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«Meiji Tokyo Renka», serie di dodici episodi dell'inverno 2019, è tratta da una visual novel otome.
La storia narrata è quella di Mei Ayazuki, una liceale che non ha amici fra i suoi coetanei perché si è isolata dopo essere stata derisa, da bambina, per la sua capacità di vedere gli spiriti. Un incontro con un misterioso (e variopinto) mago, che scopriremo chiamarsi Charlie, fa sì che la ragazza si ritrovi a vivere nel periodo Meiji, inizialmente immemore della sua vita in età contemporanea. Il mago Charlie le assicura che potrà riportarla a casa, nel mondo odierno, ma... solo alla successiva luna piena. In questo mese Mei conoscerà diverse figure storiche e si troverà a poter aiutare diverse persone proprio grazie alle sue capacità paranormali.

Questa era la prima serie “reverse harem” che mi sia capitato di vedere, e a convincermi è stata la particolarità che il corteo di bei fanciulli sia in questa serie composto da personaggi ispirati da personalità importanti dell’era Meiji. Alcune a me già note, come lo scrittore Ogai Mori o il pittore Shunso Hishida, altri invece sconosciuti, come l’attore Otojiro Kawakami o il mercante e innovatore Tōsuke Iwasaki.

La serie ingrana lentamente, all’inizio a dar soddisfazione sono più che altro i mononoke “animalosi”, poi però lo sguardo sui cambiamenti in atto nella società giapponese in quel periodo, l’attenzione ai particolari di costume riescono a suscitare un po’ di interesse, e alla fine la serie l’ho trovata piacevole, non per i risvolti romantici che risultano piatti, noiosetti e poco credibili, ma che non sono in realtà (per fortuna) così pervasivi. La piacevolezza è nelle situazioni da “commedia demenziale”: il gruppetto di importanti personalità è, in questa versione, un coacervo di stranezze varie che strappano più di una risata.
Nessuno dei personaggi ha una caratterizzazione troppo studiata a livello di personalità e i momenti in cui si discosta dal tono brillante e si narrano “drammoni” risultano decisamente meno riusciti rispetto ai momenti allegri e “non-sense”.

Tecnicamente è gradevole ma senza particolare qualità, né nelle animazioni né nella regia di Akitarō Daichi («Kamisama Hajimemashita»), esteticamente bello ma senza grande personalità il character design di Junko Yamanaka (suo anche il chara della serie di «Detective Conan», brand per cui ha diretto anche diversi lungometraggi).

Una serie che non stupisce ma nemmeno delude: una sufficienza la strappa, anche in virtù dell’essere un prodotto senza pretese, ma nulla più.