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6.0/10
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Ammetto di essere un po’ in difficoltà a recensire “Mushishi”, apprezzatissimo seinen di Yuki Urushibara, pubblicato originariamente tra il 1999 e il 2008, per un totale di 10 volumi. Difficoltà che attribuisco al peso di dover descrivere un parere non entusiasmante su un’opera amata ed elogiata apparentemente da tutti, della quale fino a questo momento non ho ancora sentito un’opinione anche solo moderata. Ma d’altronde si sa che a volte una grande aspettativa può tramutarsi in una grande delusione se l’opera che leggiamo non ci soddisfa come ci saremmo immaginati. Cercherò quindi di descrivere questa delusione, evidenziando comunque le qualità di una manga indubbiamente valido, ma che alla fine mi ha lasciato ben poco.

In primo luogo, “Mushishi” è totalmente strutturato attraverso vicende autoconclusive, il che sia ben chiaro non è un difetto di per sé, ma purtroppo è una caratteristica che con le dovute eccezioni, faccio sempre fatica a digerire. Purtroppo, quest’opera non è rientrata tra le eccezioni. È chiaramente un mio limite, ma soprattutto quando si parla di storie serie e impegnate, da un punto di vista tematico, sociale o morale, faccio fatica a rimanere interessato per un discreto lasso di tempo se non ho anche solo una piccola prospettiva nello sviluppo delle vicende, dei personaggi o del contesto in cui si ambienta la storia. Naturalmente, il fatto che in “Mushishi” ogni capitolo sia del tutto autonomo ha permesso all’autrice di sbizzarrirsi nella creazione di vicende diverse e particolari, rinnovando il tipo di racconto e spaziando nella costruzione degli eventi. Purtroppo, qui è arrivato il secondo boccone amaro per me. Se è vero che “Mushishi” è un’opera potenzialmente dal forte impatto emotivo, al tempo stesso devo confessare che il 90% delle storie raccontate mi hanno lasciato del tutto indifferente. Sia ben chiaro, alcuni capitoli sono davvero degni di nota e in generale in storie di questo tipo è sempre lecito aspettarsi che ogni tanto vi sia qualche vicenda meno ispirata del solito. Ma la maggior parte dei racconti non mi ha trasmesso nulla ed è un fatto (totalmente soggettivo) che non posso trascurare nella mia valutazione. Riconosco comunque la bravura di non eccedere in una facile retorica che avrebbe potuto rovinare dei racconti spesso affascinanti proprio per la loro naturalezza e per l’armonia che si respira nella narrazione.
Benché l’opera mi abbia complessivamente deluso per i motivi sopracitati, vi sono comunque numerosi pregi che ho riscontrato e che credo sia corretto riportare. Il disegno è davvero bello è suggestivo, riesce a valorizzare con efficacia un mondo in parte mistico e surreale come quello dei mushi. E qui è giusto sottolineare la grande originalità che sta dietro a un immaginario pieno di sfaccettature e interpretazioni. In generale l’atmosfera del manga è molto riuscita, rilassata, pacifica e anche poetica.

Nonostante le indubbie qualità dell’opera in questione, la mia esperienza con questo manga è stata perlopiù deludente. Le alte aspettative verso un titolo così amato spiegano solo in minima parte una delusione che attribuisco soprattutto alla difficoltà di apprezzare delle vicende che per quanto suggestive, rimangono perennemente fine a sé stesse, senza offrire prospettive e una minima progressione agli eventi. Ma il vero tassello mancante per apprezzare questa lettura per me è stata la componente emotiva. Non ci posso fare nulla, ma la maggior parte dei racconti presentati non mi hanno coinvolto emotivamente e il più delle volte li ho letti in un modo un po’ forzato e distaccato. Sarebbe ingiusto dare un’insufficienza a un opera cosi ben realizzata sotto il piano artistico solo per una questione di puro gusto personale, ma per lo stesso motivo, non mi sento di andare oltre nella valutazione.