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Toccare un'opera come The Legend of the Galactic Heroes non è facile. Da noi è conosciuta (a causa dell'elevato numero di puntate mai doppiate e neanche del tutto subbate dai fan) solo da una ristretta cerchia di fan e appassionati di space opera ma in Giappone ha una nutrita schiera di sostenitori anche molto esigenti ed è considerata un caposaldo dell'animazione giapponese anni 80/90.
Ecco perchè se da una parte destava molta curiosità, una buona parte di quei fan erano piuttosto preoccupati all'annuncio di The Legend of the Galactic Heroes Die Neue These Kaikou (La nuova tesi: Stelle che si incrociano),una nuova serie TV che nasce con l'idea del remake ma in soli 12 puntate seguite da Die Neue These Seiran (La nuova tesi: Guerre stellari) tre film (unione di quattro episodi ognuno) che usciranno al cinema in Giappone nel 2019.
Rispetto alle 110 puntate anni 90 piene zeppe di strategie, politica, personaggi, battaglie e chi più ne ha più ne metta, questa serie sembrava un vero e proprio azzardo (per non dire di peggio). Il tutto con un cast piuttosto particolare, noto per lo più per lavorare a un titolo come Kuroko's Basket, a cominciare dal regista Shunsuke Tada. Titolo quanto mai distante dal target di riferimento della serie nata dai romanzi di Yoshiki Tanaka. E se uniamo queste informazioni ai primi trailer che mostravano un design sicuramente modernizzato dei personaggi unito a un'uso piuttosto massiccio della CGI, allora non possiamo andare troppo lontano con la fantasia nell'immaginarci i commenti degli appassionati della prima ora di questo brand.
Metto le mani avanti da subito, sono un amante delle space opera ma non ho mai visto l'opera animata anni 90 originaria. Quindi se volete qualcuno che faccia dei paragoni con la serie "vintage" non trovate pane per i vostri denti (anche se spero che qualche buon spunto parta dai commenti), pur tuttavia non volevo far passare sotto silenzio una serie che mi è parsa meritevole ma che è stata anche clamorosamene snobbata qui da noi. Pur credendoci Dynit e VVVVID che hanno portato da noi in simulcast questo titolo, il numero di visualizzazioni è stato impietoso e a mio avviso, ripeto, troppo punitivo per la qualità dell'opera in sè.
Cosa mi ha fatto adorare questa serie? Il fatto che non sembri neanche un anime, almeno non un anime nella sua classica forma di intrattenimento puro, bensì un piccolo saggio animato di politica e sociologia. Quasi un prodotto ad uso e consumo didattico ma con la giusta dose di azione e coinvolgimento atti a non annoiare lo spettatore.
Legend of the Galactic Heroes segue un duplice filo narrativo con protagonisti di entrambi i lati di una guerra intergalattica plurisecolare, in cui entrambe le parti non possono davvero ergersi ad alfieri del "bene". L'impero galattico è un'autocrazia assoluta e illiberale in cui la nobiltà (ma quasi solo quella di alto rango) è una classe dominante oppressiva, mentre l'Alleanza dei pianeti liberi è una democrazia corrotta e in fallimento, controllata interamente da politici motivati ​​dall'avidità e dall'interesse personale. Il lato dell'Impero della storia è una storia lenta di intrighi politici, mentre la storia dell'alleanza si concentra su commenti politici e pungenti, entrambi tirati fuori in modo eccellente. Il tutto mentre restano spettatori interessati i grandi poteri economici, neanche troppo occulti, che si fanno beffe di ideali e cariche, anzi li utilizzano per i loro fini manovrando sottili fili invisibili nell'ombra della storia.
Da 150 anni si consuma una feroce guerra tra due principali potenze, una guerra che brucia energie, risorse e uomini senza che ormai se ne capisca davvero il bisogno effettivo. Nel conflitto tra queste due nazioni si intrecciano le vite dei due protagonisti della nostra storia, due vite che, chi volontariamente e chi suo malgrado, diventeranno fondamentali per lo sviluppo della guerra: Reinhard von Lohengramm, un giovane e carismatico generale facente parte della nobiltà imperiale, e Yang Wen-li, commodoro dell'Alleanza noto a tutti per il suo genio strategico e militare.
Storie diverse li hanno portati a confrontarsi uno di fronte all'altro sullo scacchiere della storia. Reinhard, nato nobile di basso rango e per questo snobbato, è un personaggio che ha solo del credito verso l'impero, determinato a esigere la sua vendetta e conquistare il potere dall'interno con ogni mezzo necessario.
Yang è uno studioso che si unisce ai militari per ottenere una borsa di studio di storia che non potrebbe altrimenti permettersi, ed è stato arruolato nell'esercito quando la sua abilità tattica è venuta alla luce. Sebbene entrambi siano estremamente abili, offrono comunque un contrasto diretto per temperamento e motivazione. La loro abilità in combattimento non è però sinonimo solo di successi e promozioni. Essi scoperchiano quanto di marcio c'è a livello militare ma anche politico attirandosi le antipatie di coloro che, legati a pensieri e strategie vecchie e ormai ammuffite, scorgono in loro il genio e ne nutrono una profonda invidia. Pur tuttavia questi due protagonisti non si fanno intimorire e ci regalano tattiche e battaglie realistiche strappate direttamente dalle pagine della storia. Entrambi gli uomini sono così sfaccettati e complessi che ne rimani rapito e non sai davvero per chi tifare alla fine.
La brevità della serie purtroppo non ci permette di poter approfondire di più gli altri protagonisti, scorgiamo, specie nei bracci destri, del potenziale ma qui il tempo è tiranno e tra una battaglia e una filippica politica non c'è davvero modo di potersi affezionare ad altri. Pur non avvicinandosi neanche lontanamente ad essere una storia epica e corale questi personagi comunque ci sono. Essi fanno la loro parte nella storia permettendoci di vedere le due forze in campo come eseciti fatti di persone che vivono, sperano e purtroppo muoiono in gran numero.
Veniamo ora ad uno dei punti più criticati (insieme al character design) di questa nuova incarnazione di LOGH: le "battaglie". Già dai primi trailer era ovvio l'impiego massiccio della computer grafica, gettando nello sconforto i fan di vecchia data legati all'animazione classica anni 80. A me sinceramente la cosa non ha dato fastidio, il tutto mi ha ricordato quanto già visto in un altro remake storico, Yamato 2199, e le battaglie a livello di animazioni mi sono parse ben fatte così come le navicelle. Penso che la bellezza di una scena come quella che vi mostro qui sotto (la partenza delle navi imperiali dal pianeta capitale) sia più eloquente di tante mie parole scritte. Si può non amare i CGI ma bisogna anche dire che a volte non è affatto male se adoperata bene.
L'Impero è basato su un modello dell'impero germanico-prussiano con la maggior parte dei nomi dei personaggi di origine germanica e con i nomi della nave proveniente dalla mitologia nordica. D'altra parte, la Free Planets Alliance è più diversificata. I nomi dei personaggi sono multietnici (cinesi, inglesi, ecc.) e i nomi delle navi sono ispirati alla mitologia e alla storia greca, probabilmente testimonianza dell'antica democrazia greca.
Tornando all'animazione delle battaglie, la paura era di non capire un granchè dell'effettivo andamento di esse, ma la serrata regia unita a qualche astuzia (la presenza di ologrammi del campo di battaglia) hanno reso il tutto davvero molto semplice e godibile. Se proprio tocca trovare il pelo nell'uovo questo non sta nei disegni e nelle animazioni (che comunque vanno a scelta personale) bensì nella forzatura di alcuni svolgimenti, anche se c'è la scusante dei tempi serrati a volte si storce il naso per certe semplificazioni. Non possiamo poi non citare la raffica di nomi di militari e navi da battaglia che ci passano alla velocità della luce e che sicuramente alla stessa velocità svaniscono dalle nostre memorie.
Capitolo voci. Il titolo anni 80/90 aveva un cast di voci all star che includeva molte delle migliori star del decennio. Solo per citarne alcuni: Ryo Horikawa, Masashi Hironaka, Shigeru Chiba, Kazuhiko Inoue, Kaneto Shiozawa, Akio Ohtsuka, Akira Kamiya, Rikiya Koyama, Masako Katsuki e molti altri!
Il paragone farebbe tremare le gambe a chiunque di fronte a queste leggende eppure non me la sento di denigrare il lavoro dei doppiatori su questa nuova incarnazione del brand. Mamoru Miyano (Okabe in Steins;Gate, Rin in Free!) nel ruolo di Reinhard von Lohengramm ha regalato eleganza e nobiltà al personaggio ma d'altronde non mi aspettavo niente di meno da un professionista come lui. Sorpresa è stato Kenichi Suzumura (Sogo Okita in Gintama) nella parte di Yang Wen-li, entrato in pieno nella parte finto sorniona di questo personaggio tanto complesso e affascinante.
Il must della serie però, e lo dico da fanboy riconosciuto, è la opening di Hiroyuki Sawano, per niente roboante eppure in grado fin da subito di calarti come lui sa fare nel climax della storia. Ho apprezzato comunque anche la dolcissima ending, Wish di Elisa, con la sua carrellata statica e sognante di tutti i personaggi in campo a partire dai due protagonisti, ovviamente ognuno al capo opposto. So che nella serie "vintage" la ost era piena zeppa di musica classica che qui non c'è, le due parti in campo hanno un diverso sottofondo (l'impero piu' classicheggiante ad esempio) ma sicuramente niente di paragonabile a quanto mi è stato riportato.
Cosa quindi criticare di questa serie? Sicuramente la fine repentina proprio nel momento culminante del finale. Capisco tutto, il voler rimandare l'attenzione ai film ma questo calo di sipario nel pieno del fluire delle emozioni è una castrazione molto punitiva verso lo spettatore che forse a questo punto sarà tentato di buttarsi verso la serie anni 80/90 riscoprendo un gioiellino da noi forse troppo bistrattato.

Ripeto, non ho visto la serie vintage anni 80/90, ne ho sempre sentito parlare come una pietra miliare e quindi capisco le perplessità dei fan della prima ora. Giudicato come prodotto a sè questo remake mi sento però di promuoverlo in pieno! Nella brevità dei 12 episodi riesce comunque a calarti in pieno nella storia, una space opera a sfondo politico sociale davvero intrigante e da far vedere magari a chi pensa che gli anime sono solo prodotti per bambini.
La storia vive sui dualismi tra le due forze in campo come tra i due protagonisti, ben resi nelle loro mille sfaccettature. Certo l'esiguo numero di episodi costringe a certe scelte sbrigative ed ad alcune forzature che possono pesare parecchio a chi conosce l'opera originale, cosi' come l'uso massiccio della CGI che comunque, a mio parere, è sfruttata piuttosto bene. A mio avviso quindi lo staff scelto dalla Production I.G ha fatto in pieno il suo lavoro ma resto curioso di sentire anche il parere di chi conosce bene il brand in tutte le sue incarnazioni.