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5.5/10
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Afferri uno dei tre volumetti del primo atto della storia di Levius, il sofferente ma forte protagonista di questa storia. Sfogli le pagine e ti accorgi con stupore che la lettura è all'occidentale. Del resto si scoprono ben presto i profumi di una storia che di orientale ha ben poco, se non l'autore, Haruhisa Nakata.
Il tratto desta un secondo attimo di stupore nella sua originalità e nel tratto vorticoso, che crea riccioli nei non ben definiti profili dei personaggi, soddisfando a livello visivo quel che basta a prima occhiata. Purtroppo tale indefinitezza e imperfezione è accentuata, creando un senso di confusione, nelle scene di lotta dove non se ne comprendono le parti coinvolte, spaesando il lettore.
La storia di Levius, ragazzo reduce di guerra e tristemente orfano, inizia quando a prendersene cura sarà suo zio Zack. Un uomo che esce fuori dalla sua tana di cinismo e menfreghismo per affezionarsi a questo pragmatico ragazzo attratto dal mondo della box meccanica al fine di avvicinarsi allo spirito di sua madre, ormai in stato vegetativo. Attraverso il dolore fisico Levius si riconnette ai suoi desideri, guarendo ciò che è il dolore della sua anima. Un nuovo motivo per combattere con grinta e tenacia subentra quando incontra un nemico, il cui volto è più tormentato del proprio. La trama si infittisce di intrighi di potere e artifici politici, tutti raccontati e mai spinti narrativamente se non attraverso dialoghi. Infatti, per il calderone ben costruito, tre volumi risultano miseri e scarnamente illustrativi. Questa sembra una storia nella quale l'autore abbia creduto troppo poco, spingendola appena nei limiti del riassumibile, non avendo il coraggio di costruirla in maniera adeguata da rendere avvincente ogni singola scena, che purtroppo giunge in molte pagine a farsi leggere con poco ardore.
Levius, primo atto, ha un suo seguito, pubblicato in Italia nel 2017. Poiché la storia di base pullula di micro storie acerbe che compongono la società distopica in cui il pugilato meccanico ha molte risorse narrative da sfruttare. Peccato non crederci abbastanza.