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3.0/10
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Mi fa veramente strano pensare che all’inizio del 2012, quando “Toriko” sbarcò in Italia grazie a Star Comics, si respirasse una trepidante attesa per quello che sembrava dovesse diventare uno degli shonen più importanti dell’epoca. In particolare, si puntava molto sull’idea che potesse essere un possibile erede di “One Piece” e non a caso per pompare l’anime vennero realizzati con quest’ultimo diversi crossover. Ma nonostante tutti gli sforzi pubblicitari, qualcosa deve essere andato storto. Perché oggi il manga di Mitsutoshi Shimabukuro sembra caduto nell’oblio, un’opera della quale non si è più parlato e nessuno sembra ricordarselo. Anche nella mia personale esperienza è rimasto il ricordo di un’opera che tutti cominciarono, ma che ben pochi portarono a termine. A che cosa è dovuto questo allontanamento di massa? Com’è possibile che un’opera così tanto spinta a livello di marketing sia sparita dalle menti dei lettori? Semplice, “Toriko” è manga mediocre che ha avuto uno sviluppo a dir poco atroce. Durato ben 43 volumi, ha progressivamente perso il proprio pubblico e non è stato minimamente in grado di lasciare anche un piccolo segno tra coloro che nel bene o nel male l’avevano seguito fino alla fine.

Spinto dalla voglia di avere una visione più chiara su un’opera che inizialmente mi aveva colpito per poi deludermi a bomba verso la fine, decisi qualche mese fa di rileggerlo tutto, sia nella speranza di rivalutare le parti che mi erano sembrate più brutte, ma anche col timore di dover accettare il fatto che il manga fosse stato pessimo fin dal primo numero, dovendo ammettere quindi di aver avuto un abbaglio iniziale. In realtà non si è rivelata corretta nessuna delle due ipotesi, perché “Toriko” è effettivamente un manga passabile per una buona porzione di tempo, ma che viene rovinato da un’evoluzione degli eventi talmente povera e sconclusionata da rovinare tutto quello che di buono si era visto prima.

Ma andiamo con ordine. Le premesse sono abbastanza buone, abbiamo una storia d’avventura con delle vicende discretamente interessanti, un disegno valido e una trama, per quanto semplice, piuttosto apprezzabile. Anche nella parte migliore del manga (la prima quindicina di volumi circa) risultano palesi alcuni limiti dell’opera: i personaggi sono imbarazzanti e totalmente privi di carisma, il mondo in cui è ambientata la storia e su cui ricadono spesso le attenzioni dell’autore non ispira troppa fiducia e in generale tutta la narrazione finisce per essere veramente troppo didascalica. Fiumi di testi per descrivere dettagli fini a sé stessi, dialoghi pedanti totalmente esagerati e interventi continui dell’autore che ci tiene a spiegarci la rava e la fava di ogni cosa che succede davanti ai nostri occhi. Insomma, la componente testuale è davvero eccessiva considerando la natura dell’opera e la qualità di scrittura dell’autore e talvolta finisce per ammazzare il ritmo della lettura. Eppure, nonostante questi palesi problemi, il manga fino a un certo punto funziona e la curiosità di leggere il capitolo successivo non manca mai. Ecco però che dopo gli eventi della “Zuppa del Secolo” le cose iniziano a farsi un po’ meno interessanti, quasi come se l’autore volesse mettere in pausa la traccia principale per sviluppare storie totalmente autoconclusive e che iniziano a farsi piuttosto ripetitive.

Tra i volumi 15 e 18 circa si fa largo nel lettore la consapevolezza che, se fino a quel momento aveva legittimamente sperato in un salto di qualità credendo di leggere solo le basi di una storia che sarebbe migliorata notevolmente, sia meglio abbassare le aspettative perché le modeste qualità dell’autore si fanno sentire sempre di più. Dal volume 20 in poi la trama prende una piega molto opinabile e le vicende si fanno decisamente più banali. È bene tuttavia sottolineare che il declino del manga, che in retrospettiva appare evidente e clamoroso, sia in realtà difficile da percepire a lettura in corso perché molto graduale. Anzi, occasionalmente sembra che l’opera possa tirare fuori qualche guizzo divertente e imprevedibile. Tutta la porzione di storia compresa tra i volumi 20 e 29 è un susseguirsi di aspettative e delusioni. La narrazione si fa estremamente altalenante e anche se alcuni eventi si salvano, il giudizio complessivo per queste vicende è insufficiente.
Eppure, questo è solo l’antipasto di ciò che si vede nell’ultima saga, quella tra i volumi 30 e 43. Qui si raggiunge l’apice del trash e del non-sense. Nulla ha più senso e ogni traccia narrativa si trascina con forza verso una conclusione sempre più agognata che tuttavia sembra non giungere mai. Un supplizio inenarrabile nel quale il difetto peggiore dell’opera, l’eccessiva verbosità, esplode in un susseguirsi di dialoghi interminabili, didascalie infinite che descrivono il vuoto cosmico nel quale sembra essere finita la mente dell’autore, ormai totalmente abbandonato da un racconto dove vale tutto. Gli ultimi volumi sono incomprensibili, dei polpettoni che mandi giù solo perché vuoi farla finita, ma la confusione della trama è tale che è impossibile giustificare una qualunque delle cose che si pareranno di fronte ai nostri occhi. Mi sbilancio nel dire che la saga finale di “Toriko” sia attualmente la cosa più brutta che abbia mai letto, se potessi dare un voto unicamente a questa parte di storia sarebbe un bel 1/10, giusto perché ritengo lo 0 troppo offensivo per qualunque opera sia il frutto, per quanto scadente, del lavoro di un uomo.

“Toriko” avrebbe dovuto fare una cosa molto semplice, avrebbe dovuto finire prima, molto prima. Di shonen che vanno avanti più del dovuto compromettendo le proprie qualità non ce ne sono stati pochi nella storia, ma vi assicuro che questo li batte tutti. Fosse durato una quindicina di volumi e avesse avuto una lettura più essenziale sarebbe stato un discreto manga battle d’avventura da leggere senza grosse pretese. Ma il punto è proprio questo. “Toriko” le pretese ce le ha eccome. È un’opera ossessionata da un world building mediocre che sacrifica tutto il resto, finendo per risultare ammorbante e tediosa. Personalmente non lo consiglio a nessuno, perché dello stesso genere c’è roba drasticamente più interessate e divertente. Da leggere al massimo per farsi un’idea di come non si scrive e non si realizza una storia di questo tipo. Perché per creare una storia e un contesto interessante in grado di catturare l’attenzione del lettore per più di 40 volumi ci vogliono molta fantasia e creatività, caratteristiche essenziali che in quest’opera senz’anima mancano totalmente.