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Ci eravamo lasciati con tante domande, ma una su tutte era la più importante? dunque, è possibile tornare a casa? "Alice in Borderland" aveva catturato mente e cuore dei suoi spettatori regalando loro avvincenti e strampalati giochi mortali che non soltanto mettessero a dura prova i giocatori, ma che permettessero loro di esaltare le proprie qualità individuali. E ce lo eravamo fatti bastare, perché l'adrenalina ricevuta in cambio valeva tutte le ore spese. Ok, tornare a casa è importante, ma non è che dobbiamo tornarci immediatamente, no?

"Alice in Borderland" porta avanti il suo racconto, ripercorrendo il filone con cui ci eravamo lasciati, l'unico a cui fosse possibile aggrapparsi, ovvero le carte da gioco. Il mazzo non è completo, mancano le sfide più difficili da affrontare, ma sembra che forse, tornare a casa possa effettivamente essere una delle opzioni.

Arisu & co. si troveranno a fronteggiare i vari rappresentanti delle figure delle carte, fante, donna e regio di ogni seme. Il primo che appare si direbbe il Re di Picche, uno spietato pistolero al cui game si partecipa senza iscriversi e senza conoscere le regole. Un tremendo massacro si consuma sotto gli occhi degli sfortunati ragazzi, che finiscono col disperdersi nel tentativo di sopravvivere. Su tutti sarà Chishiya a catturarci lo sguardo nel suo solitario percorso, affrontando i game di Quadri mettendo in mostra tutta l'astuzia di cui si è dimostrato sin da subito dotato, caratteristica decisiva che si mescola perfettamente alla sua capacità di manipolare chi gli sta intorno e di mantenere il sangue freddo, di capire, come Arisu nella sua zona di operato, che aver paura di morire è solo il primo passo verso la morte.

Il tutto è accompagnato da una regia meticolosa e maniacalmente attenta ai dettagli, che mescola i preziosi dialoghi e le rocambolesche azioni dei personaggi a sottofondi sonori profondi ed esaltanti, mettendo in mostra eccezionali prove attoriali sul piano degli sguardi e dei toni, sancendo tra l'altro un netto miglioramento rispetto al primo volume del racconto. Nota di merito assoluta anche per i doppiatori di lingua italiana, magistrali, perfetti.

"Alice in Borderland" porta avanti il suo racconto mettendo faccia a faccia i due lati delle medaglie dei personaggi, dando forma a scontri d'ideale che denuderanno di ogni maschera gli sventurati ragazzi, due su tutti, Arisu e Kyuma. Il loro scambio di battute, la disperazione di Arisu che sbatte violentemente contro la forza d'animo del suo imbattibile avversario, ci narra da solo cosa "Alice in Borderland" si è preso la briga di volerci raccontare. Esiste una ragione per vivere? Questa è la domanda che si aggiunge a quella precedente, quasi a voler indicare quanto sia forte il legame che unisce le due risposte, positive o negative che siano, visto che la risposta è diversa per ognuno di noi. Persino Chishiya finisce col dimostrarsi umano, e lo fa a modo suo, giocandosi il tutto per tutto. Arisu e Usagi, fronteggiando la Regina di Picche, dimostreranno che tra vivere e sopravvivere esiste una bella differenza, non che non si sappia, ma ogni tanto fa bene ricordarlo, anche perché non si è altrettanto certi che esista una bella differenza pure tra sopravvivere e morire. Questo triangolo concettuale che unisce vita, morte e sopravvivenza, decostruisce totalmente il semplice, seppur avvincente, gioco al massacro di cui ci eravamo fin qui beati (più o meno), sbattendoci in faccia la dura realtà delle cose, o le dure realtà (?) e troverà la sua consacrazione nel mastodontico game finale. Probabilmente è difficile rendere proprie le emozioni che vivono i personaggi di questa meravigliosa (più o meno) storia, solo perché giocare con la morte non è proprio cosa da tutti i giorni; potendo scegliere, molto meglio una tranquilla passeggiata in una bella giornata di sole, magari in compagnia di chi si ama, no?