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Che fine ha fatto il corpo di K? Nessuno sembra saperlo, ma non ci sono dubbi che il Signor K sia morto.

Come il titolo dell’opera suggerisce, "La Processione Funebre di K", manga creato da Maki Kusumoto nel 1994, e pubblicato in Italia da Edizioni Star Comics, inizia proprio con un funerale piuttosto fuori dal comune: il protagonista della cerimonia, il Signor K, non è presente. Nessuno degli astanti, tutti inquilini dello stesso condominio, ha idea di dove possa trovarsi il suo corpo, eppure, nessuno nutre il minimo dubbio sul fatto che K sia morto.
Proprio durante il funerale arriva un nuovo inquilino. Il suo nome è Mikaya e il caso ha voluto che debba occupare l’alloggio fino a qualche giorno prima abitato dal misterioso K. Seguiamo quindi le vicende del giovane Mikaya, il quale indagherà sulle strane circostanze che hanno portato gli strambi inquilini di un condominio a organizzare una cerimonia funebre per una persona di cui non si sa nemmeno che fine abbia fatto il corpo.

Un uomo che indossa perennemente degli occhialini e invita i suoi ospiti ad accomodarsi all'interno di una vasca da bagno per conversare amabilmente; un giovane che trascorre le sue giornate passando di camera in camera a riscuotere oggetti non meglio identificati; una ragazza con una passione morbosa per i cadaveri in decomposizione; uno strambo macellaio che veste come un signorotto del Settecento… Questi sono solo alcuni dei quantomeno bizzarri personaggi con cui Mikaya, e di riflesso il lettore, dovrà confrontarsi per sbrogliare la matassa che è la scomparsa del corpo di K. Ed è fondamentale soffermarsi sulla parola “scomparsa”, perché, sebbene nessuno abbia la minima idea di dove sia collocato il corpo di K, allo stesso tempo tutti sono assolutamente certi della sua morte, e di fronte alle domande di Mikaya che, in qualche modo, rispecchiano la naturale curiosità del lettore causata da un evento tanto strano, ci si rende conto che la morte, la scomparsa appunto, è l’unica cosa riguardante K su cui tutti concordano. Infatti, proseguendo nella lettura del manga, diventa sempre più chiaro quanto nessuno sia mai stato in grado di comprendere la vera natura d K, pur sostenendo di averlo conosciuto bene.

Tuttavia, poco alla volta, il focus della storia muta: non è più così importante scoprire come K sia deceduto e che fine abbia fatto il suo cadavere, quanto piuttosto le ragioni che hanno portato alla sua dipartita. L’indagine sulla morte dello scrittore, e le circostanze che hanno portato alla scomparsa del suo corpo, fungono da stratagemma per mostrare le solitudini dei personaggi in tutte le loro sfaccettature e quanto sia semplice indossare una maschera di fronte agli altri per proteggersi dalle proprie insicurezze e dall'impietoso giudizio altrui. Ed è così che si giunge alla conclusione che è possibile spogliarsi delle proprie maschere solo quando ci si accetta completamente e, di rimando, si trova qualcuno che sia pronto ad accettarci per come siamo davvero.

Il particolare tratto di Maki Kusumoto consente di mostrare in modo molto dettagliato ed espressivo i vari personaggi, donando loro dei connotati androgini, angelici e allo stesso tempo oscuri, irresistibili da rimirare. Le scarne ambientazioni interne, unite a un intenso contrasto fra i bianchi e i neri, fanno sì che tale espressività venga messa ulteriormente in risalto, mostrando le minime sfumature generate da un particolare sguardo, un sorriso, una smorfia. Tuttavia, vi è una scelta consapevole nel collocare i personaggi nello spazio: un esempio su tutti, la scala a chiocciola del condominio che più di una volta compare nelle tavole, la quale suscita un effetto psichedelico, trasmettendo un certo senso di vertigine.

La narrazione è strutturata in blocchi cronologicamente non consecutivi, facendo un ampio uso di flashback. Ciò potrebbe generare un po’ di confusione nel lettore, ma è fondamentale per svelare il mistero che avvolge K e i suoi vicini di casa. I dialoghi, a tratti fin troppo sopra le righe, contribuiscono a mantenere un ritmo di lettura incalzante che permette di godersi l’opera senza mai cadere nella noia. Il tema della morte, infine, viene affrontato non come un tabù ma piuttosto come un normale avvenimento della vita quotidiana col quale tutti, prima o poi, si devono confrontare.