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« Il sadico daimyo [Signore Feudale] Tadanaga Tokugawa ha decretato la prima competizione di arti marziali del Giappone con spade vere, spaventando anche il più fedele dei suoi servitori quando questi realizza la bramosia del suo padrone di voler vedere il sangue scorrere tra gli spadaccini più abili del paese, in un torneo mortale. Tuttavia, quando gli increduli spettatori si rendono conto che il primo incontro vede Gennosuke Fujiki, samurai con un braccio solo, contro il cieco e zoppo Seigen Irako, restano ammutoliti. Anche quelli più tolleranti dichiarano che l'incontro stesso è una farsa e le deformità dei combattenti sono un affronto alla nobile arte della spada e al loro signore.
La maggior parte dei partecipanti però non è a conoscenza del profondo odio che Gennosuke e Seigen nutrono l'uno per l'altro, rancore che deriva dalla loro lotta per diventare l'erede del folle samurai Kogan Iwamoto, leader del famigerato e temuto dojo Kogan-ryuu.
La loro rivalità, un tempo cordiale posizionamento nei ranghi del dojo di Kogan-ryuu e la mano della figlia di Kogan, Mie, diventa rapidamente una turbinosa spirale di violenza, passione e vendetta, quando uno dei giovani guerrieri fa arrabbiare il maestro, provocando un'irrefrenabile catena di eventi che alla fine porterà loro gravi ferite nel corpo e nell'anima, lacerandoli. Shigurui racconta le decisioni che hanno portato Gennosuke e Seigen a questo punto disperato e senza ritorno, così come racconta le molte vite rovinate dalla brutalità della cultura dei samurai, ovvero gli uomini che servono »

Con la blanda enunciazione della trama iniziale, abbiamo solo iniziato a scalfire la superficie di questo manga [concluso] semplicemente straordinario, che andrebbe letto e riflettuto e soppesato almeno una volta all'anno. Il primo aspetto storico/didascalico interessante dell'opera del 2003 del mangaka di Kakugo no Susume (Il Destino di Kakugo) e Magen Senki: Cyber Momotarou (inedito) - per citare due opere meritevoli di attenzione su tante - è la scelta di avvalersi di uno storico del calibro di Norio Nanjō per il suo manga. Norio Nanjō è un romanziere e uno storico d'eccezione (collaborerà con Yamaguchi anche nel 2007 nel bellissimo "Daisan no Kagemusha" [Magic Press] e in altri progetti collaterali, creando un sodalizio piuttosto duraturo con l'autore di Kakugo. In effetti, a ben vedere, Shigurui è dichiaratamente ispirato dal romanzo di Nanjō [Suruga-jō Gozen Jiai] tuttavia non è così semplice la storia di questo manga, come tanti la dipingono: non è la prima volta che "Suruga Castle Gozen Match" (serie di racconti che descrivono l'undicesimo incontro tenutosi davanti al signore del dominio di Sumpu Tadanaga Tokugawa) vengono trasposti in manga/racconto.
L'originale serie di undici racconti di Norio "Suruga Castle Gozen Game" fuori catalogo da molto tempo e ricercatissimo, ripubblicato da Tokuma Bunko il 6 ottobre 2005, è stata spesso oggetto di attenzioni e trasposizioni, anche teatrali.
La versione manga del romanzo originale fu illustrata da Hiroshi Hirata nel 1966 ["Sunpu Terrible Great Game"] (Geibun Comics, successivamente ripubblicato dalla serie Legend Comic) Tuttavia, la versione di Hirata non includeva la storia del "flusso inverso di Mumei" e aveva alcune significative differenze nel nucleo della storia e nei personaggi che presentava. Per l'appunto, il primo episodio di questi racconti ovvero 'Mumyo Gyakureu', selvaggiamente drammatizzato* da Takayuki Yamaguchi, divenne appunto "Shigurui"

Per inquadrare correttamente l'opera non è necessario avere una vasta comprensione, un'infarinata di storia feudale giapponese è più che sufficiente, tuttavia il manga spesso richiama specifici eventi storici o tradizionali, la titolazione stessa del manga è un passaggio più o meno esplicito all'Hagakure, l'antico codice samurai messo spesso in dubbio da molti studiosi di cultura nipponica moderna (come Inazo Nitobe nda)
È proprio nel libro - che si dice incarni l'essenza stessa del Bushido - che troviamo il significato perlopiù letterale del termine "Shigurui" :

«Chi pratica il Bushido è un pazzo. Dozzine di persone uccidono una persona. Ma a volte ci vogliono dozzine di persone per uccidere una persona» (semi cit.)

Shigurui la cui traduzione dagli ideogrammi potrebbe essere qualcosa che suona circa come "La frenesia della morte è qui, ed per tutti" esplica perfettamente questo concetto tra le sue pagine macchiate di sangue, onore, vendetta, dovere e potere. Spesso confondendoli abilmente tra loro. Shigurui riguarda appunto il potere. Prendere il potere, sviluppare il potere, sabotare il potere. Vediamo il potere esercitato in omicidi casuali, gruppi di assassini predoni, esecuzioni improvvise di ronin casuali, il potere sociale di dare cattivi consigli di etichetta, la reclusione del potere di un demone guerriero all'interno di una rigida gerarchia, il potere seduttivo delle belle donne (anche se spesso vittime), il potere di una tecnica marziale tenuta segreta, il potere dell'ossessione, il potere poliedrico, in ogni sua forma.
Shigurui non è una dimostrazione estesa dell'amoralità del potere, ma una dimostrazione plastica degli effetti corruttori del potere, l'immoralità del potere stesso, che diventa immortalità, per certi versi e con il cambio di poche lettere. Impossibile da debellare del tutto, come vedremo nell'epilogo del manga. Il potere stesso verrà abusato nell'opera: sete di sangue, lussuria sessuale, divertimento, orgoglio, denaro, stato sociale e così via.
Nell'opera seinen non c'è quasi nessun personaggio maschile o femminile che possiamo descrivere tranchant come buono o cattivo: per quanto il nostro desiderio di identificarci con il protagonista "eroico" della vicenda, pulsi come una vena pronta a scoppiare e cerchi costantemente conferme assolute mentre giriamo le preziose pagine ricche di significato di questo manga.
Gennosuke Fujiki è un assassino imbrattato di sangue che uccide ripetutamente e per futili motivi fin dalla più tenera età, uccide per rabbia o per ordine del suo padrone, strappa nasi e strazia avversarii, solo per esercitare il potere di altri corrompendo la sua stessa esistenza.
Potremmo allora identificarci con qualche sforzo con lo spadaccino cieco Irako Seigen a causa del suo forte egualitarismo e del modo in cui passiamo la maggior parte del tempo a guardarlo essere ferocemente perseguitato dai suoi fratelli del clan e di conseguenza "giustamente" vendicarsi - tranne per il fatto che Irako viene presentato con ineffabile crudeltà, e alla fin fine viene distrutto dalla sua stessa arroganza, manipola e mente beatamente e uccide il suo primo maestro e cade vittima delle sue ambizioni.
Forse l'unico vero protagonista innocente di questo manga sono le arti marziali? il bushido? La bellezza delle arti marziali, l'allenamento, la disciplina mostrata nelle tavole, potrebbe esserlo se non fosse superata costantemente dall'orrore di ciò per cui "sono" arti letali, in grado di rendere storpia la gente, cieca, mutilarla senza pietà alcuna, tutto racchiuso in una critica tagliente alle politiche che permettono e incoraggiano che tutto questo avvenga impunemente. Ma Shigurui non è una rappresentazione romantica del bushido o di ciò che significa incrollabile lealtà marziale; è una rappresentazione delle modalità di fallimento intrinseche e dell'inevitabile signore che non è degno di lealtà di alcun tipo ma non può essere tranquillamente giustiziato o torturato a morte come merita.
L'effetto prolungato è deprimente. Non ci sono ideali significativi in questa storia apparentemente. I tentativi stessi di insegnare le arti marziali producono semplicemente armi viventi che uccidono senza lacuna remora.
Tutti si usano l'un l'altro. Tutti gli uomini muoiono, e se sconfiggono i loro nemici, sono sconfitti dalla vecchiaia e cadono preda della loro senilità che li fa sbavare come bestie, senza alcuna parvenza di onore, ma nonostante questo il codice ci dice cosa dobbiamo fare. Gli uomini stessi sono un fragile agglomerato di muscoli e viscere, quando vengono rovesciati o gli viene strappata la faccia, sembrano tutti uguali. Il guerriero più forte può essere sconfitto da uno sgambetto accidentale o da un colpo di lama insignificante, e tutti i suoi successi possono essere annullati in un istante. Shigurui è un manga fortemente nichilista e materialista al tempo stesso. L'arte di Yamaguchi è uniformemente eccellente, sontuosa, con sfumature e dettagli encomiabili, tavole preziose, uniche e ricercate, un uso magistrale di tutte le tecniche più complesse con retini, pennini, ed inchiostro: verso la fine, mi sono ritrovato a fermarmi ad ammirare le venature del legno di un pannello del castello. Alcuni trucchi narrativi del manga funzionano molto bene, mostrare (senza alcun commento o distinzione visiva) alcuni possibili scenari o esiti per poi tornare bruscamente al presente (si vedono i personaggi morire una dozzina di morti prima che muoiano realmente) rende molto bene alcuni concetti del Bushido: «La via del samurai si concretizza nella morte» - «La meditazione sulla morte inevitabile dovrebbe essere eseguita ogni giorno dal samurai»
Il manga termina bruscamente, senza risoluzioni solo per chi è rimasto disattento o vittima delle circostanze, per chi ha scelto un dojo rispetto all'altro, per chi ha provato compassione, chi voleva un vincitore ed uno sconfitto. Il finale di Shigurui ingiustamente deriso da molti pseudo recensori e dipinto come fin troppo brusco ed insoddisfacente, cela in realtà la perfetta esegesi dell'opera stessa di Norio e Yamaguchi. La chiave per capire la fine dell'opera è presente in realtà in tutto il manga, resa esplicita nella scena finale. Il tema della storia fin dall'inizio è l'effetto di un mondo crudele sulle persone al suo interno.

Segue la spiegazione del finale, che ho già scritto sul mio piccolo blog su Animeclick, ovviamente, dove possiamo commentarla tutti assieme, volendo.

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~ All'inizio del manga siamo spinti a credere che la fonte di tutto il male sia nel dojo di Kogan e che i suoi discepoli, una volta messi sulla sua strada, siano intrappolati in un ciclo distruttivo che li costringe a brutalità assortite e sanguinosi scontri.
Ma già ci è stato presentato Lord Tadanaga al Castello di Sunpu, il signore folle ed egoista che mette in moto il duello finale. Lui, come Kogan, è crudele, depravato ed ossessionato dal potere. E, mentre la storia continua, vediamo molti personaggi periferici che sono semplicemente sadici o malvagi per il semplice gusto di farlo, di poter esercitare il potere. In caso contrario, vengono presto corrotti da coloro che li circondano. Così la scena è dunque impostata. Il mondo è un luogo crudele e corrotto ma i protagonisti di questo violento teatro sono altresì determinati a scappare da esso in un modo o nell'altro. Irako e Fujiki provengono dalla stessa storia. Entrambi sono poveri e di basso ceto sociale. Entrambi sono orribilmente vittime di bullismo da parte delle classi dei samurai ed entrambi traggono la loro motivazione da questo abuso. Una sorta di rivalsa, ma la differenza è che, mentre Irako combatte contro il sistema, scalando i ranghi assassini per dimostrare che non c'è verità nella gerarchia, Fujiki accetta l'ideologia dei samurai. Si sforza di elevarsi nel mondo attraverso il dovere e la lealtà verso il clan che lo ha adottato, allenato, riconosciuto.
Nel frattempo, il mondo continua a corrompere entrambi gli uomini. metodicamente, senza tregua, li pone dinnanzi a scenari disperati, ad ingoiare amaro. Le loro decisioni li portano entrambi a commettere terribili atrocità e diventare poco più che strumenti di morte, Irako per se stesso e Fujiki per coloro che lo circondano. Chi ama davvero Mie, la figlia del sensei Kogan-ryuu? Forse nemmeno il padre. Mie in realtà non è così diversa da Irako o Fujiki, in quanto lei, come loro e, in effetti, come Iku, ha bisogno di sfuggire agli orrori del mondo che la circonda, disperatamente.
Essendo una donna, non fa ricorso alla posizione e al potere sociale, quindi si rivolge ai due uomini, entrambi hanno il potenziale per sposarla e finalmente strapparla da questo mondo crudele, ancora una volta, potere. Il potere esercitato da una giovane e bellissima ragazza su due uomini. Inizialmente Mie resta affascinanta da Irako, l'uomo che "non è un burattino", colui che, in quel momento, ha il potenziale per salvarla dalla vita - a tratti atroce - che sta vivendo. Ma la ragazza, circa a metà dell'opera realizza la sconvolgente realtà: Irako è cattivo almeno quanto Fujiki. La sua ambizione di ribaltare il sistema codificato della casta dei samurai lo ha corrotto tanto quanto il sistema marziale stesso ha corrotto Fujiki.
Entrambi sono prodotti - loro malgrado - di questo mondo terribile e nessuno dei due le offrirà la sua redenzione. "Mie" deriva dal verbo giapponese "vedere" ma significa anche "visibile": Mie alla fine, è l'unica che vede la verità che la circonda. Irako, che ha successo nelle sue ambizioni, non è in grado di vedere che quelle stesse ambizioni lo hanno trasformato nell'unica cosa contro cui stava combattendo. Al contrario, Fujiki potrebbe essere in grado di per vedere la corruzione ma, paralizzato dal dovere, non può più agire, solo ubbidire e servire "saburo" appunto - servire -
Quindi Irako, il samurai che non può vedere, è accecato. E Fujiki, il samurai che non sa recitare, perde il braccio. Uno non vede ma agisce, altro vede ma non agisce. Mie rimane fedele al suo desiderio di amare qualunque uomo non sia un burattino, qualunque sia in grado di elevarsi al di sopra della corruzione stessa, non le importa se deve essere Fujiki o Irako?
Prova attrazione per Irako all'inizio, ma molto lentamente, l'equilibrio si sposta su Fujiki. Quando uccide Kogan, Irako è diventato un mostro ai suoi occhi. Il suo comportamento peggiora man mano che la storia continua. Trova sempre più facile uccidere, possedere amanti, nonostante la indefessa devozione di Iku per lui. Finisce persino per ucciderne diversi, apparentemente per un piacere malsano. Anche con Iku, si comporta in modo depravato, arrivando al punto di far l'amore con lei su una statua profanata in un santuario buddista. Nei capitoli finali, Fujiki subisce uno straordinario cambiamento però. Lui, come Irako, è stato completamente corrotto dal mondo che lo circonda. Questo arriva al culmine sia spiritualmente che fisicamente (quando sfida e mutila un giovane studente nella tenuta di Sasahara e questi grida "è solo un bambino!") qualcosa sembra scattare nella testa di Fujiki. Il narratore descrive il suo cuore come se fosse "in suppurazione" [fonte originale del manga]. E nel profondo della sua corruzione morale e spirituale, il suo corpo cede infine e cade in coma.
Questo evento può essere considerato una sorta di morte e resurrezione simbolica per il personaggio di Gennosuke Fujiki.
Successivamente, Fujiki è completamente trasformato e rinasce per la prima volta come un uomo capace di pensare ed agire da solo, non più obnubilato dal dovere, dalla sua posizione sociale, dal suo dojo, dai suoi doveri di rango o casta. Avendo parlato a malapena per tutto il manga, improvvisamente promette il suo amore a Mie, che resta senza parole, ma con il cuore gonfio di felicità. Sceglie di sposarla, ma a differenza di prima, non per dovere ma per esplicito amore. L'unica cosa che il nuovo Fujiki ha conservato rispetto a quello vecchio, è la sua volontà di uccidere Irako, desiderio che in precedenza era nato dalla vendetta, ma ora persiste come volontà di porre fine alla sua vecchia vita ed iniziare un nuovo mondo con Mie, un'idea che ha preso forma nella loro decisione di consumare il matrimonio il giorno della morte di Irako, fortemente significativo.
Ancora più importante, nel loro scontro finale, incipit del manga, Irako e Fujiki hanno, a modo loro, di fare la tanto agognata pace. Sono la stessa cosa, due facce della stessa medaglia. Quando Iku spiega il passato di Fujiki a Irako, alla fine riconosce che condividono le stesse motivazioni. A sua volta, consegna la medicina [testa della scimmia] che effettua la "resurrezione" di Fujiki. Poi, proprio mentre sta per ucciderlo, Fujiki arriva a comprendere la natura stessa di Irako: ricordando di come Irako si fosse ammalato dopo che gli era stato ordinato di uccidere - "Irako era malato/stava male all'idea di dover uccidere per gli altri" [fonte originale manga]
C'è molto nel testo che suggerisce che Fujiki provasse sentimenti per Irako più forti di quanto avesse mai lasciato intendere. Il fatto di aver notato le labbra e gli occhi di Irako, per esempio, e di essere stato sconfitto nel loro primissimo combattimento proprio da questi tratti, suggerisce che Fujiki potrebbe aver provato desiderio fisico per Irako, desiderio che lo ha distratto nel duello in corso. La loro appassionata rivalità è come quella degli innamorati. Quando Fujiki incontra Irako sulle scale, verso la fine della storia, il suo naso sanguina, e di solito questo aspetto è un segno evidente che un uomo è sessualmente eccitato nei manga giapponesi. Infine, nell'istante della morte stessa di Irako, i due uomini vengono mostrati nudi, non in lotta ma in un istante di tenerezza. Alla fine, non sono mai stati nemici. Irako deve morire perché la corruzione lo ha sconfitto. La sua vita di depravazione e omicidio lo ha portato a diventare la morte stessa, ed è raffigurato come un cadavere senza carne. La sua redenzione è attraverso la morte. Fujiki ha già subito la morte e la resurrezione e, non più un burattino e incorrotto, è in grado di sferrare un ultimo misericordioso colpo al suo rivale senza vendetta ne odio nella sua mente. Nell'istante della morte di Irako, entrambi gli uomini hanno raggiunto ciò per cui lottavano: fuggire dalla crudeltà del mondo. È un'idea ferma da un ulteriore impatto narrativo, la decisione di Iku di seguire Irako nell'aldilà; il testo la descrive come aver raggiunto l'illuminazione buddista, in linea con l'intero tema del manga. Con la morte di Irako, l'ultimo legame terreno di Iku è stato tagliato e lei è finalmente libera.

Ma non tutto è come sembra.
La terribile verità arriva ai sopravvissuti, affermata cinicamente all'inizio della battaglia stessa: "tutto è una finzione, la morte è l'unica sincerità".
Quando il daymyo inizia a gridare a Fujiki, costringendolo a decapitare il cadavere di Irako, promettendogli un futuro al servizio del clan Tadanaga, la verità infine viene rivelata: il mondo corrotto chiede a Fujiki di tornare ad essere il suo burattino. Mie lo capisce. Nell'istante in cui si china per prendere la testa di Irako, l'uomo che ama, svegliatosi dal coma, è ormai sparito. Il burattino Fujiki è tornato.
Per la prima volta Fujiki lo capisce consapevolmente, motivo per cui è subito prosciugato di vita e di forza. In quegli ultimi fotogrammi del manga, Fujiki è morto almeno quanto Mie. Non poteva finire diversamente. Se Irako avesse ucciso Fujiki, la corruzione avrebbe vinto. Se Fujiki avesse ucciso Irako per vendetta, la corruzione avrebbe comunque vinto. Se Mie avesse continuato a vivere e avesse permesso a se stessa e al marito di servire Tadanaga, la corruzione avrebbe infine vinto. La bellezza infinita di questa storia è che, per un solo, singolo momento, tutti e tre i mostri hanno trasceso il mondo che li ha resi mostri e sono stati liberi. Anche se solo per un istante, un istante di frenesia. Shigurui.

Grazie dell'attenzione °_^