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10.0/10
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Ha la testa bassa e lo sguardo nascosto da una lunga frangia. Le ciocche di capelli che le incorniciano il volto, proteggendolo e allo stesso tempo dandole un'aria dismessa. Il sorriso è incerto e affiora sulle piccole labbra come un cenno, una smorfia del viso pronto ad ogni circostanza. Gli occhi sono così teneri e i movimenti così lenti che vien voglia di stringere le proprie mani sulle sue piccole spalle e scuoterla fino a farla urlare. Ma non si può fare, o almeno non subito, allora si prova ad urlarle contro per farla reagire. Per capire se ci sia qualcosa di reale in lei, e di ricondurla a un atteggiamento normale, prevedibile e brutale. Riportarla a un senso comune, comprensibile, con quella brutalità. Infliggerle dolore per capire fino a dove può spingersi la sua fragilità, fino a quando non smette di scusarsi, fino a che non reagisce nel modo in cui ci si aspetta che debba fare Nishimyia dinanzi alle angherie, alle spinte, agli insulti.

Perchè? È da questa domanda che iniziano i dubbi che non tutti sono pronti a porsi. Ed è su questo quesito che Yoshitoki Oima ci fa ragionare in A silent voice (Koe no katachi), manga pubblicato nel 2014. La storia di Nishimyia è quella di una ragazza con un problema di sordità vissuto con difficoltà sotto diversi punti di vista. Una serie di sfortune si sono avvicendate nella sua vita, alienandola ancor più di quanto possa avvenire normalmente a causa del suo essere diversamente abile. Ma la storia è narrata principalmente dal suo aguzzino, Ishida, che da piccolo ha tormentato la strana e nuova compagna di classe. Le vignette si susseguono in una serie di scene esemplari di bullismo casuale e sconsiderato da parte di Ishida, che coinvolgeva la sua classe, fino al punto irreversibile in cui questo atteggiamento gli si ritorce contro facendolo diventare il solo capo espriatorio di un comportamento largamente condiviso da parte dei compagni e infine condannato pubblicamente.

La lettura è scorrevole, con un buon ritmo e una giusta dose di ironia al punto che temi così importanti e psicologicamente complessi risultano persino comprensibili nelle dinamiche di un comportamente perseguibile e imperdonabile.
I giorni si susseguono stanchi, troppo spesso simili, una lezione dopo l'altra. L'adolescenza porta con se la coscienza del proprio mondo interiore, che crea una barriera e si crogiola nell'unicità dei propri sentimenti che restano muti alle sfere altrui. Così Ishida si chiude al mondo che non lo comprende, e lui stesso inizia a rifiutare di capire gli altri e di saper vedere oltre lo strato superficiale. Concentrato sul suo malessere e alienato lui stesso, come lo era Nishimyia tempo avanti, decide di incontrare quest'ultima per mettere apposto quel tassello della sua vita che ha tirato giù il castello e lo ha sprofondato nel tormento. E se quella persona si domandasse il perchè di questo suo cambiamento e si aprisse a lui?

L'opera in sette volumi funziona muovendosi sulla sinergia che si crea fra Ishida e Nishimyia, e sulle esperienze umane raccolte da chi li circonda. Una storia fatta di persone, che evolvono e si confrontano, ma a volte restano le stesse. Ne scaviamo i ragionamenti, giusti o sbagliati che siano, che portano i giovani protagonisti a scegliere per la propria vita un gesto o una parola. Emergono le incertezze umane, le ipocrisie e i nostri disappunti seguiti dal perdono, da parte del lettore e dei protagonisti. Gli amici non hanno un perchè, stanno insieme fin quando riescono ad accettare di litigare ancora e ancora. Ma non credo si tratti di una semplice storia di bullismo o di amicizia, nè di amore e sordità. È la voce silenziosa del proprio animo che impara a conoscere la vita attraverso se stesso, a scontrarsi con i propri errori e la capacità di cambiare, sapendo riconoscere la possibilità di interpretare le cose sempre in maniera diversa, con spirito positivo, per cercare una risposta con la quale saper convivere, con se stesso e con gli altri.