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“Horizon: Forbidden West” è un titolo che ha saputo conquistarmi più a fondo e più a lungo di “Zero Dawn”. Non senza riserve, l’ho trovato un gioco davvero riuscito, in grado di mantenere i punti di forza del suo predecessore, correggendone anche alcune sbavature, pur mantenendo qualche ingenuità strutturale che tuttavia non pesa troppo nell’esperienza complessiva.

L’aspetto che mi ha stupido di più di questo secondo capitolo è la progressione e la profondità con cui ha saputo catturarmi. Il primo “Horizon” mi piacque fin dall’inizio, ma nel corso delle circa 35 ore con cui lo completai, il mio interesse rimase stabile senza sorprese particolari, comprendendone abbastanza presto pregi e difetti e conseguentemente limitandomi a concludere la main quest e solo una parte delle attività secondarie. Questo “Forbidden West” invece è stato molto diverso per me. La parte iniziale non mi ha dato un’impressione troppo positiva e per un po’ di ore ho avuto la sensazione di trovarmi di fronte a un seguito valido, ma in cui mancava il fattore novità e che presentava una trama piuttosto debole. Ma lo sviluppo del gioco mi ha stupito e mi ha spinto a platinarlo, giocandoci per ben 65 ore. Ciò è essenzialmente dovuto al fatto che, a mio avviso, “Forbidden West” riesce a rinnovarsi nel corso dell’avventura molto meglio del suo predecessore, grazie a un gameplay ancora più ricco, una mappa interessante e soprattutto una struttura di gioco più completa, dove anche le missioni secondarie hanno saputo ritagliarsi uno spazio più interessante.

Partendo dall’elemento più avvincente del gioco, ovvero il gameplay, si può dire che gli sviluppatori siano riusciti a riprendere, valorizzare e approfondire tutto l’ottimo combat system che si era visto nel primo capitolo. Gli scontri con le macchine rimangono il fiore all’occhiello dell’esperienza, grazie a delle battaglie elaborate e strategiche, dove potremmo scatenare tutto l’enorme arsenale di armi che il gioco ci mette a disposizione, optando per l’approccio a noi più congeniale. Non a caso, è molto divertente affrontare le macchine sia a viso aperto, che con approcci più silenziosi e studiati. Il tutto contornato da un buon ramo delle abilità e da comandi intuitivi e immediati. Parlando sempre di combat system, bisogna ammettere che forse i progressi più notevoli sono stati fatti con il combattimento corpo a corpo contro gli umani. Su questo fronte il primo era veramente debole e restituiva un feedback pessimo, mentre questo secondo, pur non facendo miracoli, riesce a renderlo quantomeno dignitoso, trasmettendo delle sensazioni più soddisfacenti e arricchendolo di tante abilità e funzioni che impareremo nel corso del gioco. Insomma, questa volta gli sviluppatori hanno fatto centro nel valorizzare sia le battaglie con le macchine che quelle con gli umani, ed entrambe le tipologie condividono il fatto che miglioreranno progressivamente nel corso dell’avventura, esprimendo il massimo del loro potenziale una volta apprese tutte le conoscenze e abilità al completo.

Tecnicamente parlando il gioco è una gioia per gli occhi, ma su questo punto forse il predecessore poteva vantare un comparto grafico più sorprendente per il suo periodo di uscita. “Forbidden West” è un titolo cross-gen, e si vede, ma offre comunque un colpo d’occhio meraviglioso. Molto bella anche la mappa che offre tanti ambienti differenti e che sprona il giocatore ad esplorarne ogni frammento. Anche in questo caso l’esplorazione diventa più gustosa man mano che si va avanti e si ottengono gli strumenti necessari a svelare ingressi prima inaccessibili e si ottiene il controllo di macchine che renderanno i nostri spostamenti sempre più spettacolari (in particolare quello che si ottiene verso la fine durante la storia). Graditissima l’introduzione dell’ala scudo.
L’open world di “Forbidden West” è chiaramente un open world che sta invecchiando velocemente, pieno di segnalini e di missioni a mo’ di “lista della spesa”. Ma pur rientrando in questa categoria risulta divertentissimo da completare, alternando le varie attività principali con quelle secondarie, ora molto più varie e interessanti. Diciamo che per un open world di questo tipo, “Forbidden West” rappresenta quasi il top. Dico quasi perché comunque rimangono alcune attività rivedibili, come le corse, i terreni di caccia e l’arena. Anche le missioni secondarie propriamente dette non sono tutte interessanti allo stesso modo, e alcuni scontri all’interno di queste secondo me sono stati pensati in modo un po’ pigro.
Nonostante questa lunga lista di pregi, per me persistono in questa serie alcuni limiti importanti. Il comparto narrativo continua a lasciarmi delle perplessità. È vero che è stata migliorata moltissimo la regia nei filmati di intermezzo. Ma tutta la parte iniziale mi ha sinceramente annoiato e secondo me ha fallito nel riallacciarsi al primo capitolo nel modo corretto. Senza fare spoiler, il gioco sembra dare per scontato che tu abbia finito “Zero Dawn” non più di qualche mese prima, offrendo un riassunto mediocre e presentando un sacco di situazioni e riferimenti incomprensibili per chi come il sottoscritto lo giocò nel 2017. Da un certo punto in poi la storia si fa più interessante, ma personalmente non è mai stato uno stimolo serie a proseguire nell’avventura che invece mi ha catturato per altro. I personaggi li ritengo un punto debole importante, anonimi e privi di spessore, sia quelli della main quest, ma anche e soprattutto quelli delle secondarie, gente tutta uguale e per nulla riconoscibile. I dialoghi negli intermezzi sono sempre troppo lunghi e costituiti da frasi fatte, anche qui il discorso vale in generale, ma soprattutto nelle secondarie.

Per concludere, “Forbidden West” è stato un ottimo sequel, un gioco che è riuscito a spingermi al completismo grazie a un gameplay ricco, variegato e a un open world ispirato e ben strutturato. Tecnicamente su PS5 fa la sua figura, pur essendo cross-gen, e migliora alcune delle note più dolenti del predecessore. Vi sono alcuni limiti, anche banali, qua e là, ma l’esperienza complessiva è stata coinvolgente e appagante.