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"La spada è un arma pericolosa e il Kenjutsu è una tecnica assassina, questa è la verità. La signorina Kaoru dice solo cose stupide e melense, d'altra parte, chi non ha mai ammazzato nessuno con la spada non può capire. Tuttavia devo ammettere di preferire le stupidaggini melense che dice la signorina Kaoru alla verità.”

A metà del XIX secolo, dopo secoli di chiusura verso l’esterno, il Giappone sotto forte pressione di Inghilterra e Stati Uniti, iniziò ad aprirsi al mondo occidentale, nel mentre all’interno del paese si succedevano le rivolte per fare cadere lo Shogunato.
In questo periodo di cruente battaglie, dove i samurai ambiziosi la facevano da padrone, se ne distinse uno in particolare: Battosai Himura. Battaglie dopo battaglie, il suo nome divenne leggenda e fu la sua spada intrisa di sangue a dar vita alla Restaurazione Meiji. Dopo l’insediamento dell’ imperatore il giovane Samurai, scomparve e non se ne seppe più nulla. Infatti abbandonò il nome Battosai e inizio a vagabondare per il paese, con una Katana a lama invertita, sotto il nome di Kenshin.

Questa è solo la prefazione di Kenshin Samurai Vagabondo, manga scritto da Nobuhiro Watsuki e pubblicato da Shonen Jump dal settembre del 1994 al novembre del 1999.
Nel recensire quest’ opera vorrei partire da una premessa, se quello che cercate in un opera sono una trama ricca di misteri e plot twist, Kenshin potrebbe essere un opera che non fa per voi.
Tuttavia se quello che cercate è una storia di vendetta, di un difficile percorso di redenzione, di battaglie sanguinose e di una parabola che parla della vita, della morte e dei loro significati, mostrando il percorso intrapreso dal Samurai Vagabondo, nella sua ricerca di una vita priva di violenza, cosa messa costantemente a dura prova, allora è l’opera che fa per voi.

Il punto forte dell’opera sono sicuramente i personaggi, oltre il percorso che caratterizzerà il protagonista (in cui pian piano scopriremo il suo passato e il perché della sua scelta di redenzione) anche gli altri personaggi principali, avranno il loro sviluppo, verranno mostrate le loro storie e le loro motivazioni. Dicasi lo stesso per molti dei villain principali, verranno mossi da ben oltre dai banali desideri materiali, riuscendo a comprendere la loro vere motivazioni e la loro visione idealistica del mondo.

Tuttavia rendere grazia solo ai personaggi, svaluterebbe il lavoro fatto dall’autore nel trasporre in un'opera di finzione l’ambientazione, la geopolitica e i personaggi (Kenshin, come molti altri presenti nel manga, è stato creato prendendo spunto da un personaggio realmente esistito) di un periodo storico molto importante nella storia giapponese e molti eventi narrati lungo i tre archi principali della storia (anche se il primo arco, della durata di 7 volumi e per lo più e formato da mini saghe) sono in buona parte presi da avvenimenti realmente accaduti, romanzati in maniera eccellente.

Per quanto riguarda il comparto tecnico, tolte le scene di azione, sempre un po' confusionarie, lo stile di Watsuki è pulito, ed il tratto parecchio originale per l’epoca, ispirò mangaka che diverranno famosi negli anni successivi, tra cui i suoi assistenti dell’epoca Hiroyuki Takei (Shaman King) e Eiichiro Oda (One Piece)

In conclusione parliamo a mio avviso di uno dei migliori shonen mai creati, ricco di temi molto profondi trattati superbamente (come la redenzione, la solitudine, l’amore ecc…) con un protagonista molto particolare ma avente una storia e uno sviluppo che ho a dir poco adorato e in generale, con un cast di personaggi di altissimo livello ( i due villain principali sono fantastici).
Alcuni volumi sono davvero fantastici, quello riguardante il flashback su Kenshin poi, è uno dei più belli ed emozionanti che io abbia mai letto (tra l’altro riadattato in modo fenomenale negli OAV "Kenshin Memorie del Passato") oltre un finale di tutto rispetto. Gli unici difetti che mi impediscono di dare 10 all’opera sono i primi 5-6 volumi (che corrispondono comunque ad un quinto dell’opera) che sono per lo più introduttivi e per alcuni combattimenti che non ho apprezzato troppo, anche se altri davvero molto belli.