Eravamo rimasti, con i precedenti Mega Man X, alle Maverick Wars, una serie di conflitti tra Reploid che sconvolsero il mondo causati da Sigma e il suo esercito di Maverick, ma un evento ancora più terribile era all’orizzonte. Trovato finalmente il modo per debellare il Virus Sigma grazie all’abilità di cura dell’Elfo Madre, segnando così la fine delle Maverick Wars, lo scienziato umano Dr. Weil propone l’idea del Progetto Elpizo, un piano per controllare tutti i Reploidi combinando le abilità di riscrittura dell'Elfo Madre con un Reploid creato per essere un sovrano perfetto. Sebbene X si opponga a questa operazione di “dominio” del Dr. Weil, contraria alla sua "filosofia della convivenza", la paura di una guerra di lunga durata e dell’instabilità dei Reploid da parte degli umani rafforza il supporto per il Progetto Elpizo.
Rapita dal Dr Weil, l’Elfo Madre però si corrompe, trasformandosi in Elfo Oscuro, generando una nuova spirale di conflitti causati dai cloni dell’Elfo Oscuro (i Baby Elf) e il “Reploid definitivo” Omega, creato dal Dr Weil con il corpo di Zero (in “stasi” dopo gli eventi di Mega Man X6); in quattro anni di guerra il 90% dei Reploid e il 60% della popolazione umana vengono sterminati. Zero si risveglia con un nuovo corpo, lui e X riescono a sconfiggere Omega e a esiliare il Dr Weil ponendo fine anche a questa guerra. Il primo decide di nuovo di autosigillarsi mentre X fonda “Neo Arcadia”, una città stato dove umani e Reploid possono finalmente vivere in pace in un mondo ormai devastato.

Da allora passano circa cent’anni e il governo di Neo Arcadia inizia a cacciare e discriminare i Replioid, etichettandoli come Maverick. La scienziata Ciel, specializzata nella tecnologia dei Cyber-elf, forma un gruppo di Resistenza contro il regime di Neo Arcadia, ma la lotta appare impari, soprattutto perché a servizio di Neo Arcadia ci sono gli Shitennou, quattro fortissimi Guardiani Reploid creati con il DNA di X; l’unica speranza sembrerebbe un eroe, il leggendario “Eroe Rosso”, che viene risvegliato dal suo sonno lungo un secolo.

 

Pallino del suo creatore Keiji Inafune, che lo voleva protagonista assoluto già per il nuovo corso inaugurato da Mega Man X (1993), Zero si ritaglia uno spazio sempre maggiore da X3, dove per la prima volta diventa giocabile, fino ad avere delle sue campagne separate dal collega blu a partire da X4; era dunque solo questione di tempo prima che Capcom si decidesse a creare una serie interamente dedicata all’eroe rosso, la cui popolarità era cresciuta a dismisura. Con la serie X che sembrava arrivata ormai al capolinea con il mediocre sesto capitolo, scaturendo poi verso un sequel 3D sperimentale, il lancio nel 2001 di una console portatile dal successo scontato quale è il Game Boy Advance diventa l’occasione perfetta per avviare una serie con protagonista Zero.
Il progetto però non viene realizzato internamente da Capcom bensì affidato a Inti Creates, giovane studio (1996) che aveva prodotto fino ad allora due giochi per PlayStation di scarso successo: Speed Power Gunstrike e Love & Destroy, quest'ultimo conosciuto principalmente per avere il character design di Masakazu Katsura. Il Gruppo venne fondato però da molti ex Capcom e quindi con già esperienza pregressa in campo di action platform 2D, anche se ciò non ha impedito allo sviluppo del gioco di riscontrare problemi e indecisioni, in particolare in sede di scrittura.
 

La storia di Mega Man Zero opera su un confine meno marcato tra bene e male, con la resistenza di Zero e Ciel temuta dall'umanità come terroristi a cui si contrappongono i Quattro Guardiani, definiti invece i protettori di Neo Arcadia, e quindi della razza umana. Nelle intenzioni iniziali degli sviluppatori vi era addirittura l’idea di rendere il vero X l’antagonista principale, un capovolgimento di ruoli ritenuto però eccessivo dal director Ryota Ito e quindi scartato a pochi mesi dalla release, da qui l’introduzione di un suo sosia creato da Ciel come figura sostitutiva di speranza per Neo Arcadia, privo tuttavia dei ricordi di X e della sua emotività, un difetto che lo porta ad avere una visione distorta e autoritaria di giustizia.

Se dal punto di vista narrativo Mega Man Zero apre a nuovi e interessanti scenari, sul lato giocato Inti Creates si instrada in linea di massima in sentieri ampiamente battuti, proponendo qua e là piccole variazioni alla formula. Zero si è sempre distinto da X grazie alla sua Z-Saber, rendendolo molto più adatto agli scontri ravvicinati rispetto al vecchio Mega Man, che si affidava invece totalmente al suo Mega Buster; ciò rende l’approccio al combattimento molto più aggressivo che in passato, anche se presto ci accorgeremo di come andare avanti a colpi di sole spadate non sia la strategia più intelligente per Mega Man Zero, almeno per i giocatori alle prime armi.
Lo sparo assume comunque un ruolo importante nelle strategie, essendo questo potenziabile (come la Z-Saber) con il suo semplice utilizzo, a cui si può attribuire anche un elemento per sfruttare eventuali debolezze dei coriacei boss. Rispetto ai precedenti giochi la serie Mega Man Zero offre una personalizzazione maggiore del nostro armamentario offensivo, permettendoci di equipaggiare un’arma primaria e una secondaria (settata di default su uno scomodo R+B) a seconda dei nostri gusti, oltre alle due armi principali infatti Zero ne troverà di ulteriori come la Triple Rod, la Thunder Chip e lo Shield Boomerang.
 

Altra novità di questa serie sono i già citati Cyber-elf, equipaggiandone tre alla volta possono conferire effetti temporanei, come ricaricare parte della tua salute o rallentare il tempo, oppure aumentare alcuni parametri. Alcuni elfi più potenti dovranno essere “nutriti” con i cristalli prima di poterli utilizzare, una meccanica però che richiede un certo quantitativo di grinding, non sempre ben accetto in un gioco di questo tipo.
Purtroppo questo non è l’unico difetto di Mega Man Zero, se dal punto di vista grafico e delle animazioni il debutto su GBA si dimostra buono, lo stesso non si può dire per il level design, innegabilmente di qualità inferiore a quanto la serie X ci aveva abituato. Pur considerando la natura portatile del titolo, che esige comprensibilmente sessioni di gioco più stringenti, i livelli di MMZ sono obiettivamente brevi e poco ispirati, con fasi platform ormai ridotte all’osso (e quelle poche sono pessime, come le piattaforme nella fabbrica che sfuggono alla nostra visuale) e la struttura a missioni quale pretesto per riciclare le già non proprio numerose ambientazioni.
 

Fortunatamente Inti Creates migliorerà molto su questo aspetto già a partire da Zero 2, dove torna il classico selezionatore dei livelli e dove viene abolita la possibilità di “fallire” permanentemente una missione come nel primo episodio, una scelta a dir poco allucinante. Il level design in Mega Man Zero 2 migliora sensibilmente e l’introduzione della Chain Rod, evoluzione della Triple Rod che può essere impiegata per agganciare oggetti o aggrapparsi a soffitti e pareti, conferisce al gioco un deciso progresso nelle fasi esplorative. Anche il sistema degli elfi viene rivisto più volte nel corso dei 4 capitoli, la costante che invece caratterizza i sequel è il sistema dei rank, la cui introduzione alza notevolmente un livello di difficoltà già non proprio accessibile, dato che solo ottenendo punteggi più alti nelle missioni è possibile sbloccare le Ex Skill.

A tal proposito se a qualcuno balenasse nella testa il pensiero che l’approdo su portatile Nintendo possa aver “addolcito” la serie, è meglio che rinunci subito a questa ingenua supposizione: i Mega Man Zero sono di una difficoltà estrema, piazzandosi mediamente sul livello più hardcore della trentennale saga, in particolare per quanto riguarda il primo capitolo in cui sia gli Shitennou (ispirati a esseri mitologici) che il boss finale, saranno in grado di far tirare giù i Santi anche ai giocatori più navigati. Certo nella collection è inclusa una modalità principiante, ma i più temerari avranno pane per i loro denti qualora volessero approfondire le tecniche più avanzate, il tecnicismo della tetralogia Zero raggiunge vette mai viste prima per la serie Capcom, basta dare un’occhiata a questo video per capirlo; qui Inti Creates getta le basi per la sua futura e apprezzata serie Azure Striker Gunvolt.
 

Tōru Nakayama è il nuovo character design e artista incaricato per questa minisaga, il suo stile, morbido e a tratti fanciullesco ma al contempo energico, dona un carisma inedito anche ai personaggi non principali, non a caso gli Shitennou faranno più apparizioni nei vari capitoli, cosa abbastanza rara per gli antagonisti della serie Mega Man. Il compositore Ippo Yamada, qui alla sua prima prova importante dopo Speed Power Gunbike, non parte nel migliore dei modi con una OST abbastanza impalpabile per il primo capitolo, ma saprà farsi valere nei successivi con tracce molto più trascinanti, al netto del catorcio di chip sonoro montato nel GBA.
 
Una nuova generazione di eroi: ZX


Secoli dopo Mega Man Zero 4, umani e Reploidi convivono pacificamente in un mondo tecnologicamente avanzato, entrambi tutelati da nuove leggi. Tuttavia iniziano a verificarsi incidenti in tutto il mondo, causati da nuovi Maverick, rendendo alcune aree pericolose per gli abitanti e ostacolando lo scambio tra le nazioni. Le nazioni furono divise in aree designate come Interno, dove era sicuro per gli umani vivere, e nella regione Esterna dove apparvero i pericolosi Maverick. Protette dai progressi della società Slither Inc, alcune zone definite “Inner” prosperano in sicurezza grazie alla sua tecnologia, mentre nelle regioni di confine si verificano costantemente attacchi da parte dei Maverick.
Gli umani formano così una nuova organizzazione di autodifesa nota come Guardiani, incaricati di difendere le regioni di frontiera e garantire la sicurezza degli scambi commerciali, in particolare per quanto riguarda la ricercata tecnologia dei Biometalli.


Concluso l’arco di Zero, nel 2006 Capcom porta prevedibilmente la serie di Mega Man sul portatile a due schermi di Nintendo, continuando il rapporto di collaborazione con Inti Creates, che decide di trasformare la serie un vero e proprio “Metroidvania”. La caratteristica principale di Mega Man ZX e del suo sequel è infatti la sua struttura “aperta”, in parte già vista nel primo Mega Man Zero ma qui presente in una forma decisamente più massiccia, con tantissime aree, denominate con lettere e numeri, tutte interconnesse tra loro.
X e Zero sono ormai un passato remoto, ma il loro “stile” sopravvive attraverso questi “Model” utilizzabili dai due protagonisti Vent e Aile i quali, una volta trasformati come nel più classico dei tokusatsu, ne ricalcano perfettamente armi e movimenti. Ai due modelli principali se ne aggiungeranno di ulteriori, alcuni dei quali ispirati ai boss dei precedenti capitoli, come Harpuia (Model HX) e Lieviathan (Model LX) degli Shitennou. Scartato il sistema degli Elfi, tornano oggetti e sub-tank per potenziare gli attributi.
 

Mega Man ZX è generalmente ben apprezzato dalla fanbase di Mega Man in virtù della sua varietà e cura dei dettagli, tuttavia, pur non raggiungendo le vette più illegali della serie, l’alta difficoltà unita alla nuova struttura aperta della mappa capace non di rado di disorientare, rende in alcune fasi il gioco frustrante. Le critiche vengono recepite dagli sviluppatori i quali decidono, per il sequel Mega Man ZX Advent, di migliorare il sistema di mappatura e inserire finalmente un selezionatore di difficoltà con l’opzione Beginner, anche se ciò non impedirà alla serie di chiudere al secondo capitolo a causa delle vendite ormai ai minimi storici, ma anche per via di una storia, priva dei personaggi storici, sempre meno interessante. Advent presenta comunque alcune chicche curiose, su tutte il minigioco “Mega Man a” realizzato in stile NES ma in tema ZX, e chissà che non sia stato proprio questo bonus a convincere Capcom ad avviare il progetto del “retro sequel” Mega Man 9.
 

La Mega Man Zero/ZX Legacy Collection è, dal punto di vista meramente contenutistico, la miglior raccolta di Mega Man realizzata fino ad oggi. Premesso considerando le rispettive “prime metà” delle precedenti Mega Man Legacy Collection e Mega Man X Legacy Collection come quelle “essenziali” per approcciarsi alla serie, mai prima di ora si era visto un tale quantitativo di lavoro aggiunto e modifiche da parte di una raccolta di classici, fattore certamente da lodare poiché denota una cura non sempre riscontrabile in altre operazioni simili (sì Konami sto parlando con te). L’input lag questa volta si è dimostrata efficiente con comandi reattivi, un fattore essenziale per dei giochi così frenetici, mentre fra le aggiunte è sicuramente gradita l’introduzione dei save assist, che implementa dei punti di salvataggio temporanei sparsi fra i livelli e prima dei boss, migliorando sensibilmente l’esperienza (soprattutto nel primo Mega Man Zero), senza per questo andare ad inficiare la difficoltà originale del gioco come fa invece la nuova modalità principiante, già presente nella Mega Man X Legacy Collection.
Alla consueta corposa offerta di materiale bonus quali artwork, bozzetti e player musicali, come novità maggiore di questa collection abbiamo la modalità Z-Chaser, che preleva l’idea delle X-Challenge della precedente raccolta trasformandola però in una sfida time attack su vari livelli scelti, con tanto di modalità per due giocatori in split-screen e relativa classifica dei punteggi online. Per quanto riguarda le lingue abbiamo i quattro Mega Man Zero localizzati in inglese, mentre i due ZX sono come allora tradotti in italiano.
 
 
Pur simile nel feeling, la saga di Zero nativa al Game Boy Advance si discosta dalle Maverick Wars per la capacità di calibrare elementi caratteristici di scuola Capcom e richiami a nuove formule che connoteranno future produzioni di Inti Creates, proponendosi in forte discontinuità con il classico Mega Man, salvo il persistere di una affinità nel livello di bastardaggine, mitigato in questa Collection da un sistema di salvataggio assistito, quantomeno. Il passaggio al DS con l’arco ZX è quasi indolore nelle sue interessanti digressioni verso l’esplorazione aperta, non fosse per le vicende di nuovi personaggi emulatori dei classici che proprio per loro natura non riescono a destare granché interesse, ma una raccolta che si rispetti ha sempre una certa discontinuità e questa non fa eccezione, con al più l’aggiunta di tutta una certificata cura di contorno.