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Eccoci qua amici, a cercare di dare un senso alle ore spese.
Facciamo una breve premessa: son convinto che l'animazione non debba per forza essere sempre profonda come "The Tatami Galaxy", filosofica come "Ergo Proxy" o epica come "Macross", ma che debba essere una buona fonte di intrattenimento, mantenendo almeno una parvenza di coerenza narrativa. Ben vengano stereotipi, fanservice, eccetera, ma quello che è principalmente sbagliato in "Strike the Blood" è il loro eccessivo utilizzo, che lo rende noioso e stucchevole. Fine della premessa.

La trama è identica alla saga "To Aru": ci troviamo in una fanta-isola tecnologicamente avanzata (Gakuen Toshi), dove il protagonista con un potere soverchiante e privo di memoria (Kamijo Touma), affiancato da un pittoresco gruppo di amici (Motoki = Tsuchimikado, Natsuki = Komoe, potrei andare avanti, ma mancano tempo e voglia), affronta le fazioni nemiche magico/tecnologiche dai nomi idiosincratici (corrispettivi di school, item, block, member). La costante che fa da padrona in tutte e due le serie è la ripetitività: ogni arco inizia e si conclude nella medesima maniera, ma è proprio la mancanza di una struttura narrativa orizzontale a non permettere a "Strike the Blood" di meritare una sufficienza. I personaggi sono di una piattezza disarmante, l'unica cosa che cresce è il livello di frustrazione delle fanciulle per non riuscire ad accaparrarsi il nostro baka-beniamino affetto da ingenuità patologica.

Insomma, ci troviamo in una fiera dove tutti vogliono truffarti con i loro prodotti. È come un gigantesco uovo di Pasqua perfettamente incartato. Uno spettacolo per gli occhi, insignificante se poi il cioccolato fa vomitare.