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Il brand “A Certain Magical Index” continua a deludermi. Dopo il mediocre spin-off “To Aru Railgun”, speravo in un riscatto proveniente dalla serie principale, confidando nella buona impressione suscitata dal personaggio di Kamijo Touma. La mia speranza è stata esaudita solo a metà, poiché, sebbene il ragazzo continui a impegnarsi, non pare sufficientemente supportato da una storia lacunosa e spezzettata, seppur non priva di spunti di interesse.

La base del progetto non è malvagia: Scienza vs Religione e, a sua volta, lotta interna al Cristianesimo con un ateo a fungere da ago della bilancia in veste di tutore di una potenziale arma di distruzione di massa e di giustiziere delle malefatte altrui. Il problema è lo sviluppo frammentario, sconclusionato e non corredato da personaggi degni di nota. Index, l’arma di distruzione di massa, intraprende una spirale di ‘imbrocchimento’, passando gradualmente da livello ottimo e simpatico a carneade irritante. Lo stesso Touma è sì interessante, ma come un disco rotto si riduce a suonare sempre la stessa melodia: il suo pugno destro in faccia al malcapitato/a di turno, senza distinzioni di forza e, figuriamoci, di logica. Andrebbe anche bene per serie brevi - i classici dodici episodi -, ma vederne ventiquattro così cucinati non depone a suo favore.
Appena sufficiente, nonostante il buon inizio, l’apporto di Styl, così come Biribiri/Misaka è almeno tenera nella sua versione tsundere. A salvarsi da un sostanziale appiattimento sono Tsuchikimado, un character che possiede una profondità e una logicità d’azione in controtendenza con l’andamento generale, e il redivivo/redento Accellerator, non peraltro autore anche della migliore performance in “To Aru Railgun”. I tanti inutili cattivi non li menziono, essendo semplici meteore vacue utili a fungere da sacchi da boxe.

Della trama c’è ben poco da salvare. Buono il crossover con la saga “S” di “Railgun”, la migliore dell’intero prodotto complessivo, così come gli episodi dedicati alla redenzione di Accellerator, ma in generale permane quella sensazione che a fine visione ti spinge a chiederti: “Sì, va beh, ma dove si vuole andare a parare?”

Buona la realizzazione tecnica, sia i disegni che le musiche non dispiacciono, i colori sono ben resi e, in generale, la scenografia complessiva è ben riprodotta. Discreta anche la fluidità delle animazioni, che mantiene un buon livello per tutti i ventiquattro episodi (cosa rara).

"To Aru Majutsu no Index" non merita una sufficienza complessiva, sperando che la seconda stagione alzi un po’ il tiro complessivo dell’intera opera.