Due anni e mezzo fa, in un 2015 già contraddistinto da una pletora di uscite di eccezionale qualità, gli sviluppatori svedesi di Fatshark stupirono il pubblico degli appassionati dei titoli d’azione survival, nonché quelli dei cosiddetti “hack ‘n slash” con un titolo partito in sordina e poi rivelatosi capace di tenere incollati allo schermo anche i più duri veterani di Left 4 Dead. Proprio dal capolavoro Valve, infatti, Warhammer: The End Times – Vermintide traeva più di qualche ispirazione, prendendo dichiaratamente in prestito la formula di gioco di base, e innestando su di essa i propri, personalissimi tocchi, il tutto appoggiandosi al celeberrimo universo fantasy dark di Warhammer Fantasy Battles; il quale, tra l’altro, proprio negli ultimi anni è stato protagonista di un vero e proprio “risorgimento” (quantomeno in ambito videoludico, in quanto il wargame da tavolo in sé è ormai discontinuato e fuori produzione da qualche anno), grazie non solo a Vermintide stesso, ma anche ai due eccellenti Total War: Warhammer.

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Con Warhammer: Vermintide 2 l’obiettivo della software house, è chiaro, è quello di capitalizzare al massimo sull’esperienza acquisita con il primo titolo, figlia anche di un supporto costante e apprezzato nel corso dei suoi due anni di vita circa tramite numerose patch e frequenti DLC. Il titolo si presenta ai nastri di partenza su piattaforma PC (al momento in esclusiva, ma in futuro Vermintide 2 arriverà anche su PlayStation 4 e Xbox One) forte di un periodo di beta piuttosto lungo – circa un paio di settimane – e di diverse patch già uscite al momento della scrittura di questo articolo, segno della volontà di Fatshark di ingraziarsi l’utenza grazie alla stessa buona volontà che aveva reso parecchio apprezzabile il periodo post-lancio del predecessore. Con diverse aggiunte previste per i prossimi due-tre mesi come il supporto per le mod, i server dedicati e un primo DLC con due mappe al seguito, ci sono dunque tutte le carte per un titolo che possa costruire sulle già solide basi della precedente iterazione, migliorandole ulteriormente e spingendosi verso nuove vette. Cosa che è, poi, tutto quello che si potrebbe desiderare da un sequel degno di questo nome.

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Vermintide 2 pesca a piene mani la propria “lore” dal franchise di Warhammer Fantasy Battles, in particolare da quegli End Times che hanno decretato la fine ufficiale dell’amato wargame, non senza diverse polemiche da parte degli appassionati. Proprio la “Fine dei Tempi” che costituisce il periodo temporale del titolo vede l’invasione, tra le altre cose, di orde di uomini-ratto chiamati Skaven, tanto malvagi quanto codardi. E infatti, i cinque eroi protagonisti si trovavano spesso ad affrontare, nel corso del primo capitolo, numerose orde di ratti troppo cresciuti, proprio come avviene in titoli cooperativi sullo stile di Left 4 Dead. Nonostante gli eroici sforzi dell’eterogeneo gruppo di individui, alla fine Ubersreik, la città protagonista delle vicende, cadeva di fronte agli interminabili assalti dell’orrido nemico, e infatti il prologo di Vermintide 2 inizia proprio in medias res, chiedendoci di assumere i panni di Markus Kruber, disincantato sergente dell’esercito imperiale, e di combattere per sfuggire alla prigionia liberando al tempo stesso i propri compagni: il ranger nano Bardin Goreksson, l’elfa dei boschi Kerillian, la maga del fuoco Sienna Fuegonasus e il cacciatore di streghe Victor Saltzpyre.
 

 
Proprio nel corso di tale preludio, il giocatore sarà fin da subito testimone della più grande novità di Vermintide 2: l’introduzione di un nuovo nemico, i predoni del Caos seguaci di Nurgle, dio della corruzione, della pestilenza e della malattia. E si tratta senza dubbio di un’aggiunta tra le più indovinate del titolo, perché i nordici nemici si dimostrano fin da subito, lama contro lama, avversari ben più tosti rispetto ai ratti, preferendo i primi contare molto di più sulla forza bruta nel combattimento corpo a corpo, rispetto al puro focus sui numeri degli Skaven. Ciò si riflette, naturalmente, anche nei nuovi nemici d’élite introdotti, che vedono per esempio l’entrata in scena di ulteriori marchingegni di morte da distanza per gli Skaven, come i Lancafiamme Warp, ma soprattutto dei temibili Guerrieri del Caos per i cultisti, imponenti giganti racchiusi dentro una corazza, immuni a tutto se non ai colpi più potenti. Tra stregoni capaci di immobilizzare gli eroi o di evocare pericolosi uragani, berserker che non si fermano davanti a nulla in preda alla loro furia e tante altre sorprese, ciò che più stupisce nei primi momenti di Vermintide 2 è come l’aggiunta di quelle che, tutto sommato, sono solo una manciata di tipologie di nemici in più abbia avuto l’effetto di aumentare a dismisura la varietà di gioco, generando partite sempre ricche di sorprese anche dopo diverse ore trascorse a massacrare orde di seguaci caotici.

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Come già detto, infatti, Vermintide 2 si declina essenzialmente in un titolo d’azione cooperativo survival a quattro giocatori, i quali dovranno attraversare delle mappe lineari sotto i colpi di orde di nemici più o meno particolari, gestiti da una intelligenza artificiale che fa da vero e proprio “regista” dell’azione. Ad ogni partita completata si otterranno esperienza per far salire di livello i singoli personaggi (ne parleremo meglio tra poco) e casse di bottino variabili in base alle proprie prestazioni e a determinati oggetti raccolti, contenenti armi e amuleti da indossare per potenziarsi tramite utili perk e aumentare il proprio livello di potere; il raggiungimento di determinati quantitativi di potere è necessario per poter affrontare le quattro difficoltà crescenti in cui è diviso il gioco, con l’ultima (denominata “Leggenda”) davvero proibitiva e particolarmente ardua anche per i veterani del primo titolo. Non tema, in ogni caso, chi pensa che tale design possa portare facilmente all’introduzione delle tanto detestate microtransazioni: il titolo Fatshark è vecchio stile, prendendo in prestito solo i meccanismi di design dell’apertura dei forzieri e lasciando spazio prima di tutto all’abilità e alla tenacia del giocatore, che solo superando i livelli e acquisendo esperienza potrà godersi il meritato bottino.

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Il grinding è, dunque, sì un elemento base di Vermintide 2, ma il tutto è realizzato con un certo equilibrio che impedisce il sopraggiungere della noia: sebbene per le armi più rare ci voglia, naturalmente, un po’ di fortuna con i dadi, non è difficile partire da zero con un personaggio completamente nuovo (i livelli sono infatti differenziati in base al singolo eroe) e ottenere già dopo poche partite un discreto numero di armi e accessori, complice anche il fatto che amuleti, anelli, portafortuna equipaggiabili sono condivisi tra tutti i protagonisti. Tali velleità tipicamente da gioco di ruolo completano e integrano perfettamente la formula “Left 4 Dead-like” da cui parte Vermintide 2, dando così al giocatore stimoli ulteriori e spinta costante. Il tutto, poi, è completato da un sistema di crafting molto più permissivo e migliorato rispetto al predecessore, in quanto permette la forgiatura e la personalizzazione di armi in modo più versatile e utile, grazie alla facilità con quale è possibile ottenere i componenti di base.

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Detto questo, è un peccato che l’interfaccia di base sia così deficitaria: l’inventario è organizzato in modo pessimo, e fallisce nel dare informazioni che siano effettivamente utili al giocatore, come la quantità di punti salute effettivi e – più in generale – i singoli valori numerici delle abilità e delle armi. La gestione dell'equipaggiamento è altresì un fastidio, poiché essendo alcuni degli oggetti equipaggiabili condivisi tra tutti i personaggi, come già detto, è necessario selezionare singolarmente ogni eroe e togliere da esso i singoli oggetti prima di poterli utilizzare per una qualsivoglia attività legata la crafting (non è infatti possibile eseguire alcun tipo di operazione sugli elementi già equipaggiati, nemmeno fonderli). Davvero una brutta dimostrazione di macchinosità e inutile frustrazione, che sarebbe stata francamente evitabile con un minimo di accortezza.

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I cinque guerrieri che è possibile selezionare in ogni momento sono caratterizzati prima di tutto, proseguendo il già ottimo lavoro iniziato con la precedente iterazione, da armamentari radicalmente differenti, con strumenti d’offesa che spaziano tra asce, mazze, spade a uno o due mani, martelli da guerra, vari tipi di archi, armi da fuoco per tutti i gusti. Il combat system in prima persona di Vermintide 2 è facilmente classificabile come uno dei migliori del genere, sia per la visceralità della mischia, che riesce facilmente a restituire le sensazioni di una vera e propria orgia di sangue e budella (grazie anche al sound design sopraffino dei colpi), sia per la precisione delle hitbox, sia per la varietà dei moveset connessi ad ogni arma che aprono ad un’ampia varietà di approcci e di stili di gioco.
 

Come vuole la tradizione, poi, i variegati protagonisti sono distinti anche da personalità assai complementari tra loro: le discussioni che nascono spontaneamente sul campo di battaglia sono ricche di stile, ma anche di una certa, a volte davvero inaspettata, verve caratteristica. Intendiamoci, in Vermintide 2, così come nel capitolo precedente, difficilmente troveremo un approfondimento psicologico veramente compiuto – e d’altronde, sarebbe difficile aspettarsi altrimenti dato il focus principale del titolo sul gameplay puro. Anche la narrativa principale si dimostra piuttosto inconsistente, fondandosi su alcune affrettate spiegazioni prima e dopo ognuno dei 13 livelli e lasciando da parte qualunque caratterizzazione degli avversari o intreccio degno di tale nome. Ciò che è ravvisabile, piuttosto, è un eccellente lavoro effettuato sul background, sulla cosiddetta “lore”, con tanti tocchi di classe per gli appassionati dell’ambientazione, e in particolar modo per chi ha letto gli amati/odiati romanzi dedicati alla Fine dei Tempi. Seppur a volte stereotipati e mai troppo complessi, poi, i cinque (anti)eroi protagonisti si dimostrano comunque accattivanti, forti di un umorismo mai troppo esagerato né banale che permea costantemente i loro battibecchi.

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Tra le novità più importanti di Vermintide 2, figurano ovviamente le tre sottoclassi selezionabili per ogni eroe, grazie alle quali viene ulteriormente approfondito l’aspetto RPG: ognuna di queste specializzazioni possiede una specifica abilità passiva e una attiva, oltre ad una serie di cinque talenti a scelta fra una rosa di 15, che determina un’ottima varietà di build possibili e ruoli assumibili, e al tempo stesso vengono sempre mantenuti la personalità e il feeling del singolo personaggio. Il nano Bardin può vestire i panni di un ranger veterano, specializzato nelle armi da tiro e nel supporto, indossare la pesante corazza in gromril di uno Spaccaferro delle Karak, quindi coprendo una funzione più da “tank”, oppure lanciarsi in battaglia con doppie asce e l’urlo da guerra di un temibile Sventratore, massimizzando i danni a discapito della salute.

Mouse e tastiera alla mano, Vermitide 2 è una vera e propria festa di violenza grandguignolesca, incredibilmente soddisfacente ed esilarante in alcuni punti grazie anche ad un level design maturo e sempre vario, con livelli lineari ma ricchi di anfratti (nei quali saranno quasi sempre nascosti degli utili oggetti) e luoghi nascosti. È però un peccato che tale bontà sia in parte rovinata da un bilanciamento non proprio perfetto: alcune specializzazioni e rami di talenti sono chiaramente più potenti rispetto ad altre opzioni, mentre alle difficoltà più alte si è potuto spesso notare come l’IA che regola i nemici si faccia prendere spesso e volentieri la mano, inondando il giocatore con orde di nemici speciali e d’élite in quantità decisamente eccessiva, denotando soprattutto un comportamento a dir poco erratico: non sarà raro avere enormi difficoltà a superare un livello, per poi riprovarci poco dopo e notare, questa volta, una immensa facilità. A ciò si uniscono alcuni problemi di connettività che ancora piagano la build attualmente disponibile, e che si spera vengano risolti nel prossimo futuro.

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Parlando, infine, del quadro tecnico, il motore che fa girare Vermintide 2 sulle moderne macchine da gioco si dimostra, ancora una volta, leggero e scalabile ma al tempo stesso capace di donare scorci deliziosi. Al netto di alcuni problemi relativi al lato illuminazione, che si concretizzano soprattutto in una gestione dell’HDR a dir poco pessima, il titolo soprattutto può vantare un lavoro notevole di texture e una più che discreta effettistica, il tutto accompagnato da un art design davvero sontuoso, capace di portare con maestria a schermo il tetro universo di Games Workshop. Completa il tutto la colonna sonora firmata da Jesper Kyd, con tracce poderose e di personalità non indifferente, in particolare il meraviglioso tema principale.
 
Un nettissimo miglioramento rispetto al predecessore su quasi tutti i fronti: così si configura Warhammer: Vermintide 2, che dimostra così un’accresciuta maturità da parte della software house svedese Fatshark. Ogni raffinamento della formula di gioco già inaugurata nel 2015 è effettuato con cognizione di causa, con l’obiettivo di costruire un’esperienza maggiormente ricca di personalità e più profonda soprattutto sul lato RPGistico. Vermintide 2 è un titolo a tratti davvero eccezionale, soprattutto per chi ama le ambientazioni dark fantasy e l’hack ‘n slash più diretto e viscerale, ma c’è decisamente qualcosa anche per chi apprezza le esperienze cooperative più sfaccettate e una certa misura di grinding non eccessiva. C’è, chiaro, ancora qualche limatura da effettuare, ma se il supporto post-lancio dovesse rivelarsi sullo stesso livello qualitativo di quello accordato al primo Vermintide, allora fra qualche mese potremmo trovarci davanti ad una vera e propria perla del genere.