Per trecento anni, il pianeta Rena ha imposto il suo dominio sul vicino ma tecnologicamente molto più arretrato pianeta Dahna, impadronendosi delle sue risorse e obbligando i suoi abitanti a lavorare come schiavi, privandoli di qualsiasi libertà. Dahna è ora governato da cinque Lord, ognuno dei quali in possesso di un Nucleo Primario, un artefatto che premette loro di controllare il potere astrale di un elemento. In uno di questi regni, la rovente terra di fuoco e zolfo Orbus Calaglia, vive e lavora come schiavo un ragazzo con una maschera di ferro sul volto, che non solo è privo di memorie del suo passato, ma è anche incapace di provare qualsiasi tipo di dolore.

In quello che sembra essere un giorno di lavoro uguale ad un altro, “Maschera di Ferro”, così come viene chiamato in assenza di un nome, si ritrova coinvolto in una battaglia tra le guardie Renane e un gruppo di resistenza al regime, e nel trambusto di un treno merci in corsa si imbatte in una misteriosa ragazza, tenuta prigioniera dalle guardie, capace di sprigionare violenti aculei su chiunque provi a toccarla. Grazie anche all’aiuto di Maschera di Ferro, che d’impulso soccorre la ragazza, la Resistenza ha la meglio sulle guardie rifugiandosi così verso un vicino covo, che però viene presto a sua volta preso d’assalto. Nella via di fuga lo schiavo mascherato si ritrova a combattere fianco a fianco con la ragazza fino a poco prima tenuta prigioniera dai ribelli, che si scopre essere una renana in grado di usare magie astrali di nome Shionne; nella foga della battaglia quest’ultima però viene colpita da una freccia, ed è in questo momento che sprigiona il potere del Nucleo Primario del fuoco, che permette a Maschera di Ferro di estrarre una spada di fuoco con la quale spazza via in un colpo solo tutti i soldati. Inizia così l’avventura di una renana afflitta da una maledizione che le impedisce di toccare chiunque, e di uno schiavo renhano senza memoria in grado di impugnare la spada ardente grazie alla sua insensibilità al dolore, che intraprenderanno un viaggio per sconfiggere i Lord e liberare Dahna dal loro dominio.
 

Sono passati cinque anni dall’uscita giapponese di Tales of Berseria, un lasso di tempo che può sembrare normale per Final Fantasy o Dragon Quest, ma non certo per la serie Namco, che fin dalla sua nascita, avvenuta nel 1995 tramite cartucce del Super Nintendo, si è distinta per uno sviluppo serrato, con cadenza biennale quando non annuale, di nuovi capitoli. Già in sede di analisi su Tales of Vesperia Definitive Edition, immesso sul mercato come un seppur gradito tappa buco in attesa di novità future, si parlava di “pausa di riflessione” in seguito ai problemi di sviluppo di Zestiria, scaturite nell’allontanamento di Hideo Baba, e alle (conseguenti?) non proprio esaltanti vendite di Berseria, un capitolo dalla trama dark e indubbiamente incisiva, ma manchevole forse di quel pizzico di ambizione per fare il salto di qualità che quel periodo di maturazione PS4 e di “Rinascimento nipponico” tra Nier Automata, Nioh e Persona 5, magari richiedeva. L’arretratezza tecnica doveva essere il primo reparto su cui concentrarsi, abbiamo ben visto come a Gust sia bastato rinnovare, di neanche troppo, l’aspetto grafico in occasione di Atelier Ryza per trasformare una serie di ultra nicchia quale era Atelier, in un rpg da mezzo milione di copie; nella speranza che anche sul fronte Falcom avvenga una simile trasmutazione a partire dall’imminente (per i giapponesi) Kuro no Kiseki, di Bandai Namco non si può certo dire che siano manchevoli di risorse, e fin dal primo trailer apparve chiaro l’intento di realizzare finalmente un Tales che fosse bello da vedere, oltre che da giocare.
 

L’attesa da questo punto di vista sembra ben ripagata, e chissà che gli action Code Vein e Scarlet Nexus non siano effettivamente serviti  come palestra tecnica per i Bandai Namco Studios per arrivare a Tales of Arise, che fin dalle prime battute non si risparmia nella sua presentazione, dimostrando che anche i jrpg di stampo anime possono dire la loro graficamente. Le enormi quanto spoglie lande di Tales of Zestiria sono grazie al cielo un lontano ricordo, i suggestivi luoghi di Dahna, che si guardano dall’eccedere in metratura, ci onorano finalmente di una rifinitura estetica, tra panorami, generosa flora e quasi inediti (per la serie) effetti atmosferici, denotando un livello di dettaglio che nel panorama jrpg è secondo solo alle produzioni Square Enix e (ma solo per quanto concerne le ambientazioni) Monolith. Ma a guadagnarci rispetto al passato sono finanche i personaggi, dotati ora di un campionario di animazioni facciali, lab-sync incluso, che ne valorizzano le espressività, in particolare nei momenti drammatici (per quelli comici il gioco farà di nuovo ricorso alle ormai tradizionali scenette, qui simili alle pagine di un fumetto); Shionne distoglie lo sguardo da Alphen con quella naturalezza di cui la serie aveva effettivamente bisogno, priva ora di quella rigidità tipica di questa tipologia di jrpg, quando non ricorrono alla facile quanto sempre efficace usanza degli artwork.
 

Dopo la presa in giro di Alisha, che Hideo Baba fece sparire dalla storia perché preferiva la seiyuu di Rose, e la sete di vendetta di Velvet con la sua sgangherata compagnia di reietti, si sentiva effettivamente il bisogno di un ritorno ad una vera coppia di protagonisti con la quale appassionarsi; all’uscita di un nuovo Tales viene quasi d’impulso fare mente locale e trovare il capitolo del passato con cui accostarlo maggiormente, e se Vesperia prendeva chiaro spunto da Symphonia e Abyss, per Arise la memoria torna immediatamente a Xillia, che proprio in questi giorni compie dieci anni e verso il quale si inizia a sentire il bisogno di una remaster, perché quella catapecchia dello store PS3 si è salvato ma non si sa per quanto. Il rapporto tra Shionne e Alphen ricorda effettivamente quello fra Milla e Jude, pur con le notevoli differenze caratteriali, la Maxwell inizia guardando gli umani dall’alto verso il basso per poi lentamente avvicinarsi ad essi, scoprendo di essere più umana di ciò che crede, Shionne a causa della sua maledizione respinge qualunque tipo di rapporto asserendo di usare Alphen solo come un mezzo per raggiungere il suo obiettivo di abbattere i Lord. La vicenda prende quindi una piega abbastanza delineata, specie per chi non è alla prima esperienza nel campo anime, con Alphen deciso ad abbattere la sua questa volta neanche troppo metaforica corazza del porcospino, con questi aculei che l’hanno letteralmente condannata ad una vita di solitudine e sofferenza, il tutto narrato con i giusti tempi e un sapiente equilibrio tra dramma e leggerezza, pur pendendo questo capitolo maggiormente verso il primo, rispetto ad altri Tales, con alcune scene di efferatezza nei confronti di inermi abitanti che di certo non lasciano indifferenti.
 

Alla coppia “giovane” Law e Rinwell, che battibeccano come i due adolescenti innamorati quali sono, è riservato il ruolo di alleggerire la storia una volta completato il loro percorso narrativo, mentre gli “adulti” Kisara e Dohalin completano un gruppo di eroi decisamente convenzionale, senza eccessi (per la prima volta il disegno è totalmente affidato a Minoru Iwamoto), ma non per questo poco interessante. Ognuno di loro mostra tanto incredibili capacità in battaglia quanto significative debolezze insite nel loro animo, tra sensi di colpa, di impotenza e pregiudizi da sradicare verso l’uno l’altro popolo, Tales of Arise mette in scena una storia conflitti e di confronti in un mondo che si scoprirà, ovviamente, non essere diviso in una perfetta dicotomia tra buoni e cattivi, già alla visita del terzo regno, restando tuttavia in linea con i canoni della serie (quantomeno dei suoi livelli più alti), puntando su una messa in scena di tradizionale e collaudata immediatezza votata a garantire un mirato coinvolgimento.
 

Sul fronte del giocato Tales of Arise va diligentemente a correggere uno dei difetti di Berseria, ossia il sistema di combattimento, cestinando la meccanica della Soul Gadge con conseguente scarso coinvolgimento dei compagni che ha lasciato perplessi (e un po’ annoiati) più di un giocatore, tornando in un certo senso ad una struttura più familiare, ma al contempo moderna. Il personaggio è al solito dotato di arti o magie che possono essere impostate su un rispettivo tasto, all’eccezione del cerchio che è invece adibito al salto, ma la novità di questo capitolo è rappresentata dagli Attacchi Boost, attivabili con i tasti direzionali e specifici per i singoli alleati. Ognuno di questi ha infatti un suo preciso scopo strategico, quello di Shionne ad esempio atterra i nemici volanti, Kisara con il suo scudo ferma le cariche, Rinwell è capace di interrompere le magie avversarie e di assorbirle, Law rompe le difese dei nemici più duri mentre Dohalin li immobilizza con la sua arte della terra. Il tutto viene eseguito a schermo con una velocità sorprendente, alcuni scontri possono durare pochi secondi mentre altri, contro i nemici più coriacei, necessitano di strategie di logoramento atte a penetrare le difese per effettuare così gli Assalti Boost, ossia delle tecniche combinate fra due personaggi che lasciano poco scampo al malcapitato di turno. Un accorgimento molto intelligente del sistema di combattimento di Arise è stato quello di inserire una sorta di damage scaling per le arti, più si effettua una tecnica infatti e minore sarà la sua efficacia, spronando così il giocatore a variare le combo tra arti e attacchi normali, concatenandoli quando possibile con quelli degli alleati; queste implementazioni, a cui si aggiunge il più classico Over Limit che porta alle potenti Arte Mistiche, rendono i combattimenti di Arise i più divertenti e combo-centrici dai tempi di Graces, e non è poco.



Spiace quindi celebrare il funerale delle Victory Quotes di gruppo, che da Abyss in poi erano diventate sempre più articolate, delle vere e proprie scenette aggiunte, mentre Arise decide di tagliarle totalmente, in linea forse con i toni leggermente più seri della storia (una volta conosciuta la motivazione che muove Shionne c’è poco da scherzare in effetti) delegandole magari agli innumerevoli titoli mobile, o per rendere tutto più fluido. Ma tant’è dei difetti bisognerà trovarli a questo Tales, i regni danno tutti l'impressione di essere fin troppo vicini fra loro, i dungeon che sono sì belli da vedere ma un po’ fiacchi come map design, a volte ti sembra proprio di girare a vuoto e i poteri dei personaggi potevano essere implementati meglio, non c’è un enigma che sia uno, e se ne prende atto, blocchi e leve sono passati di moda evidentemente. Anche le sidequest e i minigiochi (pesca e farming) si accontentano del minimo sindacale, è chiaro che il team ha puntato le sue fiches su altro, mentre sarebbe da rivedere l'economia di gioco, alcuni oggetti consumabili costano un po' troppo e si è costretti spesso a tornare sui propri passi quando finiscono i Punti Cura. Parlando di fluidità il gioco gira bene su PS4, con tempi di caricamento anche abbastanza rapidi, vi sono solo delle texture un po’ timide nella loro apparizione al passaggio tra una schermata e l’altra, situazione che migliora sensibilmente su PS5, dove il gioco gira a 60fps a fronte inoltre di un’occupazione su SSD di circa 20gb inferiore. Sulle sonorità torna Motoi Sakuraba e lo fa in maniera particolarmente pomposa, con una colonna sonora soffocata forse dai tanti dialoghi, ma non per questo poco incisiva.


 
Il nuovo Tales of Arise se ne esce con una rivisitazione del classico tema dell’amicizia tra caratteri solo apparentemente agli antipodi, facendo emergere la tematica dell’integrazione, il tutto coadiuvato da una prestanza grafica finalmente all’altezza al punto da far sembrare i filmati Ufotable quasi un fastidio, un downgrade, escludendo ovviamente la splendida introduzione. Seppur non brillando appunto per particolari profondità o guizzi stilistici, l’abusato costrutto della maturazione in chiave di avventura on the road scorre tuttavia in maniera fluida e piuttosto godibile, dimostrando una certa abilità nel combinare con disinvoltura una confacente scioltezza di ritmo e una splendida direzione dei due interpreti principali.