...).

E ora le conclusioni: purtroppo quest'opera non ha saputo valorizzare bene i suoi elementi, ed è stata portata avanti in modo decisamente confuso. Senza contare che il cast, in parte inadatto per lo scopo dell'opera, non ha certo aiutato a rendere il tutto più gradevole.
Mi è dunque davvero difficile trovare un pubblico adatto a cui consigliarla. Gli amanti delle commedie romantiche difficilmente ne saranno soddisfatti, in quanto devono superare troppi episodi per arrivare a qualcosa di loro gradimento. Chi ama lo “stile Trigger” invece deve essere messo in guardia dal fatto che diverse idee presenti in quest'opera fanno a botte con ciò che loro amano.
Mentre chi ama lo sci-fi e l'action sci-fi invece avrà ben poco pane per i propri denti.
Purtroppo, con grande rammarico per via della buona perizia tecnica con cui è stata sviluppata, a questo “Kiznaiver” non posso assegnare la sufficienza.