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Se mi limitassi a dire “È una ciofeca inqualificabile”, non raggiungerei il limite minimo di parole per poter pubblicare una recensione. Il lavoro in sé non lo merita, ma bisogna fare buon viso a cattivo gioco, e quindi...

“All’ombra delle palme di Betel dorme l’estate dei ragazzi.”

Attenzione: la recensione contiene spoiler
(cosa ci sia da guastare lo lascio alla sensibilità del lettore)

La porta per l’estate è un film del 1981 della durata di circa un’ora, tratto dall’omonimo manga di Keiko Takemiya, probabilmente molto più conosciuta per il successivo Il poema del vento e degli alberi, e Verso la Terra, tutte opere che hanno ricevuto trasposizioni animate. L’autrice fa parte del “Gruppo 24”, famoso per avere rivoluzionato il genere shoujo intorno alla metà degli anni ‘70.

Sappiamo ormai tutti, o quasi, che Il poema del vento e degli alberi viene considerato il primo BL (boys love) del panorama giapponese, ed è per questo assurto a fama pressoché imperitura. Tuttavia, benché in questa opera il tema dell’omosessualità venga affrontato in modo molto affrettato, non è assente, nonostante il racconto si focalizzi su problematiche diverse.

Il film che, pur con poche ma importanti differenze, nelle vicende segue abbastanza fedelmente il manga originale, è ambientato in un collegio maschile francese nella seconda metà dell’ ‘800, alla fine dell’anno scolastico. I ragazzi stanno quasi tutti per tornare a casa, mentre, senza motivo apparente, resteranno i quattro appartenenti al club dei razionalisti, capitanati da Marion, il biondo ed efebico protagonista della storia. Resterà anche la bellissima e innocente figlia del preside, Ledania, della quale praticamente tutti i ragazzi sono innamorati.

Adolescenti, amore e troppi rivali formano una miscela esplosiva, e per l’affetto della bella Ledania, che è comunque innamorata di Marion, risse e duelli fioriscono. In conseguenza di ciò, Marion viene invitato, come leader dei razionalisti, a sedare gli animi, ma finisce per partecipare anch’egli a un duello. Il suo coraggio, o incoscienza che dir si voglia, viene notato da Sara Vida, una matura cortigiana, che se ne invaghisce.

Ora, sicuramente per il Giappone dell’epoca - per il manga stiamo parlando dei tardi anni ’70 - il concetto di relazione fra un ragazzino di buona famiglia e una donna molto più matura, e per di più una mantenuta, era sicuramente qualcosa di poco esplorato. Pur se lodevole è l’intento di approcciare tematiche nuove e scottanti, l’esecuzione però lascia a tratti parecchio a desiderare.

Si fa notare molto la voce narrante, a volte anche abbastanza fastidiosa. Ci si domanda se alcuni concetti non avrebbero potuto essere esposti in maniera diversa. Sono nella norma dell’epoca, senza infamia né lode, i doppiatori originali. Ciò significa che, per il gusto moderno, sono stucchevoli.

Per quanto riguarda il comparto visivo, le animazioni sono proprio carenti, ma dovremmo forse usare un poco di indulgenza, considerando la vetustà dell’opera. Abbondano i quadri fissi e gli effetti di luce e colore che dovrebbero servire a suggerire accadimenti nella storia, ma che, di fatto, sembrano messi lì solo per risparmiare soldi su disegni e animazioni mentre la musica scorre. I personaggi sono sicuramente in linea col gusto dell’epoca: abbiamo i soliti occhioni che si mangiano mezza faccia e figure allampanate, con gambe magrissime e lunghissime, per cui i ragazzi assumono tutti più o meno l’aspetto di spaventapasseri deambulanti. Aggiungiamoci che in principio avevo preso Marion per una ragazza.

Una menzione particolare va fatta per i colori e gli sfondi. La saturazione del colore non è certo al massimo e la tinta delle pareti delle stanze vira spesso verso il verdastro, tanto da dare l’idea di ambienti malsani, umidi e cupi, anche quando si tratta di edifici che si potrebbero definire di lusso. Questa scelta contribuisce a rendere le atmosfere molto torbide, così come le vicende che vengono delineate.

Il gruppo dei quattro razionalisti pare intriso del sacro fuoco adolescenziale della ribellione alle regole, per quanto, all’occorrenza, non esiti a farne uso. Di fatto, è Marion il più estremo, che dichiara di voler perfino sottrarsi all’irrazionalità dell’amore e alla regola che vuole che un uomo e una donna si amino e facciano sesso. Rifiuta perfino di essere toccato! Perciò, pur essendo invaghito di Ledania, respinge il suo approccio. In questo suo iniziale rigetto assoluto del rapporto amoroso potrebbe avere un ruolo la sua difficile relazione con la madre, figura sempre assente, i cui principali interessi, almeno agli occhi del figlio, parrebbero essere il nuovo marito e la figlioletta appena nata.

La relazione fra Marion e Sara non si può certo definire paritaria. Il loro incontro viene suggellato da un bacio che lei, donna adulta e certamente navigata, gli ruba. In pubblico. E da qui comincia, per il ragazzo, la fine dell’innocenza. Sara non è sicuramente una dolce pulzella di buona famiglia, e il nostro ci cascherà con tutte le scarpe.

Il successivo incontro tra i due avviene in una notte piovosa, dopo che Marion ha respinto Ledania. Non si comprende perché il ragazzo debba svenire sotto la pioggia, ma lo ritroviamo nudo nel letto di Sara e, al contrario del manga che offre una seppur misera spiegazione, nell’anime non ci è dato sapere come e perché ci sia arrivato. L’iniziale ribellione di Marion, debole e febbrile, viene presto vinta da Sara, che lo convince a parole e con uno spogliarello che è l’epitome di ogni situazione cringe del genere. L’amplesso che segue è qualcosa di terribilmente disgustoso. La differenza di età, di esperienza, di dimensione fra i due, di condizione di partenza - lui è nudo da subito, e non per sua volontà, e lei rifiuta perfino di rendergli i vestiti - fanno sì che quello a cui si assiste sia in realtà configurabile come uno stupro.

In questo contesto, il fatto che Sara dica a Marion “Non prenderò niente da te, solo tu puoi prendere qualcosa” è una menzogna evidente e crudele: lei gli sta rubando l’innocenza per un capriccio, tanto più che sa perfettamente di essere la mantenuta di un conte e che la sua permanenza in quel luogo sarà effimera. Forse è pure invaghita di questo ragazzino puro e bellissimo, vibrante della luce dell’estate della sua gioventù, ma l’impressione che si ha durante il prolungato amplesso è che si tratti di una vampira che, invece del sangue, succhi via l’innocenza di un bambino. Sarà pure un’iniziazione al sesso, ma di sicuro non viene fatta con spirito di crocerossina. Disegni, colori e musiche contribuiscono a rendere questa lunghissima scena asfissiante, torbida e pruriginosa, molto difficile da guardare, come se si trattasse del filmato di un crimine. Probabilmente, considerato che Marion è intorno ai quindici anni, ai giorni nostri verrebbe trattato da tale.

Per contro, subito dopo si glissa sul successivo svolgersi dell’estate, in cui intuiamo che i due continuano a vedersi, con un susseguirsi di quadri fissi. Marion si è trasferito da Sara, scatenando un putiferio di voci in paese e tensioni nel club dei razionalisti. Il ritorno del conte, amante di Sara, farà esplodere qualche bubbone e rivelerà il vero pensiero degli adulti. Rivalità e tensioni verranno a maturazione, portando a un finale già annunciato e, tutto sommato, quello sì, soddisfacente.

L’estate, l’estate che è il momento del passaggio dei ragazzi dall’adolescenza all’età adulta, la loro età d’oro, in cui tutto è possibile, sta finendo. Arriva l’autunno, con le sue foglie morte, e i ragazzi torneranno a scuola. Non tutti.

Cosa mi piace di quest’opera? Giuro che ci ho pensato a lungo, davvero. E non mi è venuto in mente nulla.
-273,15 °C.

Cosa non mi piace, allora? La cosa peggiore, a prescindere dalle musiche e dal comparto grafico, che è ovviamente datato, è che si sia premuto troppo sul pedale del torbido. Tutto il film pare culminare nella scena centrale dell’amplesso, prolungata in eccesso e sottolineata da un commento musicale completamente a sproposito. Lo stesso commento musicale è in generale abbastanza mediocre, tranne l’ending, che è invece molto gradevole.

I personaggi, specie quelli maschili, più che dalla logica o dalle proprie emozioni, sembrano spinti dalla furia di pulsioni primordiali che li fanno agire in modo spropositato e macchiettistico. In realtà, se non si trattasse di un drammone, parrebbe di guardare una parodia, in cui vengano di proposito accentuate le caratteristiche dei vari personaggi, esagerandone ogni tratto distintivo.

Diverse cose accadono senza alcuna ragione apparente, come il rimanere dei quattro ragazzi a scuola o l’arrivo di Marion a casa di Sara. Colori spesso dilavati e ambienti quasi lugubri contribuiscono a dare l’idea di una situazione malsana e al tempo stesso provocante, squallida. La stessa Sara, tolti i vestiti, rivela un corpo dalle forme sovrabbondanti e piuttosto sgradevoli. La scena di sesso, lungi dall’essere eccitante, provoca sensazioni di disturbo allo stomaco, volendo parafrasare. Forme e colori, viste con gli occhi di oggi, danno l’impressione che si sia voluto demonizzare la femminilità libera e matura, vestendo la nudità muliebre di un’aura predatoria. Ma allora perché poi suggerire che da questa relazione scaturisca la maturazione di Marion?

Dopo la breve relazione con Sara, Marion parrebbe aver velocemente cambiato tutte le sue idee, forse troppo velocemente, senza un minimo di transizione. L’esperienza lo avrebbe maturato di punto in bianco, stravolgendo il suo modo di pensare ed essere: poco plausibile e non descritto, ma solo dichiarato. Ma, soprattutto, il tutto è in contrasto con l’inizio della loro storia, perché non mi è possibile accettare che da una violenza sessuale, perché a parer mio è di questo che si tratta, derivi una simile scioccante maturazione.

Né si può dimenticare la presenza di un elemento BL, che viene però anticipato ben poco, e si consuma in una breve scena di tragico furore che non rende alcuna giustizia alla tematica e rimane appiccicata lì come un ripensamento, senza capo né coda. Una vera vergogna.

I lati negativi della trasposizione animata si notano ancor di più se la si paragona col breve manga originale, che ammonta a una sessantina di pagine. La ormai famigerata scena dell’amplesso nel manga è molto meno traumatica e prolungata, e la stessa figura di Sara è più gentile rispetto alla versione dell’anime, dove è una cinica predatrice. Nel manga è molto più invaghita, addirittura tenera, anche se poi compie le stesse scelte. Le ambientazioni originali non sono cupe, è tutto molto più arioso e, pur non mancando l’elemento tragedia, pare del tutto assente la squallida morbosità della versione animata. A parer mio, la relazione fra i due protagonisti è stata completamente stravolta a causa della diversa lettura del loro primo rapporto. Per quanto la storia non sia allegra, nel manga disegni e ambientazioni fanno sì che sembri molto di più una storia per ragazzine, mentre l’anime pare rivolto a un pubblico più adulto e soprattutto malizioso. Viene anche maggiormente esplorato il conflitto di classe tra due dei personaggi e ci viene detto a chiare lettere che il presunto razionalismo di Marion è in realtà un suo meccanismo di autoprotezione. Anche il finale ha una piccola differenza.

In definitiva: è un’opera alla quale personalmente ascrivo il solo merito di affrontare tematiche all’epoca inesplorate in Giappone, ma che ha completamente sciupato l’occasione puntando sul sensazionalismo, condito da connotazioni fin troppo morbose. A tratti prolissa e disturbante, è stata piuttosto difficile da guardare, costringendomi a fare delle pause durante la visione per occuparmi d’altro. Non un buon biglietto da visita. Probabilmente, se l’avessi vista prima de Il poema del vento e degli alberi, quest’ultimo non lo avrei guardato.

Consigliato solo a chi ambisca documentarsi sulla produzione anime dell’epoca.

22.02.2022