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Kirad

Episodi visti: 1/1 --- Voto 5,5
Avendo trovato diversi commenti positivi, mi ero incuriosito su quest’anime, ma dopo la visione ritengo che potevo anche farne a meno.

“Megazone 23” è nato sulla scia di “Macross”, dato che ne riprende la tematica di robot trasformabili inseriti in una storia di guerra che dà grande importanza alle canzoni. Anche il design dei personaggi è dello stesso autore di quello di “Macross”. Ma rispetto alla saga più famosa questo titolo è piuttosto deludente, in primo luogo a causa di una narrazione piuttosto insipida che non è mai riuscita a farmi parteggiare per i protagonisti.
Oltre a questo motivo, devo aggiungere che non solo i personaggi sono alquanto semplici e stereotipati, ma anche l’atteggiamento di Shogo, l’eroe, ad un certo punto mi ha lasciato allibito: ha scoperto il segreto del suo mondo, sa di avere a che fare con persone pericolose, eppure, passato l’iniziale sconcerto, riprende la sua vita come se nulla fosse, senza preoccuparsi di quello che può succedere a lui e alle persone a cui tiene. Solo dopo un fatto terribile sembra finalmente svegliarsi, ma siccome questo fatto è accaduto soprattutto a causa del suo eccessivo menefreghismo, trovo difficile non detestarlo per la sua stupidità.

Altro problema è la trama: in teoria le buone idee ci sarebbero pure state, però vengono sviluppate in maniera troppo semplicistica, e se uniamo questo alla narrazione incolore, abbiamo scoperte che dovrebbero essere sconvolgenti, una storia d’amore che dovrebbe emozionare, un dramma che dovrebbe addolorare, e invece non coinvolgono affatto, sono cose che accadono e basta.
Come se non bastasse, ci sono pure alcune grosse ingenuità narrative e qualche ‘spiegone’ che troppo chiaramente serve solo a velocizzare il racconto.
Quello della velocità è comunque un vero pregio della serie, perché ha un buon ritmo: gli eventi si susseguono senza lungaggini, e insieme a delle scene d’azione non eccelse ma comunque accettabili, il racconto riesce sempre a tenere desta l’attenzione. Non è poco per un OAV di quasi ottanta minuti con del materiale narrativo non molto esaltante.

Riguardo le animazioni, non le ho trovate pessime, anche se oggi possono risultare un po’ invecchiate, mentre il design creato da Haruhiko Mikimoto è sempre gradevole, specie per le figure femminili.
Le musiche invece non sono nulla di particolare, nemmeno quelle della misteriosa Eve, ed è grave se pensiamo invece all’ottimo utilizzo che veniva fatto in “Macross”.

Insomma, “Megazone 23” non è il peggiore dei titoli, ma neppure qualcosa degno di grande attenzione.


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oberyncloude

Episodi visti: 1/1 --- Voto 5
Sono rimasto molto perplesso alla fine della visione della prima parte di "Megazone 23".
Fatta esclusione per le belle e fluide animazioni e un ottimo character design, tutto il resto è abbastanza trascurabile. Avevo letto ovunque inoltre che questo anime avrebbe "ispirato Matrix", cosa a mio avviso molto lontana dalla verità. "Megazone 23" arriva troppo tardi sull'argomento "realtà simulata da un IA" (oltretutto lo fa in una maniera superficiale e rapida): la letteratura americana lo anticipa di vent'anni circa, con un libro, "Simulacron 3" di Daniel Galouye, considerato uno dei primissimi esempi di letteratura di fantascienza a trattare la tematica della divisione tra realtà e verità simulata e a porre al centro della storia la simulazione effettuata da un computer e dei personaggi che scoprono l'inganno di vivere al suo interno.
Lo stesso Philip K. Dick aveva trattato l'argomento in un discorso del 1977. Per cui sono molto più probabilmente queste le influenze per "Matrix" delle Wachowski, piuttosto che un OAV poco rilevante e anche poco ispirato.

Rimossa dunque una tematica che non è affatto originale, "Megazone 23" purtroppo offre ben poco allo spettatore, tra fanservice, personaggi sviluppati in fretta e furia e dialoghi imbarazzanti. Non credo vedrò la seconda e terza parte.


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AkiraSakura

Episodi visti: 1/1 --- Voto 9
La prima parola che mi viene in mente quando ripenso al primo episodio di "Megazone 23" è molto usata nel gergo comune. Eh sì, quest'opera di Noboru Ishigoro è proprio una "figata": il character design di Toshihiro Hirano, la idol virtuale anni '80 disegnata da Haruhiko Mikimoto che canta brani j-pop da paura, la moto che si trasforma in un robot, la guerra intergalattica e il suggestivo supercomputer gigante che illude il genere umano, confinato nell'illusoria "Megazona 23" che ispirerà la triologia di "Matrix"...

In sostanza, questo piccolo capolavoro riprende gli elementi che fecero il successo di "Macross" e li porta all'estremo, arrivando anche a proporre, molto coraggiosamente, alcune scene di violenza e sesso (cosa inaudita nel lontano 1985!). Non manca comunque una sfumatura più prettamente romantica e sci-fi, resa grandiosa delle musiche di un Shiro Sagisu al massimo dell'ispirazione e in grado di mescolare, con successo, le varie tendenze pop/rock di moda negli anni '80, dando origine ad una folgorante alchimia di incursioni di tastiere, sintetizzatori e assoli di chitarra elettrica.

La regia perfetta di Ishigoro (che undici anni prima aveva diretto il classico senza tempo "Corazzata spaziale Yamato") sincronizza la devastante colonna sonora a scene d'azione spettacolari e coreografie mozzafiato. Tutto questo senza disdegnare l'aspetto più rilassato e "slice of life" che caratterizzò il precedente "Macross", altra opera seminale con Ishigoro alla regia e Mikimoto al character design.

Purtroppo non posso assegnare il massimo dei voti perché la sceneggiatura soffre di tempi dosati in modo assai poco omogeneo: la parte iniziale è troppo lenta, quella finale troppo frettolosa. Infatti nella prima mezz'ora ci sembrerà di vedere una commedia sentimentale standard, che si trasformerà nell'acclamata "figata" sci-fi in modo alquanto repentino a circa metà film. Ho comunque apprezzato la prima parte, in quanto in essa si sviluppa il rapporto romantico tra i due protagonisti, che fornisce quel "tocco in più" all'accattivante storia. Il finale è abbastanza aperto, e per conoscere la vera conclusione della vicenda è necessario passare al secondo film del 1986.

In conclusione, devo ammettere che questo "Megazone 23" è il migliore della triologia; un prodotto creato da uno staff di prim'ordine e dall'impatto devastante. L'edizione dvd della Yamato è stra-consigliata: la qualità video è ottima e il doppiaggio veramente all'altezza.
Non aspettatevi un'opera complessa e intellettuale, ma un mix duro e puro di fantascienza e sentimenti che, personalmente, mi ha letteralmente conquistato.

Non sarà che, in fondo, gli anni '80 siano stati veramente "i migliori anni possibili"? Per quanto riguarda l'animazione giapponese, senza dimenticare la seconda metà dei '70, penso proprio di sì.


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kaio1982

Episodi visti: 1/1 --- Voto 7
Erano ben 6 anni che non guardavo il primo Oav di Megazone 23 e riguardandolo ora, ho notato moltissimi difetti rilevanti, che in passato, mi erano sfuggiti. L'anime trova nella trama e nella parte grafica i suoi punti forti ed è tuttora di buon livello ma minore dello splendore assoluto, sia scenografico che estetico, di Megazone 23 Parte 2; questo primo Oav, uscito soltanto un anno prima, è ben poca cosa rispetto al suo seguito, vero capolavoro del 1986. Per prima cosa l'ambientazione per lunghi tratti dell'anime si limita ad una banalissima Tokyo di metà anni 80, dove per ben 25 minuti non sembra neanche di guardare un Oav fantascientifico ma una semplice commedia infarcita d'azione tanto che per alcuni tratti irrompe addirittura la noia. Superata la prima parte, finalmente Shogo adolescente, piuttosto classico e poco caratterizzato, viene a scoprire la verità su quella che sembra soltanto Tokyo e specialmente che non sono nel 1985. La trama da quel momento in poi diventa gustosa ed interessante e si lascia seguire fino alla fine. Purtroppo, quando finalmente l'ambientazione fantascientifica viene mostrata in tutto il suo splendore e l'azione si sposta tra splendidi mech e l'identità della cantante Eve viene rivelata, l'anime volge al termine quasi improvvisamente lasciando lo spettatore deliziato solo dalla parte tecnic, e da una storia originale ma tronca. I personaggi di Megazone 23, a differenza del suo illustre successore, sono davvero poco caratterizzati e decisamente frivoli. La grafica vanta l'ottimo character design di Toschiro Hirano che in quest'anime realizza delle splendide e morbide ragazze dai tratti dolcissimi e ricchi di particolari; specialmente l'immancabile cura per capelli ed occhi. L'anime mostra spesso le ragazze con i pantaloncini cortissimi, una scena di un bacio di genere hentai, dal contesto squallidissimo ed attuale e anche una forzatissima scena d'amore tra Shogo e Yui, che è puro fanservice senza senso. Il mecha design è ottimo, specialmente il mech trasformabile di Shogo, ma poco sfruttato. Le animazioni sono sempre fluide ma ridicole se paragonate al sequel; stessa cosa per quanto riguarda i fondali che, pur vantando un buon dettaglio, risultano inferiori persino a serie televisive quali Macross (1982) ed addirittura la terza serie della Yamato (1980) che presentava dei fondali nettamente più dettagliati. Altra nota dolente, sono le canzoni che sono poche e poco coinvolgenti, da questo punto di vista anche il terzo Oav lo supera, sia in qualità che in numero. In definitiva, il primo Megazone 23 è sicuramente godibile ed interessante, grazie agli ottimi designer che lo hanno realizzato e ad una storia originale. Tuttavia consiglio assolutamente Megazone 23 Parte 2, (1986) che lo surclassa in tutto e sembra esser stato realizzato ben 15 anni dopo.


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God87

Episodi visti: 3/1 --- Voto 8
In un Giappone degli anni '80 vive l'allegro motociclista Shogo, che da un giorno all'altro si ritrova a guidare una velocissima moto trafugata da un amico, la Garland, all'occorrenza trasformabile in un robot da guerra. È in verità un segreto militare e, presto, messo alle strette dall'esercito, il ragazzo apprende da un ufficiale, BD, una sconvolgente verità: lui e l'intera popolazione giapponese vivono inconsciamente in una gigantesca astronave, la Megazone 23, governata da una potentissima AI, Bahamut, che li culla in una realtà fittizia dove pensano di stare bene. Il sistema è stato programmato per motivi ignoti secoli prima, e ora i militari, pur di hackerare Bahamut per sfruttarne i poteri in vista di una guerra contro spaventosi extraterrestri, non esitano a usare la violenza brutale su Shogo e i suoi amici, in modo da far sparire scomodi testimoni. Disgustato da loro, il ragazzo decide di ribellarsi sfruttando la potenza di Garland e il suo gruppo di bikers...

Siamo all'inizio del 1985, il periodo in cui l'industria animata giapponese sta ancora scommettendo sulla rivoluzione estetica di Macross. Non ancora convinti della sua bontà, gli studios decidono di sondarne il terreno esiliandone gli adepti nel nascente mercato degli OVA. Nel tempo la Storia darà ragione a Studio Nue e la sua rivoluzionaria concezione sarà sdoganata, ma questo non deve farci dimenticare i grandi pionieri che proprio nell'home video hanno permesso, coi loro lavori, una simile trasformazione. La trilogia di Megazone 23 ne è uno degli esempi più prestigiosi, realizzato nel corso di cinque anni per un totale di 3 capitoli, ciascuno creato da uno staff produttivo diverso composto da quelli che erano, o sarebbero diventati, numi tutelari dell'animazione nipponica anni 80. Nato, come Dallos, nella veste di "recap" del materiale ideato per un'abortita serie televisiva, Megazone 23, fedele alla regola delle prime produzioni OVA, ha il merito di sfruttare il suo alto budget per creare una trama corposa capace di spaziare fra più generi, animata divinamente e con una cura maniacale in tutti gli aspetti estetici e musicali che, come Kawamori insegna, devono in ogni aspetto solleticare i sensi agli spettatori. Come intuibile leggendo la trama, pur riciclando idee da Macross (l'astronave gigantesca che trasporta l'umanità) e Mospeada (la moto trasformabile in un robottone), l'opera si presenta in verità come assolutamente originale per l'epoca, rappresentando un antenato dei Matrix cinematografici, il primo lavoro animato a ipotizzare una realtà fittizia dove vivono, inconsciamente prigioniere, le persone. Di interesse storico anche il suo essere il primo OVA robotico, e degno di nota come la sua storia, dipanandosi nei successivi due episodi, arriva a coprire un arco temporale immaginario di oltre 100 anni, un ideale precursore animato della saga cartacea di The Five Star Stories.

Il primo episodio, ideato e diretto da Noboru Ishiguro, scritto da Hiroyuki Hoshiyama e animato dalla co-produzione Artland/Artmic, è decisamente il migliore della trilogia. Fornisce la lunga introduzione alla storia portante, raccontandoci le avventure di Shogo alla scoperta delle potenzialità del Garland e del segreto di Bahamut. Un intrigante mix di azione robotica (i combattimenti tra il ragazzo e le unità robotiche dell'esercito) e romanticismo (la sua storia con la bella Yu), condito da numerosi, accattivanti pezzi j-pop cantati da Eve, la idol creata da Bahamut per addomesticare le masse, fil rouge che unisce tutti gli episodi (e le affinità con Macross, sia per il suo ruolo che per essere l'unico personaggio disegnato da Haruhiko Mikimoto, diventano palesi). Si nota già in questo primo capitolo il coraggio del regista di non risparmiarsi dialoghi adulti e scene di sesso e sangue, perfettamente integrate nel contesto e mai gratuite, così come una sceneggiatura esemplare che caratterizza notevolmente il pur piccolo cast: anche se al lavoro su un riassunto di una mai vista serie tv, lo sceneggiatore riesce adeguatamente a enfatizzare il carisma del militare BD, della sensuale Yu e delle sue amiche. Il grande interesse dell'OVA risiede però, sopratutto nella confezione. L'ora e venti di durata è focalizzata nell'esprimere al meglio lo stanziamento monetario di Artland e Artmic: animazioni fluide e incredibilmente vigorose (sopratutto nei fisicissimi scontri tra robottoni) accompagnano ogni sequenza con vette di totale spettacolarità, mentre i disegni, bellissimi, ammaliano grazie alle tinte calde e ai tratti dolcissimi di Toshiki Hirano, uno dei massimi esponenti della "dottrina Kawamori" e qui in una delle sue prime prove. Mechanical Design, a opera di Shinji Aramaki, anch'esso da applausi: non solo nella consueta sboronaggine dei robottoni, ma anche per la riproduzione perfetta delle moto da corsa usate da Shogo e amici, riproduzioni meticolose delle più famose Suzuki, Honda etc di quegli anni. Grande spazio trova, ovviamente, anche il lato musicale: se la OST di Shirgo Sagisu è trascinante come si conviene allo spirito della storia, rock 100% Eighties, le numerose insert song j-pop denotano bene come la lezione di Studio Nue sia pienamente recepita e, per questo motivo, intelligentemente riproposta.

Il secondo episodio, uscito nel 1986, a più di qualcuno non piace. Tra le varie rimostranze cadono lo spiazzante cambio di chara design, con l'aspetto fisico dei protagonisti stravolto, e sopratutto la caratterizzazione non pervenuta di buona parte del cast, in riferimento agli amici bikers di Shogo. Critiche che si possono condividere, ma fino a un certo punto. Innanzitutto il cambio di design, scioccante, per il recensore significa personalità: alla sua prima prova assoluta di disegno, Yasuomi Umetsu, futuro padre di A-Kite e Mezzo Forte, trova il segno caratteristico che lo contraddistingue, delineando personaggi dai look estremamente adulti e sexy che non per nulla gli spianeranno la strada nel futuro mondo delle produzioni erotiche. Il tratto ha poco in comune con quello "infantile" di Hirano, tanto che i due eroi fisicamente neanche si riconoscono (a Yui sono cambiati pure forma e colore dei capelli), ma i disegni rimangono d'autore e davvero non si può davvero negare l'originalità del progetto Megazone 23, di raccontare una storia filtrata graficamente dalla sensibilità di disegnatori diversi. L'anonimità di buona parte del cast è invece innegabile, ma non è un così grave: il secondo capitolo rappresenta l'anima "action" della storia, parlandoci della guerra tra i bikers e i militari condotta attraverso vertiginosi inseguimenti e sparatorie lungo le strade, ovvio che l'attenzione sia posta principalmente su Shogo, Yui, Eve e BD, protagonisti principali, rispetto ai comprimari. Una spettacolare guerra urbana che vale da sola il prezzo del biglietto, a cui danno voce come sempre fluidissime animazioni (si sente l'apporto del neo-entrato studio d'animazione AIC), l'OST martellante di Sagisu, brani j-pop e fanservice dato da mecha dettagliati ed esplosioni in ogni dove e quando. Senza un briciolo di CG, tutto fatto a mano come ai migliori tempi, da rimanere imbambolati ad ammirare e tramandare ai posteri. Anche in questo contesto non mancano intermezzi adulti, addirittura enfatizzati dal chara di Yasuomi Umetsu. Le esplicite scene di sesso e violenza sono presenti in dosi ancora più massicce e contribuiscono a immergersi nel senso di cattiveria della storia, tra militari eviscerati dagli alieni in impressionanti scene splatter e fatiscenti centri sociali nel quale bazzica il gruppo di biker di Shogo, dove sono di regola nuvoloni di fumo, fiumi di alcool e disinibizione sessuale. Non mancano neppure echi tominiani nella filosofia, un po' spicciola bisogna dirlo, del ragazzo che detesta il mondo egoista degli adulti e gli si ribella, e lo sceneggiatore Hoshiyama gioca così sul rapporto di ostilità tra Shogo, buono ma ingenuo, e BD, militare tutto d'un pezzo, macchiavellico, che però ha nostalgia delle pulsioni idealiste giovanili. Le rivelazioni finali di Eve e un evocativo "finale" provvisorio (si risolvono tutti i misteri di Bahamut e del programma ADAM), perfetto, chiudono nel migliore dei modi una storia intrigante e ottimamente realizzata degna di entrare nella Storia dell'animazione.

Nel 1989, tre anni dopo la Parte II, giunge la conclusione. Il regista Noboru Ishiguro non è più coinvolto nel progetto ed è rimpiazzato al soggetto da Shinji Aramaki, che scrive, con la sceneggiatrice Emu Arii, un thriller cyberpunk che ha ben pochi punti in comune col passato, pur reggendosi su idee ugualmente notevoli. Cento anni dopo gli avvenimenti precedenti, la razza umana ricostruisce la sua civiltà nell'avveniristica megalopoli di Eden, dove ogni singolo abitante è schedato e tenuto d'occhio da un immenso network chiamato System. Eiji Takanaka, abile hacker, si ritrova al centro di una violenta guerra urbana tra le due potenti compagnie che si contendono la supremazia tecnologica della città, e durante gli scontri finisce col risvegliare Eve, la idol utilizzata il secolo prima da Bahamut. Un atto conclusivo, diviso in due episodi, che pur vantando un buon soggetto di fondo è mal scritto, trovando un risultato abbastanza scialbo dovuto sia alla mancanza di presentazione adeguata del nuovo scenario sci-fi che, e questo è il suo problema peggiore, nei protagonisti approssimativi, eroe incluso. Lento ed estremamente verboso, Parte III ci parla essenzialmente di Eiji che si sposta di luogo in luogo, ora a divertirsi con amici, ora giocare in sala giochi, ora ad hackerare il System; parlando al contempo del mondo che gli sta attorno (con numerose, irritanti e indecifrabili terminologie tecniche) e provandoci con la bella cameriera Ryo di cui è invaghito. Un capitolo abbastanza tedioso, ulteriormente appesantito da regia e montaggio rivedibili, zeppi di stacchi che troncano intere sequenze funzionali alla comprensione. Il risultato è una noia generale, per niente supportata dal comparto tecnico. Orfano del contributo dello studio d'animazione Artland e di Noboru Ishiguro, Megazone 23 assiste sconsolato al suo declino tecnico: non che le animazioni siano mediocri, tutt'altro, ma sono più da media serie tv dell'epoca che da OVA, non reggendo il confronto con l'orgia tecnica delle puntate precedenti. Dal superlativo si passa così al buono, e decade anche la qualità delle movenze di mecha e personaggi. L'abbandono Artland comporta anche il rimpiazzo del musicista Shiro Sagisu con Keishi Urata, minimamente in grado di reggerne l'eredità (OST, quindi, del tutto anonima), e infine colpiscono in negativo i disegni con l'arrivo, dopo Hirano e Umetsu, di Hiryuki Kitazume, che negli anni precedenti si è costruito la fama con Gundam ZZ e Il contrattacco di Char. Una nuova presenza che sembra comportare solo ulteriori nei, in quanto passare dai carnosi disegni precedenti al suo tratto geometrico ed estremamente semplicistico, per quanto stiloso, porta l'aspetto visivo a sembrare ancora più freddo, addirittura superficiale: se anche è vero che l'originalità del progetto Megazone 23 risiede anche nella sperimentazione grafica di ogni episodio, lo stile di Kitazume, altresì spettacolare in altri contesti, è piacevole ma incompatibile con le cupe atmosfere che vuole evocare la storia. Da salvare giusto i primi piani delle splendide ragazze, ma negli uomini (sopratutto il protagonista Eiji) le sue linee così perfettine e i colori patinati sono terribili. Per concludere, anche le coraggiose scene di sesso e violenza, che costellano i primi due episodi, sono decisamente ridotte in esplicità, adagiate alla confezione sobria dell'opera con buona pace del coraggio dimostrato precedentemente.

A dispetto della delusione, comunque, Parte III raggiunge la sufficienza. Pur confuso, noioso e con personaggi-macchietta, in più riprese ci ricorda di far parte di progetto ambizioso quale Megazone 23, e sotto questa luce rimane ugualmente intrigante il suo soggetto, che prosegue la storia precedente con diversi rimandi e sopratutto con la scoperta, nel finale, di che ne è stato di un certo personaggio chiave. Tutto meglio realizzabile, ma pienamente degno dell'imprevedibile epopea cyberpunk di Noboru Ishiguro e giustamente assurto anch'esso al rango di cult.

Edizione italiana in dvd a cura di Yamato Video, che pubblica tutti e tre i capitoli in tre dvd una volta tanto ben realizzati, con un buon video e sopratutto un buon doppiaggio che non fa rimpiangere il loro prezzo.


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micheles

Episodi visti: 1/1 --- Voto 5
L'influenza del cinema occidentale su manga e anime è sempre stata fortissima, fin dalle origini; basti pensare che Osamu Tezuka ha sempre riconosciuto come suo maestro spirituale Walt Disney, che ha omaggiato innumerevoli volte nelle sue opere. Da parte loro gli autori di Megazone hanno forti debiti verso il cinema americano, nella fattispecie il cinema d'azione anni ottanta, visto che l'OAV è stato realizzato nel 1985. Purtroppo però, e questa è la ragione della mia valutazione negativa, non sono mai stato un fan di quel tipo di cinema, tutto basato su vigorose sparatorie e rocamboleschi inseguimenti, con protagonisti giovani scapestrati e belle ragazze. Inoltre, se c'è una cosa che non mi piace dei giapponesi, è la loro mania per le idol, che è ben presente in Megazone. Del resto Megazone è un lavoro di Noboru Ishiguro, il regista di Macross, e l'influenza di Macross si sente fortissima: come chara design, come mecha design, come animazioni, musiche e appunto per l'attenzione alle canzoni e alle idol. Ma mentre Macross è una serie TV con ampio spazio dedicato ai personaggi e alle loro storie sentimentali, Megazone è un OAV di 80 minuti, che comprime troppa carne al fuoco in poco tempo, risultando affrettato e superficiale. Il motivo è che originariamente Megazone avrebbe dovuto essere una serie TV, non un OAV, e si vede.

Megazone è lontano anni luce dalle atmosfere drammatiche dei prodotti giapponesi anche di soli pochi anni precedenti (penso per esempio a Votoms e Dunbine). Non c'è più lo spirito di sacrificio, la tragicità e tutto quanto caratterizzava l'anime giapponese di una certa era; ci sono invece punk, idol virtuali, ragazzine che sono ben contente di andare a letto con odiosi produttori pur di sfondare nel mondo della musica, scene di doccia e poco altro. Sembra quasi un prodotto americano e infatti è stato pensato anche per quel mercato. La trama di per se è poca cosa, l'OAV rimane incompiuto e con finale aperto, lasciando spazio a due seguiti che verranno prodotti pochi anni dopo. I personaggi non mi hanno detto assolutamente nulla. Non mi sento di assegnare un voto inferiore al 5 comunque, perché la realizzazione tecnica è di prim'ordine. Si tratta comunque di un OAV evitabile, a meno che non vi piacciano le idol e i film d'azione americani anni ottanta.

P.S. da lettore di fantascienza di lunga data, ho sempre considerato le idee del film Matrix scontate e per nulla innovative, essendo presenti nel genere da molti anni (ho letto racconti sui pericoli della realtà virtuale scritti negli anni trenta, quando la televisione era ancora un'invenzione futuristica). Quindi non sono rimasto per nulla sorpreso quando ho visto che anche Megazone anticipa Matrix: non dico come per evitare spoiler, ma le somiglianze sono evidenti.