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Può l’amore sopravvivere alla distanza e al tempo che scorre, all’abisso del sistema solare, del cosmo, della lontananza dei pianeti e delle forme? All’assenza della vista e del contatto? E può resistere e perpetuarsi per il solo pensiero di essere nel tempo e nello spazio? Raramente un anime, per quanto breve e fulminante come "La voce delle stelle", si era posto quesiti che dilatano così profondamente la percezione della presenza e del contatto, dell’incontro e della congiunzione fisica. Un amore astrale, che diviene quasi metafisico per allontanare l’impossibilità del suo potersi vivere e consumare nel qui e ora, ce lo racconta Makoto Shinkai nel suo primo vero mediometraggio.

È la storia d’amore impossibile, in un futuro prossimo, tra due adolescenti, Mikaku e Noboru, amici speciali sin dall’inizio delle scuole superiori, che vedono improvvisamente il loro mondo cambiare e i loro destini separarsi. Lei decide di arruolarsi nell’esercito dell’ONU, alla ricerca dei Tarsians, alieni ostili incontrati per la prima volta su Marte. Alla guida di un robot, Mikaku viaggia prima su Marte poi su Giove, per arrivare ai confini del sistema solare ed andare oltre, a Sirio, verso galassie inesplorate e lontane anni luce. Lui rimane sulla terra, in attesa dei suoi messaggi e delle sue mail dallo spazio profondo. E più Mikaku si allontana dall’atmosfera della terra, più le comunicazioni tra i due diventano sporadiche, fino a dover attendere anni per ricevere una singola mail. Ma mentre il tempo passa, e tutto intorno a loro cambia, il sentimento che li unisce trova il modo di sopravvivere e farsi ancora più forte, grazie alla consonanza dei pensieri.

Questa intensa e delicata fiaba animata, della durata di appena 25 minuti, consentì a Makoto Shinkai, grazie anche ai numerosi riconoscimenti ricevuti, di farsi conoscere ed apprezzare nel mondo degli anime. Costruita in modo totalmente artigianale attraverso l’uso di un solo computer Mac, "La voce delle stelle" è un’opera pensata, scritta, montata e disegnata tutta al singolare. Shinkai in effetti fece tutto da sé, e in una prima versione si adoperò anche per prestare la voce al personaggio di Noboru, facendo doppiare Mikaku dalla sua ragazza. Solo successivamente, quando chi di dovere notò il valore dell’opera e i diritti furono acquistati, la pellicola venne ripresentata con un doppiaggio professionale (nella versione DVD sono presenti entrambe i doppiaggi). Ciò dimostrò l’innegabile talento di Shinkai, la sua capacità di trattare le tematiche sentimentali in modo non banale ("5 cm per second") e di immaginare nuovi mondi ("Il viaggio verso Agartha"), denotando sin dai sui primi artigianali lavori un innegabile talento autoriale e un riconoscibile marchio di fabbrica. Nella fattispecie, Shinkai è abile sia a livello prettamente visivo, attraverso uno stile sufficientemente pulito e credibile (anche nel raffigurare i robot, che tradiscono una passione per il genere mecha), sia nel montare sequenze che alternano frammenti di vita quotidiana e battaglie spaziali, centrando sempre l’attenzione sui due soli personaggi sulla ribalta, e ben demarcando visivamente i due mondi per caratterizzare al meglio lo stato d’animo dei due innamorati. È una storia profondamente malinconica, a ben guardare, che distanzia all’inverosimile i due protagonisti ma che al contempo tiene viva la fiamma di un sentimento che, a dispetto della voragine evidente che investe le loro vite, arde nel ricordo e nella possibilità di ciò che può e deve essere, a dispetto di un destino che ai loro occhi appare decisamente crudele.

Forse qualcosa si può perdere, nella consequenzialità proposta da Shinkai, qualche passaggio potrebbe risultare criptico o eccessivamente simbolico a uno spettatore non del tutto disposto a calarsi nel climax immaginato dall’autore, ma quel che non si può non cogliere, ultimata la visione, è la totale indisponibilità a soccombere al fato avverso dei due ragazzi, e l’estrema disposizione a rincorrersi e a (ri)trovarsi, al di là della distanza e del tempo, col pensiero. È qui che l’amore trova la sua immortalità, nel momento in cui le frasi delle mail sono interrotte e fatalmente ricomposte e completate dai ricordi per essere immaginate comunque, nonostante tutto, rivolte al futuro che sarà.