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CoppiaDiMici

Piattaforma: Windows --- Voto 7
Recensione Dark Souls 2: Scholar of the first sin

Una premessa è fin da subito d’obbligo: scrivere una recensione è compito tutt’altro che facile. Il recensore deve cercare in ogni modo di escludere i suoi gusti personali e quindi il suo punto di vista soggettivo e tentare il più possibile di elencare gli aspetti strettamente oggettivi di un prodotto di qualsiasi genere.

Tale compito, quando si tratta di opere cinematografiche o videoludiche diventa praticamente impossibile; ogni singolo aspetto di un film o di un videogioco saranno più o meno apprezzati se chi recensisce trova quei determinati elementi gradevoli. Una scelta stilistica e registica possono piacere ad alcuni, mentre ad altri potrebbe provocare convulsioni gravi ed è proprio per questo che il recensore deve il più possibile, valutare il singolo elemento prima, l’insieme di questi poi e per ultimo darne un proprio parere personale, esprimendo solo alla fine le sue esperienze avute con il titolo in questione.

Questo già arduo compito diventa ancora più complesso quando si trattano titoli come Dark Souls 2: Scholar of the first sin.

Dark Souls è un titolo di per sé unico, che è stato accolto in modo troppo vario: per alcuni è un successo clamoroso, un’opera incredibile degna di stare in un museo; per altri invece è un’esperienza frustrante, vuota e per nulla appagante.

Questo secondo titolo della saga inoltre pare voler quasi balzare lontano dal suo predecessore, ponendo una serie di nuove ambientazioni e avversari, nonché una nuova storia.

Il titolo questione è sostanzialmente una versione rimasterizzata e migliorata del titolo originale con la presenza di tutti i DLC precedentemente usciti.  Le modifiche apportate con questo titolo non sono poche e partiamo dunque con una esposizione dei vari elementi in modo chiaro.

Partendo dall’aspetto grafico, DS2: Scholar of the first sin (che per evitare di riscriverlo ogni volta chiamerò soltanto DS2:SFS) l’avanzamento dalla versione precedente è ben visibile, soprattutto considerando la versione PS3 e XBOX360. Il gioco è stato spinto a 1080p e con dei solidi 60 fps sulle console moderne, PS4 e XBOX one per intendersi, e mantiene un’ottima fluidità anche durante anche le fasi più concitate del gioco. Le texture sono di ottima qualità, così anche come i modelli dei personaggi, le armature, oggetti e via dicendo. Dal punto di vista estetico il gioco fa un decisivo passo in avanti, anche con il miglioramento di alcuni degli effetti particellari precedentemente inseriti e complessivamente la resa grafica è decisamente un punto di forza. I boss che incontrerete, così come alcuni dei vari avversari contro cui vi scontrerete, sono decisamente accattivanti e presentano una realizzazione artistica alle volte decisamente ispirata. Alcune lievi sbavature è ancora possibile notarle per quanto riguarda la costruzione di alcune mappe, dove magari alcuni modelli sono mal posizionati all’interno dell’ambiente, ma sono talmente rari che bisogna davvero andargli a cercare ad uno ad uno, altrimenti sono praticamente introvabili.

Ricollegato proprio a questo aspetto è la struttura delle mappe e quindi delle ambientazioni. Questo è probabilmente il miglior elemento del gioco: le ambientazioni sono curatissime, sia a livello scenografico (le costruzioni sono maestose e ben caratterizzate), sia a livello registico, grazie al sapiente uso di luci ed effetti così da dare maggior realismo e spessore alle varie location. Le sensazioni che alcune di queste trasmettono, sia in senso positivo che negativo, mostrano una grande cura nello studio di ogni singolo luogo in modo da caratterizzarlo al meglio.

Le DLC aggiungono nuove zone da esplorare, decisamente degne di nota e molto suggestive. Dal punto di vista costruzione vera e propria e dunque la possibilità di spostarsi all’interno di queste mappe, la situazione varia fin troppo: alcuni luoghi essendo ampi permettono di muoversi con facilità e senza rischiare di rimanere incastrati all’interno di qualche angolo o parete, mentre le zone più claustrofobiche prevedono sessioni di gioco molto più frustranti a causa di problemi con la telecamera e situazione ironiche di incastri magici a causa di colonne e scale particolarmente molesti. Questo elemento purtroppo inficia il gameplay, anche se in questa versione questi problemi sono decisamente di meno rispetto al primo capitolo della saga.

Passando poi alle musiche e suoni, possiamo dire che non ci sono particolari note dolenti. E nemmeno si può urlare al miracolo purtroppo. Se i suoni che accompagnano le avventure del vostro personaggio sono ormai impresse nella vostra memoria (il suono di un Bonfire acceso o di una nuova location è decisamente unico e particolare), dal punto di vista musicale il gioco è povero. Se i suoni del cozzare di spade, esplosioni e via dicendo appare abbastanza curato, le musiche nel gioco che sono davvero degne di nota sono soltanto due: il “main theme” che pare davvero essere stato quasi l’ispirazione per il gioco stesso e la musica che sentite quando siete a Majula. Le altre musiche, per nulla fastidiose sia chiaro, non riescono minimamente ad essere sufficientemente incisive da diventare indimenticabili, come i due esempi sopra citati. Inoltre per gran parte del vostro scorrazzare per la mappa, sarete accompagnati soltanto dal silenzio e dai vostri passi, scelta che per alcuni può essere ulteriore elemento positivo come per altri trattarsi di una pessima scelta tecnica.

Tocchiamo ora il più importante elemento in tutti i videogiochi e soprattutto elemento che ha fortemente diviso i giocatori di DS2:SFS: il gameplay.

Innanzitutto è giusto sottolineare un errore comune. Questo titolo non è un RPG, nonostante ne abbia alcuni elementi. Per quanto vi sia una crescita del personaggio, un sistema di creazione e miglioramento dello stesso, nonché svariate armi e armature da utilizzare, il titolo non può essere fatto rientrare in questa categoria. Innanzitutto perché la saga stessa, prodotta dalla From Software, rientra all’interno di un’etichetta nata proprio con il primo titolo della casa, Demon’s Souls. I giochi “souls like” presentano delle caratteristiche specifiche, sono quindi un genere nuovo, ben chiaro che non può essere rimandato all’interno di qualunque altra categoria. La differenza principale riguarda proprio il modo in cui il giocatore affronta le varie prove lungo il suo cammino, con una preparazione spesso molto lunga e specifica, pianificando una strategia unica di volta in volta, imparando a capire e controllare i nemici e l’ambiente in modo da ottimizzare ogni risorsa a sua disposizione.

Il gameplay presenta un modello stampo action: telecamera dietro il personaggio, sistema di combattimento abbastanza semplice, anche se in grado di presentare alcune interessanti combinazione a seconda delle armi usate, un inventario denso di oggetti da usare al momento giusto, un sistema di scelta delle caratteristiche e classi a cui riferirsi per la crescita mediante esperienza lungo tutto il gioco. Le classi presentano una certa classicità di fondo: ci sono il cavaliere, l’arciere ed il mago che sono diciamo le più conosciute, come sono presenti anche il mago-piromane, il barbaro, il chierico, ecc… Ognuna di queste presenta punti di forza e di debolezza, armature specifiche e abilità uniche, che possono cambiare totalmente il modo con cui si affrontano determinate sfide. Per aumentare di livello il giocatore deve raccogliere le anime dei suoi nemici e quelle sparse in giro per le varie location, le quali servono ad aumentare, presso un pg presente al “campo base”, i punti caratteristiche. Ogni volta che aumenterete di livello, il numero di anime necessario per passare al livello successivo aumenterà.

I tre parametri più importanti sono la magia, la salute e la stamina. Soprattutto quest'ultima è importantissima in quanto scattare, saltare, schivare, bloccare gli attacchi e persino attaccare richiedono l'uso di questa riserva di energia che sostanzialmente è un limite di azioni che si possono compiere di fila. Una volta esaurita sarete parzialmente indifesi e decisamente in serio pericolo di morte, cosa che renderà necessaria una intelligente valutazione delle riserve di energia in rapporto con la capacità offensiva dell'avversario.

Ciò che rende davvero unico questo titolo è la sua difficoltà. Su questo punto ci sarebbe da soffermarsi per pagine e pagine, ma il punto sostanzialmente è riassumibile in pochi concetti: il gioco presenta una curva di apprendimento ripidissima, che richiede un’attenzione ed una concentrazione durante ogni singola partita elevatissime. Ogni singolo avversario non sarà mai una passeggiata da affrontare, tranne ai livelli più alti, così come i boss che affronterete andranno combattuti con grande attenzione e pazienza, con uno studio lungo e preciso delle loro mosse e dei tempi di reazione degli stessi. Gli scontri sono difficili, possono essere anche parecchio lunghi, alcune classi sono più capaci rispetto ad altre di far fronte a determinati scontri e quindi la scelta iniziale può essere deleteria nel caso una persona non apprezzi un determinato modo di affrontare il gioco. Il bilanciamento in questo titolo è volutamente teso a renderti la vita il più difficile possibile e la mappa stessa a volte presenta un elemento ulteriore di difficoltà.

Inoltre DS2:SFS non presenta salvataggi liberi, ma un sistema di checkpoint parecchio punitivo: una volta morti ritornerete all’ultimo Bonfire (cioè il Falò), con un malus per la morte subita, con tutti gli avversari difficilmente sconfitti nuovamente presenti in zona, nonché tutte le anime raccolte fino a quel momento perdute nel punto in cui siete morti. Gli unici a non ritornare sono i boss che una volta morti, rimangono fortunatamente morti. Inoltre come detto servono anime per salire di livello e verso la fine del gioco, per aumentare la vostra potenza, dovrete letteralmente massacrare di nuovo tutti gli avversari fino a quel momento incontrati soltanto per raccogliere il numero sufficiente di anime. Ma attenzione: se una volta morti non riuscite a ritornare nel punto in cui siete morti e riprendere le anime perdute, perché trovate la nuovamente la morte da qualche altra parte, le anime saranno perse per sempre e voi rischiate di perdere veramente ore e ore di gioco. E non pensiate che i Falò sono vicini fra loro, perché a volte sono a diverse ore di gioco uno dall’altro e sarete costretti a tentare nuovamente di raggiungerli dopo aver letteralmente sudato mille camice nel tentativo di farlo.

Ora, proprio questo elemento, è per alcuni il punto di forza del gioco e per altri è invece motivo per evitare questo titolo. Questo costante stress subito ad ogni passo, la vigilanza costante e attenta ad ogni combattimento può portare velocemente il giocatore a stufarsi di tanta fatica e mettere da parte il gioco. Altri invece trovano questo livello di impegno una vera e propria boccata d’aria fresca dopo anni di titoli fin troppo semplici e privi di sfida. Anche in questo senso la presenza del multiplayer aggiunge un elemento di difficoltà ulteriore e rende ogni partita di per sé unica: l’incognita di quando chi apparirà costringe i giocatori a porre ancora più attenzione mentre si muovono all’interno della mappa, sempre pronti a resistere alle invasioni di altri giocatori. Infatti l’elemento PVP funziona in modo intelligente: l’avversario invade il vostro mondo, come se provenisse da una dimensione alternativa e cerca di farvi la pelle. Purtroppo questo elemento non prevede un vero e proprio matchmaking, con la possibilità di incontrare player molto più abili di voi e con un livello spaventosamente più alto.

D’altra parte il multiplayer prevede anche un lato positivo: potete chiamare a voi altri player in grado di aiutarvi a sconfiggere i vari boss lungo la strada, rendendo il gioco decisamente più semplice.
Ma nonostante il gioco abbia ricevuto numerose modifiche e miglioramenti è proprio il combattimento ed il sistema di combo ad essere ancora troppo rigido e macchinoso. Il personaggio una volta iniziato l’attacco non può praticamente interromperlo, l’attacco alle spalle (che viene considerato come un critico e fa un botto di danni) alle volte non funziona oppure funziona da angolazioni totalmente errate, così anche l’attacco contro avversari storditi. Inoltre, come già precedentemente scritto, la mappa alle volte presenta qualche bug che ci incastra in muri e ostacoli invisibili rendendo ogni combattimento ancora più difficile per i motivi sbagliati.

Ed è qui che il gioco perde punti: la difficoltà del titolo è notevole, la curva d’apprendimento non lascia spazio alla poca concentrazione e l’attenzione ad ogni dettaglio del vostro personaggio diventa incredibilmente importante contro determinati tipi di boss, così come le build che scegliete di seguire in rapporto alla vostra classe (tradotto: se scegliete il mago dovete concentrarvi a migliorare le abilità che influenzano le capacità del mago). Ad ulteriormente rendere il gioco più difficile sono il numero di bug davvero alti nonostante sia una remastered, alcuni dei quali fortunatamente ora capitano molto meno rispetto alla versione precedente, ma che comunque diventano un elemento di frustrazione che in un gioco ormai con parecchi anni alle spalle di patch e aggiunte non dovrebbero proprio esistere. Crepare dopo magari qualche intensa ora di gioco, perdere tutte le anime raccolte, sapendo che si dovrà rifare tutto nuovamente è frustrante in modo quasi letale, ma se accade a causa di un misterioso angolo invisibile che non vi permette di evitare in tempo il colpo fatale dell’avversario di turno allora la frustrazione diventa totale ed il gioco mostra tutta la sua vulnerabilità. Purtroppo il tutto è ulteriormente più difficile a causa di comandi non proprio perfettamente reattivi, ma che grazie all'esperienza riuscirete ad un certo punto a gestire; questo però richiederà ancora più concentrazione nelle fasi più concitate e la vostra tastiera e mouse potrebbero subire la vostra ira funesta, anche se innocenti.

Questo gioco presenta uno schema semplice: per poterlo finire dovrete morire davvero tante volte. Morirete nel tentativo di capire come attaccano i vostri avversari, così da capire il giusto momento per contrattaccare (con il risultato che alcuni scontri durano veramente troppo). Morirete perché alle volte i mostri vi attaccano da punti ciechi o addirittura da punti nascosti (spaccando un muro all’improvviso per esempio). Morirete nel sperimentare nuove strategie. Morirete nel tentativo di capire come quel dannato boss funziona e qual è il miglior modo per batterlo…
Insomma sarete costretti a tornare negli stessi luoghi ancora e ancora, a meno che non spiate su youtube come risolvere con velocità determinate situazioni decisamente impegnative.

Ultimo elemento che prendo in considerazione è la trama: che purtroppo come tale non esiste. Nonostante il gioco presenti un “lore” (termine immensamente abusato che in inglese significa tradizione, ma che viene anche utilizzato con l'accezione più ampia di contesto storico e culturale) davvero ampio, questo ci viene mostrato soltanto indirettamente, non esistendo dialoghi oppure libri che potete leggere per comprenderlo, ma soltanto una serie di descrizioni che troverete annessi ai vari oggetti che troverete. La storia del personaggio stessa ci viene mostrata come semplice serie di accadimenti, senza una spiegazione chiara e precisa di quello che accade. Più di una volta esplorerete le mappe senza sapere esattamente perché, ma più che altro per il semplice fatto che non avete dove altro andare. Così la trama stessa non esiste per il semplice fatto che non è strutturata come tale: niente dialoghi e quindi niente struttura di scelta negli stessi (ecco perché ancora questo non si può nemmeno definirlo un rpg), non esiste un vero ritmo narrativo, non esiste una struttura di esposizione della trama. Un contesto esiste, il gioco si fa forte appunto di questo, ma una vera e propria narrazione degli eventi non c'è, appare distante, quasi rarefatta, troppo rara per essere definita tale. Io personalmente è l'elemento che ho apprezzato di meno, trovandola una scelta peculiare (sono tantissimi a trovarla una trovata geniale) ma non proprio felice.

Giungiamo infine alle conclusioni: consigliare o meno DS2:SFS non è così semplice. Personalmente lo sconsiglio: troppo arduo, richiede troppo tempo e pazienza, il livello di frustrazione è troppo alto e soltanto chi davvero ha MOLTO tempo libero può apprezzarlo davvero. Inoltre i bug, i problemi presenti, lo sbilanciamento notevole, la necessita quasi imprescindibile di dover guardare alle volte internet per trovare la soluzione migliore a determinate sfide nel gioco rendono il titolo quasi per nulla divertente.

Ma d'altra parte, per chi cerca una sfida altissima, un gioco che duri un'eternità, paesaggi mozzafiato avvolti in un atmosfera tetra e ben realizzata, con mostri e nemici ben caratterizzati ed un multiplayer che presenta un livello di difficoltà estremamente variabile, allora questo gioco fa assolutamente al caso vostro.

Dare un voto a questo gioco è praticamente impossibile: questo titolo è unico in tutte sensi ed ognuno apprezzerà comunque almeno un elemento del titolo. Solo le ambientazioni e le atmosfere sono di per sé indimenticabili, d'altra parte piangerete sangue a causa della difficoltà immane e della poca precisione di alcuni movimenti.

Considerano però tutti i pregi, ma anche tutti i difetti che ho riscontrato, il voto complessivo di DS:SFS è 7, decisamente abbassato considerando che è una remaster, i bug e i alcuni problemini sono ancora presenti e la difficoltà mostruosa del titolo possono renderlo decisamente troppo ostico per alcuni giocatori, che magari cercano qualcosa di più rilassante e che non richieda una concentrazione costante.