Dopo uno sviluppo lungo e pieno di rinvii la Paradox Interactive ci riporta nuovamente nel periodo della seconda guerra mondiale con Hearts of Iron IV, quarto capitolo della sua serie strategica best seller, chiamato a raccogliere la non facile eredità (in parte travagliata) di Hearts of Iron III e replicare il recente successo di Stellaris.
 
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Appartenente al genere grand strategy, Hearts of Iron IV mette il giocatore al comando di una delle nazioni esistenti durante il periodo della seconda guerra mondiale, ponendolo di fronte ad uno strategico a tutto tondo ove l'aspetto gestionale e diplomatico si combina sapientemente con l'elaborazione di articolati piani di battaglia e campagne belliche colossali.

Come i precedenti capitoli della serie, Hearts of Iron IV tutto è tutto tranne che semplice, anzi oltre ad essere senza ombra di dubbio il più complesso gioco della Paradox Interactive, è probabilmente anche il gioco con la curva di apprendimento più lunga e ripida che si possa trovare in circolazione, con un tutorial basico e un sistema di apprendimento delle dinamiche di gioco, legato prettamente all'esperienza, che sa essere frustrante (si veda il perdere un'intera flotta in porto a causa degli aerosiluranti), ma molto assorbente e potenzialmente foriero di grandi soddisfazioni una volta raggiunta la comprensione delle meccaniche di base.
 

Assunta la guida di una delle nazioni esistenti al 1936 (è presente anche un altro punto di partenza al 1940), la parte iniziale del gioco è di natura soprattutto gestionale e caratterizzata dal compito principale di prepararsi all'imminente conflitto, predisponendo la struttura industriale e infrastrutturale (collegamenti/porti/aeroporti/forti) necessaria per sostenere il peso della guerra, intessendo al contempo una fitta tela di rapporti diplomatici caratterizzati dalla non necessaria aderenza agli eventi storici (sin dal menù di selezione è possibile impostare un'IA libera da 'restrizioni' storiche).

Tale fase, peraltro diversa a seconda del paese prescelto (il Giappone ad esempio dovrà presto confrontarsi con la Cina), parte innanzitutto con la pianificazione industriale, che, rispetto al precedente capitolo, abbandona il modello industriale unico (un solo tipo di industria che fa tutto) in favore di un sistema in cui all'industria civile, necessaria per costruire e produrre bene per i consumatori, si affiancano l'industria miliare, preposta alla creazione degli armamenti, quella navale, per costruire le navi che andranno a comporre le flotta, e le raffinerie per la produzione di petrolio e gomma sintetici.
 
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Se in Hearts of Iron III la strategia di base era quindi solitamente quella di utilizzare le industrie per lo sforzo bellico, tale strada è assolutamente preclusa invece in questo nuovo capitolo, che sin dall'inizio richiede di definire, in base alla caratteristiche del paese prescelto, l'equilibrio tra le varie componenti industriali (ad esempio un paese ricco di risorse può puntare molto sulle industrie militari) anche alla luce del rinnovato sistema di gestione delle risorse e degli scambi commerciali, caratterizzato dall'associazione delle materie prime come il petrolio, l'acciaio, il tungsteno, ecc... alla produzione dell'equipaggiamento militare (es. tante industrie militari senza materie prime sono sostanzialmente inutili).

La preparazione alla guerra non è però solo pianificazione industriale, e parte importante dell'attività iniziale del giocatore si consuma nel settore diplomatico, che, partendo dall'assenza di forti restrizioni storiche, lascia allo stesso ampia possibilità non solo nel modificare le fazioni realmente esistite (Alleati, Asse, Comintern), ma addirittura nel creane di nuove, superando la contrapposizione bipolare dell'epoca (Asse contro il mondo) in favore di uno schema più complesso in cui persino i colpi di stato possono essere un'arma utile per trovare nuovi alleati o anche solo neutralizzare un nemico.
 
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La parte più difficile, però, è senza dubbio quella relativa alla preparazione delle forze armate. A dispetto di Hearts of Iron III, infatti, la creazione di un'unità presuppone la definizione di un template di divisione (ovvero delle brigate e dei battaglioni che andranno a comporre una divisione), la produzione degli equipaggiamenti necessari, e l'addestramento della stessa, tutte attività che sottendono uno sforzo di pianificazione non indifferente (es. una divisione corazzata non è semplicissima da mettere in campo senza un'adeguata potenza industriale), amplificato dalla continua necessità di aggiornare l'equipaggiamento (es. la differenza tra una corazzata del 1918 e una corazzata del 1940 è notevole), e soprattutto di sostituirlo per far fronte alle perdite in battaglia (es. i carri armati si guastano/usurano).

Discorso non dissimile vale anche per le unità aeree e navali, ove, pur in assenza dell'addestramento e dei template, tante sono le decisioni figlie dell'impostazione tattica che si intende seguire, a partire proprio dalla guerra marittima che sin da subito pone il giocatore di fronte a scelte importanti destinate a riverberarsi sul prosieguo della partita (puntare sulle corazzate vecchio stile o sulle portaerei? sfidare la potenza navale britannica o attuare una guerra sottomarina?).

Radicalmente mutata, ma decisamente semplificata è la ricerca scientifica, con slot 4/5 slot di ricerca e rami tecnologici piuttosto chiari e privi di sovrapposizioni (le dottrine militari sono alternative, ad esempio o si punta sulla Blitzkrieg o sulle grandi manovre), in cui diventa però essenziale il coordinamento con una delle novità del gioco, il focus nazionale, che nel definire linee di sviluppo della nazione utilizzata (linee che vanno dalla creazioni di alleanze alla possibilità di fabbricare casus belli) consente di sbloccare una serie di bonus scientifici decisamente utili per cercare di raggiungere quanto prima una superiorità tecnologica sugli avversari (ad esempio la Germania può sbloccare piuttosto velocemente i Panzerkampfwagen IV).
 
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Insomma, per farla breve la parte gestionale della fase preparatoria è complessa, profonda, e, soprattutto, molto impegnativa per il giocatore (persino per chi ha giocato ai precedenti capitoli della serie), ma ancor più articolata è la fase bellica vera e propria, ovvero il fulcro stesso del gioco, che, spogliata del folle micromanagement di Hearts of Iron III, è ora una questione di accurata pianificazione e integrazione fra le diverse forze belliche.
 
In particolare, se la guerra aerea e navale è stata notevolmente semplificata con una struttura a missioni articolate su settori, la guerra di terra passa ora per i piani di battaglia, con il giocatore chiamato a formare le armate, definirne la composizione e il comandante (ogni comandate ha delle abilità e guadagna esperienza sul campo), stabilendone le linee di avanzata (o di difesa) mediante un sistema di tracciati su mappa che nella sua apparente semplicità si palesa dopo molte ore di gioco come uno strumento in grado di portare alla creazione di piani estremamente articolati e manovre devastanti.

Nel complesso la fase bellica di Hearts of Iron IV è senza dubbio una sfida di livello per chi ama gli strategici, e solo giocando (e commettendo errori) si arriva gradualmente a dominare alcuni aspetti fondamentali del gioco che, con grande soddisfazione, permettono di passare dall'avere difficoltà ad invadere la Grecia al riuscire a resistere (e vincere) con la Germania nazista su due fronti (Alleati e Unione Sovietica), passando per un'epica spedizione di Giovanni Messe in America volta a piegare la resistenza degli Stati Uniti.
 
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Hearts of Iron IV da questo punto di vista è un vera e propria apoteosi del genere, ma, purtroppo, non sempre è assistito da un'IA ottimale. L'intelligenza artificiale, infatti, ha seri problemi nel gestire molteplici fronti con una resa complessiva a stento sufficiente (basti solo pensare che delle molte partite giocate la Germania solo due volte è riuscita ad invadere la Francia) che viene peggiorata da scelte assolutamente incomprensibili anche dal punto di vista diplomatico, soprattutto nel caso del Terzo Reich, ovvero di quello che dovrebbe essere il perno dell'Asse, che, pur essendo in grado di annichilire i sovietici, riesce nella storica impresa di essere invaso dai temibili Paesi Bassi.
 
Proprio in temi di difetti, altro limite piuttosto strano è la poca accuratezza storica con cui sono state trattate alcune nazioni, ivi inclusa l’Italia, che, oltre al ovvio Mussolini, non solo non presenta i reali leader dell’opposizione dell’epoca, ma, soprattutto, offre un numero di generali veramente ridotto (con il solo Messe dotato di un livello di esperienza accettabile), e persino alcuni ‘vuoti’ nelle immagini dei veicoli più avanzati.
 
Non rientra tra i difetti invece il comparto grafico che, seguendo l’esempio di Europa Universalis IV e Stellaris, sfrutta al massimo le capacità del Clausewitz engine con uno stacco veramente evidente rispetto all’ormai obsoleto Hearts of Iron III. Come sempre spettacolare è poi la colonna sonora del gioco impreziosita anche dalla presenza di una nuova versione di alcune storiche basi strumentali della serie.
 
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Hearts of Iron IV è un must per gli appassionati degli strategici, un gioco complicato che rappresenta una sfida cui non si può dire di no. Pur con alcuni difetti, il titolo creato dalla Paradox Interactive ha tanto da offrire e se lo sviluppatore svedese saprà intervenire la dove serve non v’è dubbio alcuno sul fatto che HOI IV diventerà il simulatore bellico per eccellenza.