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Ho sentito parlare molto di "Bakemonogatari" e delle "Monogatari Series" e, tra chi ne parlava benissimo e chi malissimo, ho pensato fosse una di quelle serie talmente particolari che spaccano in due le opinioni degli spettatori, senza che ci fosse qualcuno che stesse nel mezzo della disputa. E così è stato effettivamente. Ho trovato raramente qualche opinione che riteneva questo "Bakemonogatari" un'opera ordinaria; né di scarso, né di troppo valore, ma come accade spesso mi trovo d'accordo con esse. Nonostante ne avessi sentito discutere però non sapevo di cosa parlasse. Ho iniziato allora a immergermi nel mondo delle "Monogatari Series" partendo dalla prima (quindi parlo essendo a digiuno di tutte le altre stagioni), aspettandomi uno slice of life romantico con qualche elemento sovrannaturale. Quello che non mi aspettavo era vedere questa parte sovrannaturale farla da padrone, rivelandosi il deus ex machina che porta avanti tutte le vicende. Come dice il nome si parla di mostri, o "anomalie", che infestano le persone e che possono nutrirsi di un sentimento, reprimendo un certo tipo di emozioni, o possono far sì che ne venga esternato un altro. La metafora è chiara, i mostri sono una rappresentazione degli stessi mostri che vivono dentro di noi che possono venir sconfitti grazie all'aiuto di qualcuno e non solo autonomamente. La figura che viene in aiuto dei personaggi afflitti da questi mostri è raffigurata dal personaggio di Koyomi Araragi, l'unico disposto ad aiutare gli emarginati, i cosiddetti freak della "cultura" anglofona. Araragi non è caratterizzato in maniera molto originale, è il solito personaggio buono ma incapace che vuole aiutare sempre tutti, ma probabilmente non è lui quello su cui la serie vuole puntare. Nonostante ciò, tutti gli altri personaggi non mi hanno interessato, si allontanano poco dagli stereotipi classici e le loro storie le ho trovate poco toccanti o poco coinvolgenti. Quella di Nadeko prima di tutte, che fuori dal suo arco narrativo compare e non compare, non risultando particolarmente partecipativa nella serie. Nemmeno la storia d'amore tra Senjougahara e Araragi è stata in grado di emozionarmi.

Una cosa che mi ha fatto storcere il naso fin da subito è la mancanza di un vero e proprio stile, quello che viene lanciato in campo a volte sembra essere un insieme mal amalgamato di personaggi e caratteristiche che dovrebbero fondersi per creare interesse nello spettatore grazie a dei misteri che vengono pian piano svelati, ma che spesso lasciano solo molti interrogativi. A partire da Oshino, il personaggio più criptico di tutti, su cui vorremmo avere informazioni che non arriveranno mai, fino a Shinobu e alla sua imprecisata origine. Tutto ciò potrebbe essere anche svelato nelle prossime serie, perciò non lo prendo come un malus, sono solo rimasto un po' deluso da alcune mancanze sui personaggi che mi interessavano di più.

Quello che spicca però di questa serie non è la trama, di per sé non troppo interessante, ma il lato tecnico, la regia e la maniera in cui sono state raccontate le storie. Non essendo amante delle saghe autoconclusive ho trovato spesso ridondante il "modus operandi", con Araragi che scopre che una ragazza ha un'anomalia e va da Oshino per risolvere la situazione ma è interessante vedere l'approccio con cui il protagonista si avvicina all'anomalia, comportandosi diversamente in ogni caso. Da qui l'importanza dei dialoghi, molto frenetici ma spesso opinabili, che nonostante non portino avanti la trama sono a tratti divertenti da guardare, ma ancor più spesso risultano inefficaci, non essendo in grado di fare progressi anche a visione completa di un episodio. A rendere la resa video dei dialoghi più interessante è sicuramente la regia, ancor più frenetica di quest'ultimi, caratterizzata da schermate di testo fin troppo incalzanti (e quindi è estremamente difficile stare al loro passo) e da inquadrature rapide che fotografano sfondi spesso onirici ma minimali. Ciò rende complicata la visione ad uno spettatore casuale, ma non basta a rendere degna di lode la serie, a differenza di quanto può essere detto da chi vede la serie come alternativa e quindi encomiabile. Dal lato tecnico i disegni fanno il loro lavoro, soprattutto sui sopracitati sfondi e sulle ambientazioni. Il character design non è male ma nei primi episodi si fa fatica a riconoscere Hanekawa da Senjougahara; avrei preferito fossero un po' più diversificate, anche se forse questo è dovuto all'opera originale. Le animazioni invece sono molto belle da guardare, in particolare nelle scene d'azione. La musica che accompagna le scene non varia ma è caratterizzata sempre dagli stessi suoni, che a lungo andare rendono la fruizione dei discorsi (e non solo) fastidiosa.

In conclusione direi che ad attrarre la maggior parte degli spettatori è stata la sua natura "sperimentale", per così dire, che rende molto particolare la serie e che forse è una delle poche cose che rende piacevole la visione. Ciò che non mi ha fatto adorare questa serie come ad altri invece è stato principalmente il mio disinteresse nei confronti della trama e dei personaggi, ma anche la mancanza di una linearità stilistica. Continuerò comunque a seguire le "Monogatari Series" speranzoso di scoprire qualcosa in più di una così particolare ambientazione e per arrivare a vedere le così tanto acclamate ultime stagioni.