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9.0/10
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Dimenticatevi l'allegria, il divertimento, la spensieratezza; in quest'opera non ci sono, nessuno dei protagonisti sorriderà mai nel corso degli eventi, perché assorbito e assuefatto dall'ambiente in cui vive: la città di Lux, il cui nome è volutamente un paradosso con la realtà.
Dunque la recensione dell'opera deve passare per forza tramite la descrizione dell'ambientazione: una città sotterranea illuminata artificialmente attraverso una simulazione della luce solare,costruita al fine di relegarci uomini indesiderati a causa di una sorta di pulizia etnica (questi esiliati sono gli avi dei protagonisti, la città avrà circa cento anni) e al fine di ottenere dal sottosuolo una risorsa (non vi dico cosa) da spedire agli abitanti della superficie. Lux è una città decadente, una novella Babilonia in cui molto spesso ci si fa male e si perdono gli arti, i quali sono sostituiti, se il portafoglio lo permette, da protesi tecnologiche chiamate "texhnolyze".

Ed è proprio il texhnolyze la chiave di volta della questione, in quanto quasi tutti i protagonisti principali lo possiedono, essendo mutilati più o meno gravemente; è l'uso di questa tecnologia che farà sviluppare gli eventi fino all'epilogo ed è sempre questa tecnologia che si imporrà come protagonista vero dell'opera sin dall'inizio.
I primi episodi infatti trattano del personaggio principale, Ichise, e del suo rapporto con le protesi appena impiantate, per poi passare alla sua scalata nella società di quel mondo, scalata iniziata grazie alle sue protesi, senza le quali sarebbe stato solo uno dei tanti vagabondi menomati. In questa seconda fase lo spettatore si focalizza su Ichise pensando che sia il protagonista, ma poi la tematica del technolyze torna prepotentemente.

Analizzando Ichise ci si rende conto che del protagonista non ha nulla, è un burattino che non sceglie mai e che si fa trasportare dagli eventi; solo alla fine sceglierà e questa scelta gli varrà l'unico sorriso degno di nota nell'opera. Ichise non è nient'altro che la metafora dell'armonia uomo-macchina, le sue protesi sono al servizio del suo corpo, non sono invasive al contrario di quelle degli antagonisti.
Il rapporto uomo-macchina è ciò che fa schierare lo spettatore: le protesi sono un'evoluzione positiva dell'uomo? O sono una sua involuzione, una perdita di umanità? E' preferibile l'armonia di Ichise o gli antagonisti che sono ormai più macchine che uomini? E' una questione di idee e gusti personali.

Dal punto di vista tecnico ci troviamo di fronte a un'opera dalle tinte fosche e dalle ambientazioni cyberpunk. La musica fa da sottofondo agli eventi dando loro una grande forza espressiva. Graficamente l'opera ha soddisfatto il mio occhio ed è piacevole da guardare - per i giudizi tecnici non ho la competenza.
Le tematiche e i pregi tecnici ne fanno un'opera da 9, una delle migliori che ho mai visto. Allora perché non è un 10? Per i dialoghi eccessivamente stringati, che se da un lato danno un tono di riflessività all'opera e permettono allo spettatore di metabolizzare e pensare, dall'altro rendono troppo ermetica e incomprensibile l'opera in certi punti. In definitiva sembra che Yoshitoshi abbia fatto un anime più per se stesso che per lo spettatore.

Consiglio quest'opera a tutti coloro che rifuggono gli anime troppo ovvi e banali e cercano la riflessività e tematiche importanti: se saprete armarvi di pazienza avrete grande soddisfazioni da quest'anime. Vi avverto, la prima puntata in assenza di dialoghi può scoraggiare lo spettatore poco convinto.