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Sono rimasto parecchio deluso da questo spin-off.
Ovviamente è difficile non fare confronti con la serie madre, della quale mi ritengo un fan sfegatato ormai da un decennio!

Ciò che mi ha colpito negativamente di “Magia Record” non è tanto il fatto che non ci fossero le protagoniste originali, quello lo si sapeva sin dall’inizio; il problema è che questa serie non mantiene neppure lontanamente le atmosfere alle quali l’universo di “Madoka Magica” ci aveva abituati.
Oltre ad avere una trama orizzontale piuttosto debole e che ingranerà solo verso la fine, le maghe protagoniste di questa storia sono decisamente troppe! E, anche qui, difficile non fare il confronto con la serie originale. “Madoka Magica” infatti ha sapientemente saputo caratterizzare ben cinque personaggi principali in soli dodici episodi, andando anche piuttosto in profondità. Senza però rinunciare a una trama orizzontale avvincente, misteri, azione e una grafica pazzesca. Qui, in “Magia Record”, abbiamo davvero troppi personaggi che rimangono solo abbozzati, anche quelli parte del gruppo principale. Inoltre, ci sono anche troppi antagonisti e personaggi secondari; in generale, c’è un quantitativo di personaggi tale, da arrivare a confonderli tra loro, non essendo particolarmente caratterizzati.

L’unica coppia di episodi che mi ha colpito in modo particolarmente positivo sono il 9 e il 10, dedicati alla piccola Sana e alla sua amica “speciale”. Trovo che il concetto di solitudine in relazione all’essere emarginati dalla società, e più nello specifico dalla propria stessa famiglia, sia stato reso in modo egregio. Risulta semplice empatizzare con Sana, e non si può non comprendere il suo desiderio di essere una ragazza invisibile. Ciò che commuove è ovviamente il rapporto che si instaurerà con Ai, il cui nome è chiaramente un gioco di parole tra Intelligenza Artificale (in inglese) e Amore (in giapponese). Ai, nonostante non sia umana, svilupperà dei veri e propri sentimenti nei confronti di Sana; da spettatore l’ho trovato prevedibile, ma mi ha ugualmente commosso.

Ad emergere un minimo c’è anche la piccola Felicia, rimasta orfana a causa delle streghe e costretta a reagire in modo scontroso pur di garantirsi la sopravvivenza, quantomeno dal suo punto di vista. Grazie all’amicizia di Iroha, protagonista della storia, si ammorbidirà e svilupperà di nuovo la fiducia verso il prossimo.

Riguardo la protagonista Iroha abbiamo un personaggio che, anche solo per questioni cromatiche, vuole ricordarci Madoka Kaname. Non mi è chiaro se i loro destini saranno collegati, ma le caratterizzazioni per ora divergono abbastanza. Iroha, rispetto a Madoka, risulta molto più consapevole, anche dei propri stessi limiti come combattente. Condividono indubbiamente la gentilezza e l’essere empatiche, si preoccupano sempre delle altre maghe con cui avranno a che fare. Tuttavia Iroha non è un personaggio che è riuscito a coinvolgermi particolarmente, sarà che la sua ricerca della sorellina è difficile da trovare appassionante, non avendola mai conosciuta io come spettatore.

Infine, l’ultimo personaggio degno di essere menzionato è Yachiyo Nanami, che dal mio punto di vista è solo una Homura Akemi che purtroppo non ce l’ha fatta.

Spero che la seconda serie sappia farmi ricredere.

Do la sufficienza a questa serie più che altro per il comparto tecnico: animazioni e disegni sono allo stesso livello della serie madre. La colonna sonora si difende bene, ma non mi è rimasta particolarmente in testa, stesso dicasi per le sigle.

Mi è dispiaciuto molto non vedere una trasformazione fatta come si deve. Nessuna raggiunge i livelli, non dico del film de “La storia della ribellione”, ma almeno della serie originale. E in un prodotto del genere anche il fanservice vuole la sua parte! Anche i costumi li ho trovati tutti piuttosto brutti, sgraziati e poco ispirati.