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Nell’ambito dell’ormai ricco, e anche un po’ inflazionato, filone degli isekai, rispetto alla traccia classica col tempo sono immancabilmente spuntate anche delle variazioni sul tema, tra cui anche quelle che propongono storie rivolte più verso un pubblico femminile.
Tra i titoli di maggiore evidenza per questa categoria, stando almeno ai titoli che maggiormente vendono nel settore delle light novel, si trova proprio tale “Seijo no Maryoku wa Bannou Desu” di Yuka Tachibana e Yasuyuki Syuri, trasposto l’anno scorso in una serie animata dallo studio Diomedea (che abbiamo visto per “Kantai Collection” e “Sakurako-san no Ashimoto”). Altro titolo affine sarebbe “Madoushi wa Heibon wo Nozomu”, che però animato ancora non è.

Come da canone del genere, la protagonista della storia è Sei Takanashi, impiegata sulla ventina tartassata dai ritmi lavorativi infernali giapponesi, che viene evocata in un altro mondo, in cui un certo regno è alla ricerca della cosiddetta “santa”. Insieme a lei anche un’altra ragazza, Aira Misono, viene subito riconosciuta come la santa che tutti cercavano, e quindi subito captata dai reali, mentre Sei è scartata e, sebbene trattata come una nobile di rango, rimane nell’inedia, ospite all’interno di un castello. Sei, comunque, non resta a lungo con le mani in mano, e in breve finisce a lavorare in un laboratorio di erboristi, dove si avvicina anche all’uso della magia e dove, col tempo, inizia anche a capire di avere qualche potere non proprio comune.

L’indirizzo verso il pubblico femminile si nota già dai primi momenti della visione, con l’emergere di un approccio e di elementi specifici. Su tutti il fatto che l’harem è invertito, e quindi Sei viene ben presto circondata da bellocci e ‘figaccioni’ vari (ma questo ci sta), ma nell’aria c’è anche quasi sempre molta gentilezza, dolcezza, educazione e anche una vena di romanticismo. Su questo forse si eccede anche un po’ e non di rado il tutto diventa la fiera dell’ “Arigatou gozaimasu”, “Yoroshiku onegai shimasu”, “Gomen nasai” e così via.
Sei resta comunque un personaggio interessante, bello anche esteticamente, praticamente un ideale per delle giovani impiegate nipponiche oppresse dalle dinamiche d’ufficio. Non le manca una certa ironia e di disincanto, come quando, dopo che viene posta di fronte all’aitante capitano delle guardie Albert Hawke, si lascia scappare un introspettivo “Evviva i mondi paralleli!”.

Come detto in apertura, la serie arriva dallo studio Diomedea, che mette il suo marchio di fabbrica soprattutto nell’estetica, con un character design morbido e gradevole, ambientazione ricche e vividamente colorate e qualche buona animazione, sebbene la storia non ne richieda di complesse. Musiche e canzoni sono armoniose e delicate, del tutto in tema con l’aura che vorrebbe avere la serie.
Per punti contro, se vogliamo, si possono citare il ritmo, che spesso è anche troppo calmo, e poi le classiche negatività da isekai, come la Sei che sviluppa pure la sua dose di abilità “cheat”.

Alla fine non si può dire che “Seijo no Maryoku wa Bannou Desu” sia un brutto anime, di sicuro, essendo più orientato a un pubblico femminile, non è molto nelle mie corde. Ne lodo di sicuro l’estetica, che è appieno nel gruppo di quelle a me più gradite. Resta interessante anche il metterlo a confronto con le opere di pari genere rivolte verso il pubblico dei maschi.