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Non aver paura di vivere, non aver paura di tentare, poiché io sarò qui al tuo fianco. È vero, nulla è per sempre e tutto scorre, tutto muta, e forse non riesco nemmeno più a raggiungerti, a stare al tuo fianco, eppure ciò che abbiamo condiviso, ciò che si è creato tra noi sarà comunque forte e potente. Siamo due storie, siamo due vite che si sono legate e intrecciate, anche se siamo diversi e non riusciamo a comunicare, forse io e te non siamo poi davvero così differenti. Siamo vivi ed esistiamo, guarda questo cielo, senti questo vento, le vedi anche tu quelle nuvole, senti anche tu il calore del sole sulla pelle. Entrambi abbiamo amato, entrambi abbiamo perduto, siamo cresciuti insieme, siamo maturati. Non c’è nulla di sbagliato nel cercare di essere indipendenti, è questo che significa davvero vivere del resto, il mondo è grande e immenso, eppure le distanze non sono vuoti incolmabili. Il nostro affetto, il legame creato cela più di quello che potrebbe sembrare e come un filo ci lega e ci unisce, un filo forte e resistente che non può essere ignorato.

Quando mi sono trovato ad approcciarmi alla visione di questi corti, qualcosa in me formicolò, era il mio quinto senso e mezzo che mi aveva portato a creare un’associazione con un’opera altrettanto famosa: “Io sono un gatto” di Natsume Soseki. Ci sono diverse opere in verità che mostrano la quotidianità di un animale, permettendoci quindi di avere un particolare punto di vista su ciò che avviene grazie ai suoi pensieri (si pensi a Snoopy, al cane che guarda le stelle, a Jolly Jumper o, per restare in tema, al povero Malachia), l’accostamento più naturale sembra però essere appunto quello con il romanzo di Soseki. Non mi ha stupito quindi più di tanto trovare un gatto dalla sensibilità umana che riflette su alcuni temi, stupisce piuttosto vedere anche come la scelta di alcuni termini contribuisca comunque a ricordare allo spettatore che lui è effettivamente un animale (che pensa, ma non può parlare).

Troviamo quindi un gatto riflessivo e un po’ intimista, Daru (questo il suo nome), che si ritrova a ricordare alcuni momenti della sua vita; lui però non è propriamente il narratore centrale, visto che il punto di vista della narrazione coincide anche con quello della ragazza (coprotagonista) che in alcuni punti scalzerà Daru, relegandolo al ruolo di ascoltatore (lei alle volte parlerà per ricordare). La serie ci permetterà di avere un breve scorcio della loro storia grazie anche ad un sapiente gioco di incastri e accenni che, come con un mosaico, ci faranno acquisire progressivamente i pezzi di quella che è stata la loro vita insieme. Daru e la ragazza sono profondamente legati, due anime inquiete che riescono a ritrovare una salvezza, un’ancora di stabilità nell’altro (la sua sola presenza diventa motivo di conforto, il suo supporto sarà anche silenzioso, ma è molto sentito). Abbiamo modo tramite il loro pensare e ricordare, strutturato come un flusso di coscienza, di riflettere anche su alcune tematiche come: il cambiamento, la crescita, l’abbandono, il rapporto con l’altro... il tutto viene affrontato con un lirismo e una pacatezza sorprendenti, simili ad una delicata carezza, riuscendo però a lasciare il segno.

Il tema portante è forse quello della caducità dell’esistenza, tutto scorre e tutto muta costantemente, e questo può spaventare, il cambiamento avviene all’improvviso senza che magari uno abbia la possibilità di esserne consapevole, arrivando quindi a ritrovarsi irrequieto e spaventato. Cosa posso fare ancora? Posso avere un qualche punto fisso su cui contare? Sono il protagonista principale sul palcoscenico della mia vita quando sto con gli altri, ma, quando calerà il sipario, resterò da solo a contemplare i miei risultati e le mie insicurezze?

Queste e altre domande sembra suscitare sottilmente questa serie, eppure riesce ad assumere anche un significativo valore catartico, proponendoci delle risposte! Sembra quasi dirci e sussurrarci che non c’è davvero nulla di sbagliato nell’aver paura nel domani, non c’è nulla da temere nel cambiamento, perché fa parte della vita. È naturale trovarsi a provare insicurezze, è lecito avere timore di ciò che potrebbe aspettarci, eppure... non siamo soli! I legami che formiamo potrebbero essere forse influenzati dal caso, i genitori potrebbero abbandonarci, gli amici arrivare all’improvviso, eppure noi non siamo mai davvero soli, perché avremo qualcuno su cui poter contare. La serie manifesta dunque una grande fiducia nel rapporto con l’altro: se anche tutto questo fosse davvero frutto del caso, non sarebbe comunque meno vero, poiché il tempo che è stato dedicato avrà contribuito a cementare i rapporti che avremo formato. È facile isolarsi e bloccarsi, eppure non c’è niente di male nel riuscire ad appoggiarsi all’altro, che ci esorta e ci sprona a migliorare, ci giudica e ci critica, ma sarà sempre un sostegno su cui poter contare. Tutte queste considerazioni contribuiscono a far emergere anche un altro aspetto centrale della serie, quello che potrebbe essere forse considerato anche il suo cuore pulsante, ovvero l’empatia. Daru e la ragazza non possono comunicare, fanno parte di mondi diversi e sono due esseri distinti, eppure riescono a comprendersi e capirsi, sono in grado di rispettare lo spazio dell’altro, diventando un punto di riferimento, l’altro può quindi essere compreso e aiutato ricevendo sostegno dove difetta. Entrambi i personaggi hanno bisogno di qualcuno che diventi per loro qualcuno con cui stare, per non ritrovarsi soli, entrambi i personaggi hanno bisogno di qualcuno che “ascolti”, potendo rimanere sé stessi nel bene e nel male.

Ciò che contribuisce a rendere questi corti ulteriormente interessanti è il loro carattere poetico, il modo in cui i temi vengono quindi narrati, arrivando a quella che può essere considerata anche una contemplazione ed esaltazione del quotidiano nella vita e i suoi gesti in una maniera calma e rilassante che invita alla riflessione. Tutto è banale e piccolo, eppure così grandioso e unico, proprio perché irripetibile, tutto questo non dovrebbe sorprendere più di tanto, se si considerano le caratteristiche del precedente corto originale (di cui questa serie è ripresa e approfondimento), la natura poetica in quel caso emergente in maniera prominente (mi sembra superfluo dire che per una visione più completa sarebbe consigliabile visionare anche quel corto).

Due parole merita anche il comparto grafico, elemento che contribuisce a rendere ancor più gradita la visione di questa serie. Le inquadrature sono ben calibrate, ponendo la giusta attenzione sugli sguardi e le espressioni irrequiete o incerte dei nostri personaggi, i colori risultano poi azzeccati, contribuendo a creare la giusta atmosfera grazie anche al corretto utilizzo della luce. Una visione che è una vera gioia per gli occhi, cosa che credo sia difficile da negare.

La serie riesce però a parlare anche di quella che è la condizione dei giovani, con tutte le problematiche che possono trovare al giorno d’oggi. La nostra ragazza infatti anela all’indipendenza, ricerca un’emancipazione difficile da trovare, pur tentando di compiere i passi necessari in tal senso. Si allontanerà infatti dalla casa natale portando con sé il suo gatto, il dettaglio potrebbe sembrare superfluo, ma il felino diventa un sottile punto di contatto tra il passato e il presente (un filo rosso che la lega alla madre). In un certo modo la ragazza non riesce a voltare completamente le spalle al passato, consapevole forse dell’incertezza di quello che l’aspetterà, consapevole che forse è ancora troppo fragile per l’avvenire e che magari potrebbe rendersi necessario dare uno sguardo al passato.

Una serie di corti che quindi ho apprezzato molto e che per via dei messaggi che riesce a veicolare e del modo in cui lo fa mi sentirei di consigliare molto, il tutto è poi anche graziato da un comparto tecnico eccellente. Non mi sento di definirlo però perfetto, il tutto si riduce forse più ad un esercizio di stile in cui i personaggi risultano un po’ troppo inconsistenti e sfumati, rimanendo sullo sfondo rispetto al messaggio, sembrano infatti essere un mero pretesto messo sullo schermo per necessità di trama. Quello che voglio dire è che non ho trovato un grande coinvolgimento emotivo nei personaggi, che mi sono sembrati essere due individui qualsiasi, Daru è un gatto e non il gatto Daru (non so se mi spiego). Si potrebbe dire che questo non sia un aspetto troppo negativo, visto che permette una facile immedesimazione dello spettatore (così vacui i personaggi da risultare necessariamente universali), non sarebbe un punto di vista sbagliato, la storia tocca infatti temi caldi con cui alla fin fine tutti si trovano a dover fare i conti e riesce a farlo in un modo molto emozionante; se ho apprezzato ciò che ho visto, però non è stato per i personaggi. Questo al termine di tutto mi sento di considerarlo come un difetto minore, dovuto più alla mia sensibilità personale, la visione non esce davvero danneggiata e l’opera resta caldamente consigliata.

N.B. Più che 8,5 io propenderei più per un 8,7, non arriva al 9 per poco.