logo GamerClick.it

-

Shin Getter Robot – Last Day è una breve serie di 13 episodi ed senz’altro uno degli anime robotici più maturi e di maggior impatto che abbia mai visto.
La forza principale di questa serie è senz’altro la potenza epica delle lotte e la grandiosità dei personaggi. Questi pregi però non riescono mai a brillare completamente a causa di un comparto grafico non sempre adeguato e di ampie lacune della trama.
Partendo proprio da queste, il problema maggiore è che molti fatti, potenzialmente spiegabili e sviluppabili, vengono sparati in faccia allo spettatore quasi a caso e non vengono più ripresi successivamente. Poi, personalmente, sono rimasto un po’ infastidito dal fatto che si usassero i raggi getter per spiegare praticamente ogni cosa, dalle forze fisiche, passando per quelle biologiche, fino alla tecnologia più moderna. Ve bene la sospensione del giudizio critico che uno dovrebbe avere quando guarda un’anime del genere, ma questo significa forzare la mano.
Nonostante ciò, non avendo mai visto nulla riguardante Getter Robot, questa serie mi è sembrata essere influenzata da due “flussi artistici” precisi.
Essendo il soggetto originale di Go Nagai (anche questo è uno dei tanti automi giganti inventati da questo genio) molti dei protagonisti, dei nemici e delle vicende, risentono di quelli che ormai possono definirsi “topoi” Nagaiani. Partendo proprio dalla trama, dopo lo sterminio nucleare, gli uomini sopravvissuti sono costretti a combattere contro gli invasori spaziali, muniti delle classiche bio-machine beasts. A proposito di ciò, mi è spesso sembrato di assistere a una versione animata della Mazinsaga (sebbene il manga non sia mai stato completato), infatti, a parte il protagonista robotico, la storia è praticamente la stessa. Anche le vicende che legano e caratterizzano i protagonisti richiamano a questa saga: un’antica colpa, un rimorso che li tormenta e continua a balenargli davanti agli occhi.
L’altro flusso è invece legato alla versione cinematografica di Akira. Tutto il discorso, svelato soprattutto negli ultimi episodi, legato all’energia derivante dall’evoluzione naturale mi ha ricordato molto uno dei temi principali del sopracitato anime.
Per quanto riguarda invece il reparto tecnico della serie, cominciamo con la parte meno godibile, ovvero la grafica e il disegno. Sebbene infatti si tratti di una serie del 1998, la grafica alterna una fotografia povera e confusionaria con inquadrature dei personaggi completamente sconclusionate. Le scelte di regia classiche per il genere (campi lunghi o lunghissimi per le lotte dei robot contro i mostri, per poi fare primi piani per focalizzarsi sui protagonisti interni) non aiutano certo a migliorare il reparto.
Ciò che invece fa davvero la differenza è la colonna sonora: di base abbiamo un pop rock, a tratti un po’commerciale, che però, nei momenti più cruenti, si sposta su timbri marcatamente epici per poi terminare, al culmine del phatos, in assoli di chitarra squisitamente progressive. Fantastico e molto evocativo.
Alla fine ho scelto di arrotondare il voto per eccesso (il giusto sarebbe 7,5) perché dopo una seconda visione i pregi hanno avuto la meglio sui difetti comunque presenti.
Quindi mi sento di consigliare questa serie ai fan delle saghe robotiche e fantascientifiche, soprattutto a quelli che cercano anche contenuti più adulti oltre alle solite scazzottate tra mostri e colossi metallici.