Con l’uscita della Atelier Dusk Trilogy DX sono ora ben undici gli Atelier disponibili su PlayStation 4 e Steam (praticamente la metà della ventennale serie), e nove per quanto riguarda invece Nintendo Switch, a cui va aggiunto lo spin-off gestionale Nelke and the Legendary Alchemists. Una quantità di alchimiste che ha visto un’impennata specialmente nel 2019 appena concluso, con l’avvento di Nelke, Lulua e Ryza, l’annuncio durante lo scorso Tokyo Game Show riguardante una nuova edizione della 2° trilogia PS3, riproposta ad un anno di distanza da quella di Arland, non è stata dunque una sorpresa. Con un rinnovato motore grafico e un impianto narrativo sopra la media, Atelier Ryza ha avuto il merito di riportare entusiasmo nei confronti una serie che stava perdendo un certo smalto, in seguito ad alcuni capitoli non proprio memorabili. Vale dunque la pena ripercorrere i tre esponenti della serie Dusk tanto apprezzati tra il 2013 e il 2015, per capire cosa la rende così speciale e constatare se possono essere un buon punto di approdo alla serie per eventuali interessati.

The Alchemist of Dusk Land
 

Dopo la morte del nonno e la scomparsa della sorella minore Nio, la giovane Ayesha Altugle vive in un laboratorio in mezzo al nulla, guadagnandosi da vivere creando medicine su commissione e con la sola compagnia del suo animale domestico, una specie di mucca chiamata Pana. Nei pressi della sua abitazione si trovano alcune rovine conosciute come Altugle Herb Garde, e proprio qui, un giorno, assiste con suo enorme stupore all’apparizione del fantasma di sua sorella, prima di scomparire dopo pochi secondi. L’incontro con Keithgriff Hazeldine, un alchimista errante che sembra essere a conoscenza di molti misteri di questo mondo, spinge Ayesha ad intraprendere un viaggio per far luce su questo fenomeno e trovare un modo per salvare sua sorella.

Il 2011 è un anno cruciale per Gust, è in questo periodo infatti che Koei Tecmo rivela il piccolo studio di Nagano con lo scopo di renderlo il suo studio interno di RPG, mantenendone però intatta l’indipendenza creativa. Atelier Ayesha: The Alchemist of Dusk (Asha no Atorie - Tasogare no Daichi no Renkinjutsushi), inaugura di lì a poco questo nuovo corso in seguito alla (momentanea) conclusione della serie di Arland, e pur servendosi ancora dello stesso engine dei precedenti (il Phyre di Sony), lo stacco stilistico rispetto a Meruru appare evidente, a partire dal nuovo illustratore Hidari cui spetta l’arduo compito di sostituire un apprezzato artista come Mel Kishida.
 

Il sottotitolo “Alchimista della Terra del Crepuscolo” ci introduce ad un nuovo mondo, senza nome, in lenta ma costante decadenza, in totale contrasto con la prospera e vivace Arland, dove l’arte dell’alchimia sembra ormai totalmente dimenticata. Misteriose e imponenti rovine sparse per i boschi e le pianure desolate testimoniano un’avanzata civiltà del passato, ma la popolazione sembra non curarsene, intenta solo ad aggregarsi in piccole comunità e svolgere umili mansioni per tirare avanti. Lo studio e la ricerca di culture passate sembrano prerogativa per pochissime persone e la graziosa Ayesha è fra queste, per quanto non si renda ancora conto di praticare l’alchimia, sarà l’incontro con lo studioso Keithgriff Hazeldine e il desiderio di ritrovare sua sorella a spronare la sua sete di conoscenza.

Ayesha si circonderà di compagni, otto in tutto, che la supporteranno nella sua ricerca, dall’amica d’infanzia Regina Curtis alla forte spadaccina Linca, passando per la giovane strega Wilbell e il cacciatore errante Juris, la compagnia saprà intrattenere, a cui si aggiungeranno molti NPC interessanti. Marion e Odelia, rilasciate in origine tramite DLC, sono disponibili fin da subito in questa versione (come in quella Plus), la prima la vedremo in veste di “capo ufficio” in Escha & Logy ma qui mostra tutte le sua abilità pistolere, con un grado di “coolness” che francamente non ti aspetti da una office lady all’apparenza tutta timbri e documenti.
Atelier Ayesha ha però un sistema di reclutamento tutto suo: sono tre i personaggi che potremo avere in squadra, e nulla di strano in questo, ma qualora volessimo cambiare assetto dovremo andare a parlare fisicamente con il personaggio desiderato per scambiare così il posto mettendone uno in “panchina”. Un po’ macchinoso.
 

In compenso questo capitolo introduce un sistema di combattimento totalmente rinnovato e che caratterizzerà la trilogia, con i personaggi che possono coprire diverse posizioni sul campo e in base alla quale possono aiutarsi a vicenda e attaccare i nemici con un attacco alle spalle causando maggiori danni, mentre l’indicatore AC (Active Command) al suo riempimento consente, con la rapida pressione di un tasto, di effettuare colpi di assalto (Pursuit) o proteggere un compagno dall’attacco di un nemico.

Per quanto riguarda il cuore dell’esperienza Atelier, quella esplorativa e gestionale, Ayesha mantiene il “Calendar System” dei precedenti ma con una rigidezza minore e una maggior permissività rispetto a quanto visto in Rorona. I tre anni che il gioco concede sono più che sufficienti per completare tutti gli eventi e padroneggiare l’alchimia, a meno che non si inizi a vagare proprio a caso per le terre del Crepuscolo, dato che i viaggi sono l’attività che consuma il tempo maggiore. Chi vuole completare tutto in un solo playthrough dovrà giusto prestare particolare attenzione al Treasure Contest organizzato da Marietta, che si tiene due volte l’anno in determinati mesi, e ad alcuni boss facoltativi.
 
La tua espressione quando spulciando i trofei scopri di aver saltato un evento

Ayesha terrà aggiornato un quaderno dove registrerà i vari obiettivi, contrassegnando con una stella quelli importanti che portano avanti la storia, mentre gli obiettivi secondari, catalogati come "info" e “search”, consistono nel setacciare le varie aree facendo piazza pulita di mostri e materiale, condizione necessaria in determinati luoghi per scoprire nuove aree (i "travel").
Oltre al suddetto registro Ayesha possiede anche un diario personale che possiamo compilare guadagnando dei punti chiamati “Memory Points”, ottenibili con il completamento delle missioni secondarie, dalla raccolta di alcuni volantini o anche solo parlando con i NPC; le “Memorie” del diario conferiscono vantaggi di vario tipo sulle statistiche e le abilità di Ayesha, aumentando il suo livello di alchimia acquisirà nuove abilità e di conseguenza un maggiore controllo sul processo di sintesi degli oggetti, che come da tradizione mostra tutta la sua profondità nelle fasi avanzate.
 

Rispetto alla precedente serie di Arland, in questo capitolo (e in parte nei successivi) risalta all’occhio una scelta cromatica totalmente diversa, il mondo di Atelier Ayesha trasmette una sensazione di perenne “autunno”, contestualmente al suo stato di decadenza; i terreni sono distese di foglie morte, la luce del sole è tenue e costante nel filtrare le fitte foreste che circondano i modesti insediamenti urbani, tali elementi donano al gioco un’atmosfera bucolica a tratti malinconica, ma sorprendentemente evocativa, complice anche una splendida colonna sonora, tra le migliori della serie. Insomma al di là di alcuni fondali e ambienti un po’ spogli inoccultabili ai suoi otto anni di età, Atelier Ayesha si presenta ancora oggi molto gradevole alla vista, grazie ad una cura estetica attenta nella sua consapevolezza di limiti tecnici ben delineati.

The Alchemists of Dusk Sky
 

Quattro anni dopo gli eventi di Atelier Ayesha: The Alchemist of Dusk, in una regione a ovest della Terra del Crepuscolo, le persone stanno lentamente riscoperto l’alchimia e i suoi benefici. Nei pressi della remota città di Colseit svettano nel cielo rovine fluttuanti che nessuno è mai riuscito a raggiungere, Logix "Logy" Fiscario, un alchimista proveniente dalla città centrale, e una ragazza di nome Escha Malier, originaria di Colseit, vengono assegnati ufficialmente al team di sviluppo per svolgere commissioni, approfondire l’alchimia e con essa scoprire un modo per esplorare le rovine nel cielo.

Atelier Escha & Logy: Alchemists of the Sky (Esuka and Rojī no Atorie - Tasogare no Sora no Renkinjutsushi) porta avanti, con un cambio di rotta evidente già nell’incipit, la serie Dusk concentrando il focus sui sogni e gli obiettivi dei due protagonisti. Laddove Ayesha era mossa dal desiderio di ritrovare sua sorella, scoprendo praticamente per caso la sua attitudine alchemica, il già temprato duo Escha e Logy è spronato dalla sete di conoscenza e di scoperta, la tematica principale della serie viene pertanto approfondita sotto una nuova veste, insegnandoci che solo con il dovuto impegno nel riscoprire il passato possiamo evolvere noi stessi e il mondo che ci circonda. Il tutto narrato con una genuinità rimarcabile tanto nelle scene quotidiane quanto in quelle più avventurose, qui tornate protagoniste nell’ambito della scelta di due campagne (più “slice of life” Escha, più “RPG classico” Logy) avvalorato da un retrogusto quasi da vecchio film Ghibli tra aerostati e isole nel cielo, che rendono questo capitolo particolarmente appetibile anche per i neofiti della serie alchemica.
 

Andare “contro” la tradizione Gust che vede nell’alchimista un mestiere tutto al femminile (seppur già precedentemente interrotta dalla trilogia Iris) è stata una scelta coraggiosa che ha rischiato di inimicarsi il fandom storico, ma che tuttavia sembra aver almeno in parte colpito nel segno vista la fama che hanno goduto i due protagonisti, in varie forme, secondi solo a Rorona per apparizioni e gli unici a vantare addirittura una serie animata, al che viene da chiedersi perché Gust si sia defilata nel ripeterne la formula.
L’inevitabile fantasticheria romance rimane tale dilettandosi su quel filo dell’inconcludenza tipicamente da commedia giapponese, protraendosi fino a Nelke, la quale al momento di chiedere ai due se stanno insieme riceve da Escha una risposta imbarazzata del tipo “siamo solo colleghi…per ora”, Escha va bene che in questo mondo non si invecchia ma ormai di camei ne hai avuti tanti, che stai aspettando? Impara proprio dall’intraprendente Nelke che nella storia extra irrompe nella stanza di Lotus vestita di una sola sottoveste, Logy saprà apprezzare.
 
"Siamo solo colleghi di lavoro, anche se non capisco perché si sia vestita così"

Come di consueto fanno il loro ritorno volti noti dal precedente capitolo come Wilbell, Linca e Marion, anche se quest’ultima non giocabile, mentre la versione Plus e di conseguenza la qui presente DX aggiunge nel party Nio Altugle. A differenza di Ayesha, in questo capitolo il carisma dei due protagonisti tende a mettere in ombra comprimari come Reyfer e Awin, nel cast spiccano giusto la prorompente Threia e l’acuta (non trovo aggettivo migliore data la sua voce) Katla, che caratterizzeranno comunque una prima metà di storia abbastanza lenta persino per la media della serie.
Il sistema di combattimento però si evolve, o meglio raddoppia, permettendo lo schieramento di ben 6 personaggi, tre in attacco e altrettanti nelle retrovie a dare supporto; i comandi di assist e di protezione del precedente gioco vengono qui eseguiti dai personaggi sul retro, i quali prendono il posto di chi gli sta davanti modificando in tal modo la formazione, è un sistema che rende le battaglie a turni di Escha e Logy tra le più dinamiche e appaganti della serie.
 

Anche il Calendar System viene leggermente modificato, rispetto a quello decisamente più “aperto” di Ayesha qui è presente una suddivisione di scadenze quadrimestrali per gli incarichi principali (9) e secondari (16), completati i quali faremo rapporto a Marion per proseguire nella storia; consegnare anticipatamente il nostro rapporto farà sì che avremo un maggior tempo libero per altri tipi di attività. I due protagonisti collaborano con la propria specializzazione nel processo di sintesi, oggetti per Escha, armi e armature per Logy, ciò a prescindere dal personaggio scelto, anche sei più potenti oggetti finali sono un’esclusiva delle rispettive route. Questi saranno poi trasferibili nel NewGame+ ad ulteriore sollecito del suo impiego, necessario oltretutto per sbloccare i numerosi finali presenti.

L’assorbimento in Koei Tecmo determina il passaggio della serie all’LTGL engine utilizzato da Omega Force per i Dinasty Warriors, e il balzo grafico rispetto ad Ayesha è avvertibile in particolare nelle ambientazioni e negli effetti di luce dinamici. Ma dove Escha e Logy rapisce è nel suo comparto musicale, dalla rock band Chirinuruwowaka, scelta per il tema di apertura “Milk-Iro no Touge”, all’inconfondibile voce di Kanako Itō (Steins;Gate) per il boss theme “Sky of Twilight”, a cui vanno sommate una quantità importante di tracce meritevoli; possiamo affermare che qui il reparto sonoro di Gust si è spinto persino oltre il suo già ottimo livello, degno di uno dei capitoli più amati della serie.
 
The Alchemists of Dusk Sea


Afflitte da un misterioso fenomeno conosciuto come “mare del crepuscolo”, le fonti d'acqua del mondo vanno sempre di più prosciugandosi, i mari sono ormai distese di sabbia, le piante si seccano e gli insediamenti umani resistono in piccole oasi. In una di queste città costiere, Stellard, si incontrano due alchimiste diverse nel carattere ma dal nomignolo in comune: Shallie. Shallistera Argo, figlia di un piccolo capo villaggio, cerca un metodo per salvare la sua terra dalla siccità accompagnata dal suo guardiano Kortes, mentre Shallotte Elminus, apprendista alchimista, porta avanti l’atelier ereditato dal padre non senza difficoltà, ricevendo al contempo “lezioni di magia” dalla strega Wilbell.

Gli oceani erano scomparsi e le pianure avevano l’aspetto di desolati deserti, tuttavia, un mestiere era sopravvissuto: quello delle carinissime alchimiste!
Seriamente, cosa dire di Atelier Shallie: Alchemists of the Dusk Sea (Sharī no atorie - Tasogare no Umi no Renkinjutsushi)? Questo sedicesimo capitolo della serie mette un po’ un tutti concordi, per una volta, nel considerarlo il più debole della trilogia, pur dimostrandosi alla prova giocata una solida e piacevole esperienza.
 

La storia delle due Shallie (un collaudato binomio “una tranquilla, l’altra vivace”), si prende carico di sviluppare e chiudere il cerchio sulla lore della serie Dusk con perizia, dimenticandosi però di imbastire un interessante intreccio di relazioni, a partire dalle stesse protagoniste, che a volte appaiono “distaccate” da ciò che le circonda, cui si somma un cast di comprimari che fatica ad imprimersi (Wilbell a parte). La stessa ambientazione, con questi mari di sabbia che riportano alla mente il miglior Breath of Fire IV a trasudare “avventura” da ogni fotogramma, poteva essere sfruttata meglio, nonostante abbia comunque le sue carte dal giocare sul versante scenografico.

La rimozione del Calendar System di per sé non è un difetto, anzi, l’assenza di rigide timeline, per quanto decisamente “allargate” nei due capitoli precedenti, permette finalmente quel senso di rilassamento, in particolare nelle escursioni, che la serie ha idealmente sempre espresso. Il problema è che a questo cambiamento nel sistema di gioco non si è contrapposto un adeguato bilanciamento della difficoltà, evidentemente i boss finali di Escha & Logy devono aver impegnato più del previsto un fandom abituato tanto a spremere le meningi in fase di sintesi e creazione oggetti, quanto a spegnere il cervello durante i combattimenti; il risultato è un sequel dall’impianto ludico decisamente più accomodante in tutti i suoi componenti, anche se ciò non impedisce a Shallie di introdurre alcune meccaniche molto interessanti.



Accantonato il calendario la novità maggiore di questo episodio è il curioso Life Task System, che suddivide i vari obiettivi nelle categorie corpo, mente, personalità e abilità, atte alla crescita fisica, professionale e caratteriale della protagonista. Combattere e raccogliere il materiale saranno compiti che riguardano il corpo, mentre la crescita della mente consiste nel dialogo con i NPC o l’apertura dei forzieri. La personalità coinvolge le più svariate richieste e gli eventi dei nostri compagni di viaggio, al contrario la sezione skills ci chiederà l’abbattimento di determinati mostri o la realizzazione di specifici oggetti alchemici. La variazione di questi parametri incide sulle attitudini della nostra protagonista, fisicamente sarà ad esempio in grado di raccogliere un numero maggiore di risorse per volta, mentre formando il proprio carattere si sbloccano nuovi eventi secondari. È a suo modo sorprendente che Gust, pur con uscite così ravvicinate tra loro, riesca a diversificare a questi strati i suoi RPG, solo all’apparenza simili fra loro, la trilogia Dusk è l’esempio migliore in tal senso.
 

Il sistema di combattimento conferma l’assetto a sei elementi, tre in avanguardia e altrettanti di supporto intercambiabili a piacimento, aggiungendo dal canto suo la barra Burst che permette al suo riempimento di aumentare l’efficacia dei colpi speciali.
Sul versante esplorativo Atelier Shallie compie un passo tecnico ulteriore permettendo, finalmente, di manovrare la videocamera per avere una visione a 360° dell’ambiente circostante e aumentando, contestualmente, la metratura delle aree, munite ora di minimappa.
Più in generale Shallie è ancora oggi uno dei migliori Atelier dal punto di vista estetico; i raggi del sole, questa volta cocenti, si abbattono con forza sui resilienti cactus, le fitte foreste di Ayesha lasciano ora il posto ad un orizzonte sconfinato e desolante, dalle sabbie emergono rovine di una civiltà lontana e fossili di chissà quali creature leggendarie mentre le architetture urbane rimandano ad un inusuale clima mediterraneo. A fare da cornice vi è l’arte di Hidari ormai al suo massimo livello e una colonna sonora che lascia decisamente il segno, ancora una volta, a partire dalla meravigliosa openingRusty Sky” questa sì, la migliore della serie per immagini e suoni, che rinuncia alla solita trascinante canzone Pop per il sound minimale dei Matryoshka, dalla voce praticamente sussurrata, etera, a dispensare evocativo torpore sensoriale.

We know the world slowly makes all be back to the start
All of our wounds need to heal more or to get worse
Invisible forces lead us to where we belong
We're looking for reasons to resist or to surrender

Plus e DX
 

In modo del tutto simile alla Arland Series Deluxe Pack dello scorso anno, Koei Tecmo ripropone la trilogia Dusk in una versione rimasterizzata e con tutti i contenuti aggiuntivi pubblicati in precedenza, comprendenti costumi extra, nuove aree abitate da potenti boss e soprattutto personaggi giocabili, con in particolare l’episodio conclusivo che diventa un vero e proprio “All Star” della trilogia data la presenza contemporanea, oltre alle due Shallie, di Ayesha, Escha e Logy. Tutti i giochi presentano un fast-forward per le battaglie e i dialoghi, attivabile in qualunque momento, e un tasto per la corsa per velocizzare i nostri spostamenti. Nel caso di Atelier Ayesha è stato incluso anche un album che permette di sbloccare delle belle illustrazioni compiendo varie azioni, oltre alla difficoltà hard per l’avventura principale. Per chi viene dalle versioni originali PS3 le novità sono dunque notevoli, mentre il discorso cambia nel caso si sia già passati dalle riedizioni Plus, pubblicate in esclusiva per PlayStation Vita, che già avevano provveduto a stipare in cartuccia i succitati DLC; per costoro questi nuovi remaster potrebbero non valere il prezzo del biglietto, il cui valore aggiunto si limita a questo punto alle migliorie tecniche riscontrabili in risoluzione maggiore e sostanziale stabilità del frame-rate, laddove invece sulla piccola portatile di casa Sony mostrava in più frangenti segnali di cedimento.
Sono inoltre state incluse tutte, ma proprio tutte le musiche della serie, dal primo Atelier Marie del 1997 alla serie Mysterious spin-off inclusi, selezionandole dall’Atelier permettono di personalizzare a piacimento la soundtrack del gioco. Questa feature era disponibile anche su PlayStation Vita previo però corposo download a parte, a causa dello spazio limitato su cartuccia.
 
 
La Dusk Trilogy vive di una alternanza di piani temporali e umori narrativi in grado di risucchiare, con il suo repertorio denso di personaggi calati in atmosfere autunnali e crepuscolari; l’alchimista è la personalità mossa dal desiderio di immaginare e realizzare un futuro migliore, forgiandosi di quello stesso malleabile materiale di cui sono fatti i sogni. Il contagioso positivismo dei pittoreschi abitanti di questo mondo rende concreta la percezione di una primavera imminente, anche se si è nel bel mezzo di un desolato e infinito deserto, riuscendo a far sollevare gli occhi al cielo anche quando il fisico è appesantito da una stanchezza interiore.