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Ed eccoci qui a recensire il forced drama meno commovente della storia dell'animazione.
"Violet Evergarden" non farebbe piangere nemmeno quelli che, alla decima volta che guardano "Titanic", hanno ancora una pila di fazzoletti sporchi da una parte e un pacchetto di patatine dall'altra.

Per cominciare voglio fare una similitudine: "Violet Evergarden" è come il classico regalo della zia per il compleanno. Ovvero una maglietta di una sottomarca bulgara, impacchettata però con una bustina luccicante e un nastrino dorato. Dico questo perché l'anime è bello solo graficamente, tanto vale guardarlo senza volume.

Tecnicamente la serie è veramente buona, realizzata con cura in ogni singolo dettaglio. Il character design è particolare e dettagliato, e la protagonista riesce ad essere affascinante anche senza cadere nella volgarità dell'ecchi. Le ambientazioni e gli sfondi sono disegnati in modo realistico e si fondono veramente bene con l'ottima qualità dell'animazione. A livello sonoro devo dire che tutte le musiche sono molto malinconiche e si sposano bene con il contesto, peccato solo che l'opening si senta sì e no nella metà degli episodi. Tanto è vero che per i primi tre episodi viene da chiedersi se ci sia davvero un'opening.

Finito di analizzare il pacchetto regalo, apriamolo e vediamo cosa contiene... quello che troviamo è veramente ai limiti del patetico. Violet Evergarden è questa ragazza che inizialmente ci viene presentata come una macchina da guerra priva di emozioni e fedele solo a un certo maggiore Gilbert Bouganvillea. Ebbene, la ragazza decide di diventare una bambola di scrittura automatica (ovvero ragazze incaricate di scrivere i sentimenti dei clienti su una lettera da consegnare poi al destinatario di quelle emozioni), per comprendere il significato delle parole che il maggiore le ha detto prima di morire: "Ti amo". Ovviamente una ragazza priva di emozioni fallisce i primi due tentativi di scrivere una lettera, ma già dalla terza volta in cui ci prova è diventata la miglior bambola al mondo, così, senza una spiegazione logica. E quindi, dopo tre episodi di introduzione, si entra nel già citato forced drama. Sì, perché, ad esclusione di qualche sporadico episodio, lo schema narrativo di ogni singola puntata di questa noia mortale è così:
- Arriva un incarico per Violet;
- Lei si reca sul posto;
- Storia strappalacrime sul passato di un personaggio a caso.
- Violet risolve il problema e se ne torna a casa dopo essere stata ringraziata.
Ok, alcuni episodi funzionano molto bene (su tutti mi vengono in mente quello dello scrittore e quello sulla mamma malata e la bambina), però seguire questo schema per otto puntate di seguito è nauseante. Il vero problema di questa serie è l'incredibile monotonia delle storie che vengono raccontate, che riguardano tutte lo stesso tema: l'amore (sia esso per un genitore, per un figlio, per un fratello o per la fidanzata). Se si vuole parlare di un unico tema in una serie, si deve quantomeno cercare di mischiarlo a qualcos'altro. In "Violet Evergarden" è invece tutto dannatamente uguale.

Parlando dei personaggi, non ci perdo neanche troppo tempo. Tutti, esclusa Violet, sono statici: hanno il loro episodio di gloria e poi basta. L'esempio più iconico è Iris: l'amica di Violet, poverina, è già protagonista del peggior episodio della serie per distacco, ma dopo quella puntata praticamente non ha più una sola battuta, nonostante sia uno dei personaggi secondari più importanti. Oppure parliamo del maggiore Gilbert, che in tutta la serie ci viene rappresentato come un uomo gentile e basta! Durante la guerra non ha un'evoluzione, non ha una particolarità, è semplicemente gentile, punto. Come se le personalità degli esseri umani fossero formate solo da una singola emozione... Alcuni personaggi ricorrenti della serie non hanno nemmeno un carattere. Pensiamo al postino biondo o alle bambole che lavorano con Violet (esclusa la povera Iris), sono personalità veramente trasparenti, nonostante appaiano per gran parte degli episodi (tra l'altro mi ha fatto molto ridere la scena dove una delle bambole che lavora con Violet dice al postino biondo - non mi ricordo i nomi, ok? "Vai a consolarla, ora le serve uno come te". Violet con questo personaggio ci ha a malapena parlato, all'improvviso sembra che abbiano chissà quale rapporto confidenziale).

A livello di temi, come già detto, l'unico degno di nota è l'amore. La trama post-bellica viene ripresa solo negli ultimi episodi, ma non si percepisce mai questa grande volontà dell'anime di mostrare la crudeltà della guerra. Un altro tema che dovrebbe essere portante è la crescita di sé stessi attraverso gli altri. E qua c'è un piccolo grande fallimento logico dell'anime. Se Violet crescesse come persona, imparando dalle esperienze proprie e dei clienti che incontra, non ci sarebbe nulla di sbagliato. Il problema sorge quando Violet riesce magicamente a risolvere le disgrazie di queste persone scrivendo una lettera per loro. Violet praticamente impara che cos'è l'amore risolvendo problemi legati all'amore stesso, senza averlo mai provato. È come se un politico volesse risolvere le difficoltà di un Paese senza esserci mai stato. È fondamentalmente impossibile che sia Violet a risolvere i dilemmi dell'amore senza nemmeno sapere cosa sia.

Concludendo questo poema omerico: "Violet Evergarden" è una serie vuota e noiosa, ma che cerca comunque di far riflettere e commuovere, riuscendoci sporadicamente. Contando anche le musiche e la grafica, non mi sento di bocciare la serie, ma di sconsigliarla a tutte le persone che non si emozionano guardando "Titanic" per la decima volta.

Voti: trama 5,5; personaggi 4; tematiche 5; grafica 9,5; musiche 7,5.
Voto complessivo: 6 (arrotondato per difetto, perché "Violet Evergarden" mi ha fatto addormentare almeno un paio di volte).