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I detti popolari, i proverbi, gli adagi, hanno tutti un fondo di verità; io voglio credere che "non giudicare un libro dalla copertina" prenda la sua storia personale e la sua validità da "Higurashi", ed affondi le sue radici in questa serie a cui non basta una rapida occhiata preliminare ed esterna per essere definita, recensita, catalogata, capita.

Il paragone con una costellazione non mi sembra affatto errato, per "Higurashi": il senso dell'opera, e della costellazione in sé, prende corpo solamente ad una certa distanza da essa, dove è possibile apprezzare l'insieme nel suo complesso senza badare ai piccoli particolari, alle stelle che la compongono, lontane anni luce l'una dall'altra ed a differenti profondità nello spazio. Uno sguardo d'insieme quindi che non prevede il ragionamento induttivo aristotelico (dal particolare episodio al generale), o l'utilizzo di una sineddoche non più letteraria bensì fisica (una parte della serie per il tutto), ma che invece impone l'esatto opposto, quindi il ragionamento deduttivo e la pazienza che serve per adoperarlo come novelli Holmes o Poirot.
Ecco, pazienza è il termine corretto; pazienza e soprattutto fiducia, due doti fondamentali da possedere e da riversare interamente e senza dubbio nell'operato salvifico dell'autore, una nipponica e moderna Provvidenza manzoniana in cui confidare sperando che ogni singolo filo, una volta tirato, trovi il proprio posto nell'ordito finale.
"Higurashi" è anche un grande albero di ciliegio, però, le cui radici per quanto invisibili e sotterranee sono forti, lunghe, contorte, funzionali. Non ci si lasci spaventare dalla presunta inconcludenza delle prime 26 puntate, nelle quali i tanti capitoli sembrano essere non sovrapponibili, distinti, differenti ed incompatibili; "Higurashi" va oltre, il provvidenziale autore va oltre, e riesce a creare una serie a tutto tondo completa, in cui ogni singolo particolare ha un posto ed una funzione definita, in cui tutto trova un senso. Particolari che, nel loro insieme, danno sostentamento al tronco, ai rami, alle foglie, ai fiori, creando uno spettacolo stupendo, maestoso, impressionante.

La nostra costellazione, il nostro ciliegio, il nostro complesso insieme di piani astrali, capitoli apparentemente separati, serie e stagioni differenti, merita un voto unico; impossibile ed erroneo pensare che si possano giudicare in maniera distinta ed indipendente elementi così a stretto contatto tra di loro. In quest'ottica, è altrettanto errato pensare di valutare negativamente l'opera per i suoi particolari splatter, per la morbosità di molte situazioni, per il senso di malessere psicologico oltre che fisico che ammorba i personaggi: compiere questa scelta sarebbe non gustarsi lo spettacolo del cielo stellato, o la fioritura del nostro albero.
D'altronde, sfido chiunque ad essere inorridito della fioritura di un ciliegio ben sapendo che il sostentamento dell'albero deriva anche dalla decomposizione, e quindi dalla morte, di organismi viventi.

"Higurashi" è per me la Monna Lisa dell'animazione giapponese: ha i suoi nei, i suoi difetti, le sue imperfezioni, ma tutto questo nell'ottica globale lo rende la perfezione assoluta.